La nuova annata di Dom Ruinart porta con sé due interessanti novità.
Una legata alla produzione e la seconda alla commercializzazione.
Più che di novità, forse, però dovremmo parlare di ritorno al passato; infatti, in Dom Ruinart 2010 si ritorna alla pratica tradizionale di lasciare riposare il vino sui propri lieviti in una bottiglia chiusa con un tappo in sughero anziché con l’ormai usuale tappo a corona completato, all’interno, con la bidule, il cilindretto di plastica che aiuta nella raccolta ed espulsione dei lieviti della seconda rifermentazione al momento della sboccatura.
È lo Chef de Cave, Frédéric Panaïotis che lo racconta direttamente. L’idea di tornare al tappo in sughero è stata determinata dalla volontà di portare sempre più in alto il concetto di eccellenza.
I primi esperimenti già sul finire del secolo scorso: nell’annata 1998 alcune bottiglie furono tappate con il tappo in sughero. Dopo dieci anni, l’assaggio rivelò un vino decisamente differente rispetto a quello tappato con il tappo a corona. Era un vino più teso e complesso.
Altre prove seguirono e confermarono la prima impressione.
Nonostante l’andamento climatico non fosse stato dei migliori, un inverno rigido, una primavera secca e un’estate precoce con un agosto piovoso e problemi di malattie alla fine della maturazione, si decise che l’annata 2010 fosse quella giusta per iniziare a riutilizzare i tappi in sughero per tutta la produzione.
E ora, dopo 12 anni i risultati sono ben visibili, sotto gli occhi, o meglio, i palati di tutti
Viene facile fare il confronto degustando contemporaneamente l’annata 2009 che era stata invece tappata con il tappo corona.
Non si discute di qualità, eccellente per entrambe le annate, ma di freschezza e di vivacità a tutto vantaggio di un incremento, per il momento solo presunto, della capacità di invecchiamento.
Dicevamo come tutto iniziò nel 1998. Seguirono anni di studio anche con il supporto del CIVC (Comité interprofessionnel du vin de Champagne) per verificare se l’ipotesi formulata dagli Chef de Cave fosse confermata. Inoltre, una tappatura differente comporta anche il completo ripensamento della linea di produzione ad iniziare dalla sboccatura che si è deciso dovesse essere fatta manualmente: si è passati dalle 3000 bottiglie/ora della produzione automatizzata alle 100 bottiglie/ora della linea manuale.
L’uso del tappo in sughero determina principalmente un differente passaggio di ossigeno nel tempo. Se il tappo corona garantisce uniformità nella quantità di ossigeno che permea, nel corso degli anni, attraverso il tappo e quindi arriva nella bottiglia, il sughero, al contrario, ha una permeabilità maggiore nei primi anni e si riduce man mano che passa il tempo. Quindi le maggiori quantità di ossigeno si hanno quando i lieviti sono ancora attivi e in grado di assorbirlo. Questo garantisce al vino una maggiore dinamicità a tutto vantaggio della ricchezza aromatica.
Realizzato con uve Chardonnay in purezza provenienti da alcuni tra i migliori terroir della Champagne, il Dom Ruinart 2010 è un vino dalla grande vivacità. Ottima intensità aromatica: una prevalenza di note floreali e speziate a cui seguono accenni di frutta secca tostata controbilanciati da sentori agrumati e di frutta fresca. La beva è avvolgente nella sua dinamicità, freschezza e pienezza si completano con ottima persistenza e densità.
Come si accennava, c’è una seconda novità che accompagna l’uscita di questo grande Champagne: un cambiamento estetico, del packaging esterno. La tradizionale scatola, il coffret, è sostituito da una “seconda pelle” realizzata in cartone riciclato che ricorda un blocco di gesso, di un pezzo di quel gesso “craie” nel quale sono scavate le gallerie delle Maison della Champagne, quel gesso che per lunghissimi anni custodisce alla giusta temperatura ed umidità le bottiglie in affinamento.
Il nuovo involucro appare come un’impronta di un lusso essenziale, sostenibile, 11 volte più leggero del precedente packaging garantisce un risparmio del 62% nelle emissioni.
Anche l’etichetta frontale assume un tono più essenziale: è realizzata in una carta con una texture che, nuovamente, ricorda quella del gesso.
Con questo prodotto la più storica Maison di Champagne, fondata nel 1729, inizia una nuova avventura come bene sintetizzano le parole dello Chef de Cave Frédéric Panaïotis «Un millesimato davvero unico, che combina una fredda stagione di maturazione e un importante cambio di rotta enologico.»
Dopo una trentennale brillante carriera in ambito amministrativo finanziario all’interno di un noto gruppo multinazionale, dal maggio 2018 si dedica totalmente al mondo del vino del quale è appassionato partecipe da oltre quindici anni. Sommelier dal 2005 e degustatore Associazione Italiana Sommelier, assaggiatore di formaggi ONAF, assaggiatore di grappe e acqueviti ANAG e degustatore professionista di birre ADB, è relatore in enologia nei corsi per sommelier. È stato responsabile redazionale del sito internet della delegazione AIS di Milano e ha collaborato alla stesura delle guide Vitae e Viniplus. È redattore per la rivista Viniplus di Lombardia, per la quale cura due rubriche, è inoltre autore per la rivista Barolo & Co e per le testate on-line vinodabere.it, e aislombardia.it.
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