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Monteverro, le parole di Michel Rolland e la Maremma che non ti aspetti

Ed alla fine dopo tanta pioggia e freddo è arrivata la primavera. Così si è presentato a Capalbio il primo sabato della nuova stagione diverse ore prima del passaggio all’ora legale. E la Maremma vista dall’azienda Monteverro, che abbiamo avuto il piacere di visitare, si è rivelata nella sua grande bellezza, con la vista dell’isola di Giannutri da un lato e della macchia mediterranea dall’altro.

Monteverro nasce nel 2003 nella Costa d’Argento, a metà strada tra lo storico paese di Capalbio e il mar Tirreno, quando Georg Weber – fresco di laurea alla Business e Management School di Losanna ed appena venticinquenne – decide di passare da appassionato collezionista di bottiglie pregiate a produttore di vini di eccellenza, e di comprare 50 ettari di terra fino ad allora dedicati al grano. Poco tempo dopo conosce Julia, destinata a diventare nel 2011 sua moglie (matrimonio celebrato nel borgo di Capalbio) e ad affiancarlo nella gestione della tenuta.

Georg e Julia

 

È questa l’origine dell’azienda Monteverro, che porta nel suo nome l’essenza di questo territorio ricco di carattere, dove ‘verro’ è sinonimo di cinghiale, il re incontrastato della fauna locale. Oggi l’azienda ha 35 ettari vitati (sono presenti quasi esclusivamente vitigni internazionali)

 

 

Georg vuol subito fare sul serio e riesce ad ingaggiare quasi immediatamente un enologo di fama mondiale: Michel Rolland, che ancora oggi è il consulente esterno dell’azienda.

A sinistra Michel Rolland

Avere l’occasione di scambiare duc chiacchiere con Michel Rolland non è cosa da tutti i giorni.

Abbiamo quindi colto l’occasione per porgergli alcune domande, alle quali ha risposto con cortesia.

D: Cosa pensi dei vitigni autoctoni?

R: “Quello che conta è il buon vino, se il vitigno autoctono porta a realizzare un buon vino allora è tutto ok, altrimenti è sempre meglio il buon vino”

D: Michel, tu sei stato tra i protagonisti involontari del film documentario Mondovino. Cosa pensi dei vini biologici, biodinamici e naturali? Sono compatibili con l’enologia?

 

Un pezzo del famoso film documentario Mondovino

R: “Il vino naturale non esiste. Vedo una compatibilità al 100% tra enologia e vini biologici e a volte anche biodinamici. È chiaro che tutte le aziende tenderanno a produrre questo tipo di vini ed è nel corso delle cose il cambiamento ed io sono d’accordo con questo, ma bisogna arrivarci gradualmente e con buon senso, non si può fare dalla sera alla mattina. Il motivo del cambiamento in questa direzione deve essere la convinzione e non il marketing. Bisogna prepararsi ad arrivare bene al biologico, come ad esempio stiamo facendo a Monteverro, che terminerà la conversione nel 2019″

D: Quali sono 5 vini che avresti voluto fare tu e che invece hanno fatto altri?

R: “ Io ho fatto tutti vini che sognavo di fare e li ho fatti nelle migliori regioni vinicole del mondo, 600 o 700 etichette in tutto. Riflettendo non ho mai fatto Champagne e mi piacerebbe farlo, anche se lo Champagne è un mestiere diverso e difficile”

D: Quali sono le regioni più interessanti in Italia e quali le emergenti?

R: “Negli scorsi 25 anni abbiamo ormai scoperto tutto quello che c’era da scoprire ed il miglioramento della qualità in Italia è stato costante ed uniformemente diffuso. Si può fare vino buono quasi dovunque”

D: Che ne pensi dell’annata 2017? È stata un’annata difficile?

R: “La 2017 è stata una buona annata nonostante il caldo e la siccità. Noi siamo molto soddisfatti qui a Monteverro. Quando si è in presenza di questo tipo di annate sono fondamentali due fattori: indovinare il momento giusto per la vendemmia e fare un’accurata selezione delle uve da vinificare. A Bordeaux è andata peggio per via delle gelate. In ogni caso bisognerà riassaggiare più in là i vini prima di avere un’opinione definitiva”

 

Ma veniamo ai vini assaggiati in compagnia dei titolari, di Michel Rolland e dell’enologo interno Matthieu Taunay . Quasi tutti (tranne il Vermentino) da vitigni internazionali ed una gamma molto interessante:

 

A sinistra l’enologo interno Matthieu Taunay

Vermentino 2017: risente dell’annata calda, e in qualche modo denuncia la sua appartenza al Vermentino di Maremma che gioca le sue carte più sulla potenza che sull’eleganza. Pochi mesi fa invece avevamo avuto l’occasione di provare l’annata 2016 dello stesso vino, che invece avevamo trovato sapida, minerale e di grandissima freschezza.

Scheda Tecnica realizzata dall’azienda:

Chardonnay 2015 vs 2014: due vini di grandissimo spessore, che non ti aspetti in Maremma. Grande struttura e pienezza del frutto, con la 2014 che supera leggermente in eleganza la 2015, che però durerà a lungo. Mineralità, grassezza e lunghezza gustativa sono i sorprendenti tratti comuni.

Scheda tecnica realizzata dall’azienda:

 

Verruzzo 2015:  vino fresco, di grande bevibilità e piacevolezza, che pone al centro dell’assaggio sapidità e sorso scorrevole e progressivo.

 

Scheda Tecnica realizzata dall’azienda per l’annata 2014:

Terra di Monteverro 2014 vs 2011: la 2014 mostra una ottima materia ma anche eleganza, suadenza e profondità del sorso con un lungo finale di macchia mediterranea e ricordi balsamici; la 2011 invece appare ancora chiusa nonostante la struttura ed ha un tono ematico e di spezie orientali.

Scheda Tecnica realizzata dall’azienda per l’annata 2014:

Infine una verticale molto interessante del prodotto di punta aziendale il Monteverro annate 2015, 2014, 2013 e 2012.  La 2014 dimostra di essere stata per Monteverro una grande annata per tutta la produzione e l’eleganza rimane una cifra stilistica che la caratterizza. La 2015 (campione di botte) è ancora reticente, mentre la 2013 e la 2012 metteno in evidenza muscoli e lunghezza senza rinunciare ad eleganza e profondità. Ovviamente la struttura e la pienezza del sorso sono i tratti che accomunano tutte le annate assaggiate di questo straordinario vino, che vede le note di macchia mediterranea in grande evidenza.

Scheda Tecnica realizzata dall’azienda per l’annata 2014:

 

Possiamo dunque concludere che in Maremma si possono fare grandi vini (in questo caso grandissimi) anche con i vitigni internazionali.

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Giornalista enogastronomico, una laurea cum laude in Economia e Commercio all'Università La Sapienza di Roma, giudice del Concorso Mondiale di Bruxelles e membro del Comitato Editoriale del Concorso Mondiale del Sauvignon, docente F.I.S.A.R.. Ha una storia che comprende collaborazioni con Guide di settore. Per citare solo le ultime : Slow Wine (Responsabile per la Sardegna edizioni 2015 e 2016), I Vini de L'Espresso (vice-curatore e coordinatore nazionale edizioni 2017 e 2018), I Ristoranti d'Italia de L'Espresso (edizioni dalla 2010 alla 2018). Collabora con le testate: www.lucianopignataro.it , www.repubblica.it/sapori. Ha scritto alcuni articoli sul quotidiano "Il Mattino" e su www.slowine.it. Ha una passione sfrenata per quel piccolo continente che prende il nome di "Sardegna", per le sue terre e per la sua gente.

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