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LIFE OF WINE 2020 – CAIAROSSA E L’EREDITÀ DI ERIC ALBADA JELGERSMA

Della visita a Caiarossa, uno dei primissimi articoli da novello voyageur prestato all’enogastronomia, vi rimando al presente link.
Prima di decantare, per l’ennesima volta, le lodi dei vini proposti in versione agée per l’evento Life of Wine 2020, vorrei dedicare spazio e tempo alla figura del carismatico fondatore, scomparso nel 2018.
Partiamo anzitutto dal presentarlo: Eric Theodorus Arnoldus Caspar Albada Jelgersma; ci crederete se vi dico che ho dovuto faticare non poco per ricordarlo a memoria. Olandese di nascita, proprietario di una catena di rivenditori all’ingrosso, supermercati e svariate altre attività, nella sua lunga e avventurosa vita ha subito persino un tentativo di rapimento a casa, finito fortunosamente bene con la liberazione senza riscatto della figlia di 10 anni Valerie che era andata ad aprire la porta ai rapitori.
Nel 1995 decise di dedicarsi al mondo del vino, acquisendo prima Château Giscours (3ème cru) e nel 1997 Château du Tertre (5ème cru), sottoponendosi a lunghe battaglie legali con la precedente proprietà e dovendo riparare persino ad una accusa di frode in commercio per l’annata ’95 cambiando l’intero asset aziendale.
Con forza d’animo, capacità imprenditoriale e la scelta di un direttore generale nella figura del valido manager Alexander van Beek, le sorti si sono volte a suo favore, come l’andatura bolina di una barca a vela.
Proprio la passione per il mare lo vide coinvolto in un gravissimo incidente nel lontano 2005, lasciandolo paralizzato dal collo in giù su una sedia a rotelle, fino al giorno della sua dipartita. In questi anni ha avuto il tempo necessario per poter lasciare le redini del suo vasto impero agli eredi, compresa la tenuta toscana di Caiarossa, costruita letteralmente dal nulla nel 2004 sulle colline di Riparbella.
Bellissima cantina in stile feng shui, dal 2006 al 2016 venne gestita dal francese Dominique Génot che restò successivamente all’interno del Team come consulente tecnico- agronomico per la parte dedicata alla viticoltura Biodinamica.

Nel 2018 si unì al gruppo Lorenzo Pasquini come Regisseur Tecnique di tutte le aziende del Gruppo AJ Domaines, Caiarossa, Chateau du Tertre e Chateau Giscours: classe ’89, originario di Roma, studia a Pisa e si specializza all’Università di Bordeaux, una delle più importanti al mondo in campo vitivinicolo.

Prosegue la sua esperienza in campo Enologico in aziende del calibro di Chateaux Palmer e Cheval des Andes in Argentina.
I vini di Caiarossa – dice Alexander van Beek – non sono destinati solo agli appassionati di vino ma a tutti coloro che nella vita ricercano la bellezza. A uomini e donne che sono affascinati da ciò che è unico, sia esso un bicchiere di vino, un oggetto d’arte o la vetta incontaminata di una montagna. Quello che la Famiglia Albada Jelgersma vuole offrire nel bicchiere è il lusso di Madre Natura, che l‘uomo ha contribuito a produrre” (come potete vedere nel riquadro sottostante, Eric se ne intendeva di arte).
Parliamo finalmente del vino in assaggio, quel Caiarossa IGT Toscana Rosso, sapiente blend di Merlot, Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon, Syrah, Sangiovese, Petit Verdot e Alicante che continua a stupirmi vendemmia dopo vendemmia. Microvinificazioni ed affinamenti diversificati in base alle uve scelte, giusto per complicare le cose qualora non lo fossero già abbastanza.


In degustazione avevamo a ritroso la 2016 – 2010 – 2009 – 2006 e 2005.

Caiarossa 2016: qui non c’è bisogno di leggere commenti didascalici, retro etichette o altre glosse. Basta coprirsi gli occhi, lasciar aprire i sensi e comprendere che l’annata è stata davvero mirabolante in tutta Italia. Ti imbambola un frutto denso, nitido, in sincronia tra ciliegie mature, amarene e mirtilli di bosco. Gioventù bruciata, nel senso che è stato aperto troppo presto, rischiando quasi un infanticidio. Il tannino, infatti, è ancora parecchio nervoso pur dimostrando stoffa da vendere.
Caiarossa 2010: la classica mossa del “suplex” nel wrestling. Ti stende a terra senza risveglio. È dinamico, piuttosto fumoso, di quella brage dei vecchi casolari di famiglia. “È ROSSO” per dirla come il comico Albanese quando imita il fare troppo aulico e autoreferenziale dei sommelier (il sottoscritto ne sa qualcosa). Marmellata di lamponi, marasche sotto spirito e balsamicità mentolate potenti. Sorso agrumato, speziato e lungo, su scie di pepe nero, cacao e sigaro. Il migliore.
Caiarossa 2009: contrastante. Molto chiuso dall’inizio alla fine, accende il dibattito con i colleghi in fila (rigorosamente distanziati), nel trarre le dovute conclusioni. Il fatto è che il naso sarebbe perfetto, con presenza anche di petali appassiti di rosa e violetta, raro dopo simili ageing. Al palato però, ti accorgi che manca qualcosa, quel certo non so che come quando esci di casa e pensi di non aver chiuso bene la porta. Alla fine conveniamo, per esclusione, su poca spalla acida e tannino non ben integrato che lo rende meno persistente.

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Scritto da

Luca Matarazzo Giornalista- Sommelier AIS - Degustatore Ufficiale - Relatore corsi per la Campania.. Ha partecipato a numerosi concorsi enologici e seminari di approfondimento. Vincitore del Trofeo Montefalco Sagrantino edizione 2021 e del Master sull'Albana di Romagna 2022, Wine Consultant collabora attualmente con testate giornalistiche e blog importanti a livello nazionale.

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