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spoletino degustazione Boco 2019

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Turbospoletino: una riflessione sulla nuova anima del Trebbiano Spoletino

Turbospoletino: un identificativo inventato dal grande Antonio Boco, giornalista e degustatore di solida esperienza e preparazione, che con la sua solita verve e simpatia ha condotto una bellissima degustazione durante l’evento deGusto Trebbiano & Food Festival, organizzato recentemente a Trevi. Boco il Trebbiano Spoletino lo conosce molto bene e lo assaggia da tempi non sospetti, ben prima che divenisse argomento da chiacchiera di ogni recensore o aspirante tale. Ecco allora il racconto di alcune riflessioni emerse durante la degustazione.

Vitigno di grande attualità sul mercato, riscoperto meno di vent’anni fa, lo Spoletino (chiamiamolo brevemente così) è localizzato in un’area molto ristretta compresa tra i comuni di Spoleto e Montefalco. È un’uva dalla storia antica, che ci riporta a un passato contadino, ancestrale, di consumo domestico. Un’uva che parla di “campo”, non di vigneto, perché le terre storiche dello Spoletino sono quelle in cui è sempre stato coltivato maritato con alberi di sostegno (olmi, aceri…). È un’uva che va contro tutti i dettami della enologia moderna e che sulla carta dovrebbe dare vini terribili: si arrampica fino a due metri, produce decine di chili per pianta, ha grappoli lunghi mezzo metro… Eppure…

Eppure siamo tutti qui a parlarne e a tesserne le lodi, presentandolo come uno dei vitigni bianchi più intriganti del panorama enologico atuale. Il termine “turbospoletino” Antonio lo ha coniato perché stiamo vivendo una fase 2.0 della vita di questo vino.  A parte i contadini che lo facevano in casa e qualche cantina che non ha mai perso il legame con la tradizione, garantendo una sorta di continuum fra passato e presente, tutti gli attuali produttori hanno iniziato a fare Spoletino da pochissimo. È naturale quindi che abbiano cercato, agli inizi, innanzi tutto di capire la “grammatica” del vino, producendo, nella maniera più semplice possibile, vini schietti e facilmente comprensibili.

Dopo questa fase, che è durata più o meno 15 anni, oggi si passa a una seconda fase. I vignaioli lo hanno capito meglio, hanno sperimentato nuove vinificazioni (sulle fecce fini, sulle bucce, alla ricerca di maggior volume e densità…), hanno acquisito maggior confidenza col vitigno e consapevolezza delle sue potenzialità. Ecco allora uscir fuori vini più complessi e ambiziosi, che hanno il “turbo” per l’appunto.

La forza dello Spoletino è, come per altri grandi vitigni, la sua grande versatilità: capace di maturare accumulando zuccheri e al contempo di preservare una curva di acidità elevata, raccolta presto è un’ottima base spumante; raccolta in lieve anticipo e con una vinificazione in riduzione dà note molto fresche, di cedro, agrumi e pepe bianco. Quando capita di stappare vecchie bottiglie, rivela poi una insospettabile capacità di evoluzione: mantiene le sue note acide, agrumate, fresche e sviluppa al contempo note di caramelle all’arancia, di spezie, di mineralità evidente. Vino che spesso sembra più “nordico”, con la sua bassa gradazione ed alta acidità, ma che è profondamente mediterraneo, riportando alla campagna assolata, con un’acidità che non è fine a se stessa, algida, ma si innesta su un equilibrio dolce-sapido che lo rende vino a tutto tondo.  Difficilmente insomma diventa un vino molle, un “piattone”, mantenendo in tutti i tipi di lavorazione un sottofondo fresco-acido che gli dà dinamismo e lo rende molto versatile a tavola, con abbinamenti anche da vino rosso nei casi un cui si cerca struttura e polpa.

Insomma una varietà “plastica” dalla storia molto recente, ancora spiazzante e difficile da catalogare, perché deve trovare una sua vera identità. Un’uva, per chiosare alla Boco, “[…] che non è tornata per questioni di marketing, per la ricerca di un qualcosa di dimenticato o esotico, ma che è tornato di suo, imponendosi con una forza che non poteva essere ignorata dai produttori.
Questi i vini proposti in assaggio: a ognuno il suo Spoletino!

de Gusto Trevi 2019

Perticaia – Del Posto 2017
Freschissimo al naso e in bocca. Scorza di agrumi, cedro e pepe bianco. Fresco e sbarazzino.

Pardi – Lo Spoletino 2017
Vino antico, note di camomilla, che pescano dal mondo del polline e dei fiori gialli. Più terragno, giocato su un equilibrio dolce-sapido. Rassicurante.

Valdangius – Filium 2017
Più sgrammaticato, giocato su profumi selvatici, carico e intenso, foxie. Ingresso al palato dolce, di frutta matura, stramatura, tostata. Intrigante.

Le Cimate – Riserva del Cav. Bartoloni 2016
Molto intenso. Matura in legno. Si sente più all’assaggio che al naso. Mandorla amaricante, struttura e complessità. Ambizioso.

Bellafonte – Arneto 2016
Legno grande. Fermentazione spontanea, affinamento lungo su fecce fini. Vino autunnale. Macchia mediterranea, foglie secche, scorza di limone disidratato. Polpa e sostanza, rotondità ma senza perdere mai il sottofondo fresco-acido. Equilibrato.

Antonelli – Anteprima Tonda 2017
Anteprima perché ancora non tutte le uve provengono dal cru Vigna Tonda (cosa che avverrà invece con la prossima annata ed infatti il vino si chiamerà semplicemente “Vigna Tonda”). Fermenta in anfora di terracotta e ceramica. Agrumi disidratati, cedro, spezie…fa venire proprio voglia di berlo. Sapidità e lunghezza, sale finale sulle labbra. Buonissimo.

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Scritto da

Abruzzese, ingegnere per mestiere, critico enogastronomico per passione, ha iniziato a scrivere nel 1998 per L’Ente Editoriale dell’Arma dei Carabinieri, con cui ancora collabora. Vino, distillati e turismo enogastronomico sono la sua specializzazione. Nel tempo libero (poco) prova a fare il piccolo editore, amministrando una società di portali di news e comunicazione molto seguiti in Abruzzo e a Roma. Ha collaborato per molti anni con guide nazionali del vino, seguendo soprattutto la regione Abruzzo (ma va?), e con testate enogastronomiche cartacee ed online. Organizza eventi e corsi sul vino...più spesso in Abruzzo (si vabbè...lo abbiamo capito!).

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