Ahr ahr ahr. Per chi come me comincia a invecchiare, e da ragazzino leggeva Topolino, ed è rimasto tutto sommato “analogico” e non digitale, le parole di apertura evocano un personaggio che si chiama Gambadilegno. A parte la gamba, purtroppo è questa la prima associazione mentale scattata dopo l’assaggio di alcuni Pinot Noir provenienti dalla Valle omonima (che prende il nome dal fiume Ahr), in Germania, tra Aquisgrana e Coblenza, in occasione della Masterclass organizzata per le Giornate del Pinot Nero in Alto Adige.
Un accostamento forse severo e ingeneroso: in realtà, le migliori bottiglie mi hanno trasmesso un’idea di qualità e valore tutt’altro che scontati per un’uva difficile da domare, soprattutto in una zona non proprio prestigiosa e famosa come la Côte d’Or. Di più: del tutto sconosciuta, rispetto ad altri terroir di cui conosco bene o male alcune referenze, a partire dai vicini Oltrepò Pavese e Valle d’Aosta fino ad arrivare all’Oregon o all’Australia.
È pur vero, però, che lo stile prevalente di vinificazione mi è sembrato ancora troppo legato a parametri in voga vent’anni fa: legno nuovo molto percettibile e maturità di frutto in evidenza, oltretutto in una zona limite (siamo sul 50° parallelo), la più settentrionale d’Europa per la coltivazione di uve a bacca rossa. Temperature medie annue intorno agli 11 gradi, 364 ettari vitati a Pinot Nero (localmente chiamato Spätburgunder); esposizione a sud, naturalmente, terreni ricchi di ardesia, soprattutto nella parte più alta, a fondo valle c’è anche argilla; pendenze vertiginose.
I produttori che hanno partecipato alla Masterclass di Montagna (BZ) fanno tutti parte della leggendaria VDP, l’associazione che dal 1910 riunisce le migliori aziende vinicole tedesche (l’acronimo sta per Verband Deutscher Prädikats und Qualitätsweingüter). Gli standard richiesti sono altissimi: per dirne una, è proibita la chaptalizazion, cioè l’aggiunta di zucchero ai mosti, e capite bene che a quelle latitudini è davvero un impegno probante. Nella maggior parte dei casi, però, si utilizzano lieviti selezionati.
Ma ecco le impressioni ricavate dalla degustazione.
Eck Spätburgunder GG Vdp Grosse Lage 2016 – Weingut Deutzerhof. Sottobosco, ribes, caffè, tè nero all’olfatto. Sorso pulito, tannino molto levigato, acidità sostenuta. Il legno gioca per ora un ruolo molto incisivo, dà l’impressione di essere ancora un po’ compresso e di poter crescere negli anni.
Monchberg Spätburgunder GG Vdp Grosse Lage 2016 – Weingut Deutzerhof. Naso più balsamico, pepe verde, spezie orientali, roccia vulcanica. Estrazione molto fine, frutto dolce e croccante, sorso compiuto, molto gustoso. Tra i migliori.
JS Spätburgunder GG Vdp Gutswein 2017 – Weingut Stodden. Profumi più dolci ma anche più legnosi, stecco di vaniglia e tostatura, sfumature minerali. Anche in bocca è più rigido e condizionato da un tannino piuttosto ruvido per la tipologia, fatica a distendersi in chiusura.
Hardtberg Spätburgunder GG Vdp Grosse Lage 2016 – Weingut Stodden. Anche qui è netto il contributo olfattivo della barrique (tranne poche eccezioni, tutti i vini sono affinati al 100% in legno nuovo), assieme a note di pelliccia e di liquirizia e zenzero. Il frutto resta in secondo piano. Al palato sembra più centrato, il tannino è di grande qualità e struttura, la freschezza garantisce un finale convincente.
Devonschiefer R Spätburgunder 2016 – Weingut Kreuzberg. Molto fruttato al naso, ribes e lamponi leggermente acerbi, sentori balsamici (resina, liquirizia). Sorso di buona struttura, freschezza e salinità, un po’ magro e sottile in chiusura.
Silberberg Spätburgunder GG Vdp Grosse Lage 2015 – Weingut Kreuzberg. Profumi un po’ disordinati, tostatura del legno, sangue, alcool, terriccio. Meglio in bocca, con un bellissimo tannino setoso e ben integrato, tanta acidità e persistenza rinfrescante segnata dagli agrumi amari.
Blauschiefer Spätburgunder 2016 – Weingut Meyer Näkel. Uno dei pochi a maturare in barriques usate. Odori autunnali di sottobosco, sottilmente speziato e affumicato. Beva piuttosto semplice, piacevole, fresca, di buon frutto ed estrazione tannica giudiziosa. Vino piccolo, non lunghissimo ma pienamente riuscito.
Silberberg Spätburgunder GG Vdp Grosse Lage 2016 – Weingut Meyer Näkel. Uno dei migliori, a mio giudizio. Barriques nuove al 70%. Ancora un po’ segnato dal legno all’olfatto, ma dà l’impressione di potersene liberare col tempo, grazie ai decisi aromi di frutti di bosco che emergono dopo un breve contatto con l’aria. Al palato è complesso, ancora tannico ma coniuga grande struttura ed estrema eleganza. Finale lungo e goloso dove ritornano le piccole bacche rosse e scure.
J.J. Adeneuer N° 1 Spätburgunder Vdp Gutswein 2016 – Weingut Adeneuer. Barriques nuove al 60%. Naso di brace spenta, olive, spezie, leggera tostatura. Sorso ancora un po’ contratto, con discreta chiusura agrumata e balsamica. Deve distendersi e sgranchirsi.
Gärkammer Spätburgunder GG Vdp Grosse Lage 2016 – Weingut Adeneuer. Barriques nuove all’80%. Contende al Silberberg di Meyer Näkel la palma del primo classificato. Profumi balsamici, terrosi, lieve torrefazione (caffè zuccherato), tabacco, mandorle che tornano anche nel finale. Beva molto centrata, gustosa, con sale e freschezza, un po’ di calore alcolico ma notevolissima scorta di frutto (fragole) in persistenza.
Pinot Noir Heimersheimer Vdp Ortswein 2016 – Weingut Nelles. Fa solo botte grande e acciaio, una vera mosca bianca in questo contesto. Peccato che l’olfatto sia molto chiuso e poco concessivo, con lievi sentori di fiori appassiti; in bocca è salato e decisamente minerale, non molto fruttato, si irrigidisce un po’ nel finale, con un vago ricordo di pompelmo rosa. Singolare, ma al momento poco leggibile.
Burggarten B52 Spätburgunder GG Vdp Grosse Lage 2016 – Weingut Nelles. Qui il legno piccolo torna a condizionare il naso: cosmetici, pepe, polvere di caffè, frutta secca. Palato contraddistinto da un nota leggermente amarognola che mi ricorda molti Pinot Nero dell’Alto Adige (e non solo), buona scorrevolezza, bella estrazione, agile ed elegante, arancia rossa in chiusura. Dalle parti del podio.
Nato nel Luglio del 1969, formazione classica, astemio fino a 14 anni. Giornalista professionista dal 2001. Cronista e poi addetto stampa nei meandri dei palazzi del potere romano, non ha ancora trovato la scritta EXIT. Nel frattempo s’innamora di vini e cibi, ma solo quelli buoni. Scrive qua e là su internet, ha degustato per le guide Vini Buoni d’Italia edita dal Touring Club, Slow Wine edita da Slow Food, I Vini d’Italia dell’Espresso, fa parte dal 2018 della giuria del concorso Grenaches du Monde. Sogna spesso di vivere in Langa (o in Toscana) per essere più vicino agli “oggetti” dei suoi desideri. Ma soprattutto, prima o poi, tornerà in Francia e ci resterà parecchi mesi…
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