Botrytis Cinerea. Ovvero quanto di più complicato si possa trovare nel mondo vitivinicolo. Le parole del simpatico e rustico camionista Mario Brega nel film Bianco Rosso e Verdone ben si adattano alla crescita di questa particolare muffa grigia che a volte “può esse fero o può esse piuma”. Quella che cresce sul Lago di Corbara è davvero ‘na piuma, capace di trasformare la normale marcescenza dell’uva in benefico appassimento.
La Natura ancora una volta ha la meglio persino sulla mano dell’Uomo, nel creare quelle condizioni di nebbie notturne e clima caldo-asciutto diurno da impedire la diffusione e conseguente ramificazione del micelio all’interno della polpa dell’acino, arrestandosi al livello del mesocarpo e consentendo invece una lenta evaporazione dell’acqua con concentrazione di aromi e zuccheri non replicabili in nessun’altra tecnica.
Iniziare a parlare di Barberani e dei suoi vini meritava un giusto prologo, per individuare le condizioni climatiche uniche in cui lavorano i fratelli Niccolò e Bernardo, figli di Luigi sempre presente in azienda alla giovane età di 81 anni, un autentico pioniere della rivoluzione enologica orvietana fin dal lontano 1961.
Tre sono i pilastri dunque su cui fondare un discorso di qualità:
Il primo riguarda l’Ambiente, ricco di boschi e foreste appartenenti al Parco Fluviale del Tevere.
Massimo rispetto dei protocolli biologici da ben un decennio, con uso del sovescio ed induttori di resistenza. Il secondo invece analizza le diversità dei suoli, suddivisi in tre macroaree, una lungo il lago di Bolsena con elementi basaltici fino al limitare della rupe di Orvieto; l’altra inerente il versante Sud/Est di origine marina (eocenica) con argille blu e calcare; l’ultima adiacente il Lago di Corbara, argilloso compatto, che funge da volano termico per l’intero areale.
Non solo Grechetto e Trebbiano, ma anche vini rossi di carattere, come Sangiovese ed il raro (e saltuario) Pinot Nero.
Gli impianti sono tutti a guyot, scelta ancora valida per fronteggiare eventuali rigidità meteorologiche (ormai sempre più rare), soprattutto in tarda primavera, e per dare alle piante la miglior esposizione possibile all’irradiazione solare. Alla domanda su cosa pensasse dei recenti cambiamenti climatici, Niccolò contrappone una precisa filosofia nata dagli studi in agronomia ed enologia. Non è la vite che deve adattarsi, bensì il produttore. Non esistono tecniche infallibili, bisogna avere attenzioni quotidiane nel prevedere l’andamento stagionale, a volte anche rischiando di perdere parte del raccolto. Manualità dall’inizio alla fine del processo produttivo, con pochissimi aggiustamenti in cantina.
Si seguono i consigli di Maurizio Castelli, uno dei “Signori del vino” in Italia, che qui ha potuto trovare un momento di svago dalla monotonia del Sangiovese lavorando le interessanti uve bianche dei Barberani (in particolare il Trebbiano nella veste Procanico).
Veniamo adesso agli assaggi di giornata, partendo dal Castagnolo 2018, blend conteso alla pari tra Grechetto e Procanico. Molto erbaceo, con sentori di frutta dolce a polpa bianca e gusto agrumato di cedro di Amalfi. Ottima la lunghezza per essere un entry level.
Il Luigi e Giovanna 2016 invece, Grechetto con un piccolo saldo di Procanico (meno del 10%) è un autentico capolavoro a partire dall’etichetta che riprende secondo un preciso stilema architettonico le forme del podere. Bianco secco dalla peculiare caratteristica di essere prodotto in parte con uve attaccate dalla muffa nobile. Note di frutta tropicale, con suadenze di zafferano e chiusura marina iodata. Il sorso è ampio, variegato, con bilanciamento dinamico tra parti più fresche di erbe mediterranee e mielose tipiche per la zona.
Vinoso 2015 ovvero l’X Factor del Grechetto umbro. Macerazione per oltre 36 mesi seguendo le fasi lunari. Pesca macerata, albicocca, frutta secca e lieve mordenza in bocca. Non siamo ancora nelle note ossidative degli orange; vive piuttosto in una sorta di limbo promettendo anni di evoluzione in bottiglia prima di raggiungere la perfezione.
Polvento 2016 perchè sul Lago di Corbara possono nascere anche rossi di grande eleganza. 100% Sangiovese Grosso, affinato per 24 mesi in barrique solo in piccola parte nuove. Ciliegia rossa matura e densa, corredata da spezie scure (pepe verde) e balsamicità. È un vino godibile fin da subito, differente dai parenti blasonati toscani che necessitano di maggior riposo in vetro.
Chiudiamo il percorso con tre chicche:
Moscato 2014 viene vinificato in rosso pur essendo a bacca bianca. Note di lamponi, salvia, rosmarino, mai stucchevoli. Eccellente.
Aleatico 2011 radicale di corteccia, chiodi di garofano e noce moscata, con richiami fumé di tabacco kentucky, mallo di noce e cacao in polvere.
Calcaia 2016, il Muffato che dà lustro ad una intera denominazione. Vendemmia in diverse fasi, inizia ad ottobre e finisce a volte anche a dicembre sotto il gelo invernale. Ogni anno vengono selezionati i filari maggiormente adatti per essere attaccati dalla Botrytis Cinerea, da zone ed esposizioni differenti.
È un piccolo miracolo che si ripete, complice una serie di fattori naturali che non hanno spiegazione. Accadono e basta (per nostra fortuna). Inizia su note tioliche che virano verso parti fenoliche di medicinale, subito rimpiazzate da susine sciroppate e albicocche disidratate. Leggera speziatura di pepe bianco e cannella tipica del Grechetto, essendo utilizzato solo l’acciaio, senza ricorrere al legno. Al palato da il meglio di sé con acidità vibranti sostenute da struttura e finezza. Prodotto dal 1986, fortemente voluto da papà Luigi, esalta in un colpo solo vitigno e terroir. È proprio vero, come recita il titolo di una commedia del Maestro De Filippo, che “gli esami non finiscono mai”.
Luca Matarazzo Giornalista- Sommelier AIS - Degustatore Ufficiale - Relatore corsi per la Campania.. Ha partecipato a numerosi concorsi enologici e seminari di approfondimento. Vincitore del Trofeo Montefalco Sagrantino edizione 2021 e del Master sull'Albana di Romagna 2022, Wine Consultant collabora attualmente con testate giornalistiche e blog importanti a livello nazionale.
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