Austera eleganza, mineralità e grande freschezza. Questi i tratti distintivi della carta di identità del Nebbiolo di montagna. Siamo in Valtellina e qui lo chiamano Chiavennasca ed è considerato un vitigno autoctono perché sembra essere presente fin dal 1500.
Sulle terragne (così si chiamano i terrazzamenti che disegnano il paesaggio valtellinese) alle pendici del versante Sud delle Alpi Retiche, protette da dai venti freddi del nord, le viti di Chiavennasca affondano le proprie radici in terreni permeabili, dalla natura principalmente sabbiosa, frutto dello sfaldamento delle rocce granitiche durante il periodo del ritiro dei ghiacciai che coprivano tutta la Valtellina. Queste condizioni fanno sì che si mantenga un clima abbastanza temperato durante tutto l’anno, realizzando un microclima ottimale per la vite.
La Valtellina è terra dunque di antica storia enologica e la casa vinicola Balgera vi affonda le proprie radici da oltre un secolo. Era il 1885 quando Pietro Balgera iniziava a fare vino a Chiuro, nella villa di proprietà dei nobili Quadrio già dimora di un luogotenente di Giuseppe Mazzini.
Da allora cinque generazioni della stessa famiglia si sono succedute alla guida della storica cantina fino ad arrivare oggi a produrre 50 mila bottiglie di vino pregiato ogni anno lavorando 6 ettari di vigneti di proprietà (ai quali si aggiungono selezionati conferitori esterni) dislocati tra i comuni in provincia di Sondrio.
I vini Balgera sono rossi valtellinesi di qualità frutto di un intenso lavoro in collaborazione con tempo e natura: sui terrazzamenti tra Sondrio e Tirano l’azienda vinicola dedica mediamente a ogni ettaro di vigna 1.500 ore di lavoro, manuale e rigorosamente senza impiego di diserbanti; nel processo di vinificazione ogni fase, a partire dalla fermentazione (avviata con un pied de cuve innescato da lieviti indigeni, accuratamente selezionati tra quelli presenti storicamente in vigna e in cantina), è seguita attentamente e scandita dal passare dei mesi, durante i quali il vino affina lentamente in botti di rovere e in bottiglia.
Sebbene Vinodabere li abbia già raccontati qualche mese fa attraverso la penna di Gianni Travaglini siamo andati virtualmente a scoprirli in una videodegustazione con il produttore, organizzata da Maurizio Valeriani direttore e cofondatore di Vinodabere.
Presenti all’appuntamento, in collegamento a distanza Matteo Balgera (responsabile commerciale della cantina Balgera), Gianni Sinesi (Sommelier del Ristorante «Reale» di Niko Romito, tre stelle Michelin in Abruzzo), Pietro Carmine Fischetti (Ristorante stellato «Oasis Sapori Antichi» a Vallesaccarda in Irpinia), Carlotta Salvini che, oltre ad essere autrice per Vinodabere, è stata miglior Sommelier Fisar nel 2019, Gianni Travaglini, Gianmarco Nulli Gennari, Stefano Puhalovich, Danilo Magnani, Salvatore Del Vasto e Sabrina Signoretti, e ovviamente, chi scrive.
Di seguito le mie impressioni.
Rosso di Valtellina Doc “450” 2015 – (Nebbiolo 100%). Proveniente da vigne di 60 anni poste a 450 metri s.l.m. in un unico vigneto a cavallo dei comuni di Ponte in Valtellina e Chiuro. Affinato in botte grande, il 450 idealmente appartiene alla categoria del vino da merenda valtellinese, ma in sostanza dimostra di essere qualcosa in più. Si presenta nel calice con una veste di un rubino scarico con riflessi aranciati. Al naso regala in avvio una decisa nota di ciliegia sotto spirito che si attenua per fare strada a profumi freschi di melograno e fragolina di bosco, accompagnati dall’incedere di leggeri sentori di agrume e fiori rossi che lentamente si evolvono in toni speziati. La bocca è piacevolmente invasa da una freschezza citrina e da un’importante vena sapida che ricorda la carne cruda, il tannino nobile e ben cesellato regala una ruvida carezza che ripulisce lingua e palato lasciando un piacevole ricordo di erbe officinali. Vino decisamente gradevole dal sorso fresco e vivo, con un solarità che fa pensare più a un Nebbiolo di Langa che della Valtellina e mostra chiari accenni di un’aristocratica evoluzione.
Valtellina Superiore Docg Valgella Riserva “Quigna” 2013 – (Nebbiolo 100%). La conca di Quigna (termine che nel dialetto locale indica un luogo umido) è la zona della Valgella dalla quale proviene questa anteprima che ci propone Matteo, ottenuta da una vigna del 1960 collocata tra i 430 e i 480 metri s.l.m. nel comune di Teglio. E come la mulattiera di Quigna che conduce a San Gottardo siamo davanti ad un’assaggio difficile e in salita. Il colore è un bel rosso rubino compatto e con poche trasparenze. Al naso la mia bottiglia sembra inizialmente di quelle problematiche. Dopo qualche ora dall’apertura il vino si libera del deciso sentore di riduzione molto simile a quello del cartone bagnato che rendeva impossibile ogni valutazione e si manifesta con toni scuri di grafite e terra smossa, tratti balsamici, quasi mentolati, seguiti da note di erbe amare; dopo alcuni minuti nel bicchiere i profumi fruttati si amplificano rivelando note di ciliegie e agrumi. In bocca ancora mineralità, acidità croccante e sapidità ferrosa tengono banco, assecondate da un tannino vispo ma sottile. Gradevolissimo il finale di arancia amara. Nel complesso un vino austero, asciutto e molto territoriale che ha bisogno (come ha sottolineato Matteo) di aggiungere del tempo in vetro all’anno e mezzo già trascorso in bottiglia al termine del suo affinamento in tonneaux di rovere da 5 ettolitri.
Valtellina Superiore Docg Grumello Riserva 2004 – (Nebbiolo 100%). Affinato in botti grandi e piccole, rappresenta secondo quanto raccontatoci da Matteo nel corso della video degustazione, il paradigma dello stile paterno: maggior affinamento in legno (quasi 10 anni) e minor tempo trascorso in bottiglia. Colore granato scarico. Naso di grande profondità e complessità che regala da subito note di spezie (cardamomo) e legni orientali (sandalo), ad accompagnare sentori di ciliegie e fragole in macerazione. Con il trascorrere del tempo dal calice si fanno strada cenni di viola appassita e una carrellata di profumi avvolgenti che spaziano dal caffé al karkadè, intervallati da ricordi balsamici (menta, eucalipto) e note di chinotto e poi ancora arancia rossa su uno sfondo ematico. In bocca emergono aromi di chinotto, crema di moka, cacao e arancia rossa accompagnati da una eccezionale sapidità ferrosa; i tannini sono finemente cesellati e in armonia con un’acidità vibrante per un sorso di grande dinamismo, con un finale di grande pulizia giocato su note amare e balsamiche che ricordano la caramella al rabarbaro e la menta. Vino elegante ed emozionante, a 16 anni dalla vendemmia si è mostrato in splendida forma e lascia chiaramente intendere di avere ancora una lunga vita davanti a sé.
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