A 58 anni suonati Valter Mattoni da Castorano (Ascoli Piceno) continua a dividersi tra il lavoro di imbianchino, di mattina, e l’attività di viticoltore e produttore di grandi vini marchigiani. Non per niente tra gli amici e nell’ambiente del vino è diventato celebre col soprannome “La roccia”…
Negli ultimi anni i suoi prodotti hanno conosciuto un grande successo di pubblico e di critica, eppure lui continua a fare poche migliaia di bottiglie, soprattutto perché le vigne sono tutte abbastanza vecchie (40-60 anni, escluso il Bordò – varietà locale appartenente alla famiglia delle Grenache, riscoperta e ripiantata una dozzina di anni fa-, quindi a bassa intensità, e per scelta non si superano i 30 quintali per ettaro. “Quando lavori con questi quantitativi abbatti al minimo la variabilità delle annate. Ogni anno riesco a portare in cantina un’uva molto bella”.
Tra proprietà e affitto Valter gestisce 3,5 ettari piantati a Montepulciano, Bordò (Grenache), Sangiovese e Trebbiano, che danno vita rispettivamente all’Arshura, al Rossobordò, al rosato Cose Cose e al Trebbièn. Negli ultimi mesi ha acquistato altri piccoli appezzamenti.
In vigna fa tutto da solo (“ci sono nato, a casa mia il vino è sempre stato prodotto, assieme all’olio e al maiale”), mentre in cantina si avvale dei consigli preziosi dell’artefice del Kurni e del Kupra, Marco Casolanetti di Oasi degli Angeli, che come lui faceva parte, una ventina d’anni fa, della pioneristica associazione “Piceni invisibili”.
Abbiamo assaggiato i due rossi, entrambi del 2015, annata molto calda, ed ecco i nostri riscontri.
Rossobordò Marche IGT Rosso 2015. Prodotto per la prima volta nel 2010, in quantità davvero di nicchia ancora oggi (300 bottiglie) e a un prezzo importante. Piuttosto nitido e pulito al naso, anche se affiora un accenno di volatile: spezie dolci, chiodi di garofano, pepe bianco, cioccolato bianco, toni balsamici, ribes, ciliegia sotto spirito. In bocca è succoso e potente, strutturato e scorrevole, i 15 gradi si sentono ma vengono quasi sublimati in un’estrazione precisa e misurata di frutto e tannino.Chiusura persistente e di bella freschezza, agrumato e lievemente affumicato, resta in un magico equilibrio nonostante la dolcezza del frutto (fragola e lampone maturi e croccanti) dovuta al millesimo torrido. Raffinato e intenso, un grande vino mediterraneo. Meno elegante del 2014, che ho adorato, ma di esemplare naturalezza espressiva. Racconta Valter: “La Grenache qui viene alla grande, ed è un vitigno che fa parte della tradizione picena quanto il Montepulciano. Una volta andai da un vecchio contadino per chiedergli se sapeva qualcosa del Bordò, che è il modo con cui nel Piceno si sono sempre chiamati i vini fatti con Grenache. Ne sapeva più di me…”.
Arshura Marche IGT Rosso 2015. Il nome lo spiega Valter: “Significa arsura in dialetto ascolano, ed è un’arsura in un sacco di sensi. Il desiderio che ti viene quando nasci in campagna senza santi in Paradiso e ti devi guadagnare tutto. È arsura di vino, di vita, di donne…”. Montepulciano in purezza, affina in barriques usate come il precedente. Quasi travolgente all’olfatto, formidabile, liquirizia, toni speziati, fruttatissimo (visciola, marmellata di more, prugna), cacao, legna arsa, sottobosco, terra bagnata. Al sorso denuncia la sua estrema gioventù: nella mia esperienza è un vitigno estroverso e molto più lento ad evolvere rispetto, per esempio, a un Sangiovese. Tannino finissimo, polpa di frutto dolce, ma allo stesso tempo salato e di buona spalla acida, generoso, nervoso, ricco, eppure dinamico, come “sollevato”. Bella persistenza su note di menta e ciliegia matura, a distanza di ore trova più equilibrio e compiutezza. Affronta con buona disinvoltura l’annata e i 15 gradi alcolici, potrebbe invecchiare molto bene. Anche qui mi viene spontaneo paragonarlo a un’edizione precedente, in questo caso la 2013, più aggraziata; ma è solo la conferma che Valter, come tutti i veri artigiani, lascia che ogni vendemmia si esprima con sincerità.
Nato nel Luglio del 1969, formazione classica, astemio fino a 14 anni. Giornalista professionista dal 2001. Cronista e poi addetto stampa nei meandri dei palazzi del potere romano, non ha ancora trovato la scritta EXIT. Nel frattempo s’innamora di vini e cibi, ma solo quelli buoni. Scrive qua e là su internet, ha degustato per le guide Vini Buoni d’Italia edita dal Touring Club, Slow Wine edita da Slow Food, I Vini d’Italia dell’Espresso, fa parte dal 2018 della giuria del concorso Grenaches du Monde. Sogna spesso di vivere in Langa (o in Toscana) per essere più vicino agli “oggetti” dei suoi desideri. Ma soprattutto, prima o poi, tornerà in Francia e ci resterà parecchi mesi…
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