Nemo propheta in patria
Fa molta amarezza iniziare con queste parole il racconto di una storica iniziativa familiare, che persegue il proprio sogno con successo dal lontano 1977.
Un territorio da cartolina, da cui prendere spunto per una nuova rubrica di Vinodabere, “Pillole di Campania”, riservata a personalità del mondo enologico non sempre illuminate, come meriterebbero, dai riflettori della cronaca.
Raffaele Marino, sua moglie Assunta ed i tre figli tutti dediti all’amore per la vigna, alla difesa di un ecosistema minacciato dagli interventi maldestri della mano umana.
Di Sapiens, qualora ve ne fosse mai stata traccia, rimane ben poco se pensiamo a quanto menefreghismo dilaghi su temi così scottanti.
Quello ambientale, ad esempio, è un problema serissimo che minaccia la nostra stessa sopravvivenza e con il quale dovremo necessariamente fare i conti.
Paestum, Agropoli e più in là Casalvelino, Palinuro, Camerota, evocano suggestioni mitologiche antichissime. In passato sorgeva un porto strategico per il commercio della Magna Grecia, salvaguardato con amore anche dai Romani, secondo il principio (saggio) di continuare le usanze dei popoli conquistati, facendole proprie nel primo tentativo di “globalizzazione” che la storia abbia conosciuto.
Alle tradizioni, alle vedute mozzafiato, non poteva mancare un rovescio della medaglia fatto di beata ignoranza e di persone sbagliate nei posti sbagliati.
La massima ambizione dei governanti del novecento, era quella di imporre la coltivazione di vitigni internazionali da utilizzare come taglio per vini di altre regioni.
Nulla di nuovo, sopratutto nel Sud Italia, profondamente dilaniato da lotte e ferite in comparti già penalizzati dalla mancanza di investimenti e risorse.
Non fossero esistiti produttori come Lorenzo, il padre di Raffaele, che seppe puntare sugli autoctoni, Fiano, Piedirosso ed Aglianico, adesso non staremo neanche qui a scriverne.
“Io vivo di verità” mi dice Raffaele; e la sua verità è che i riconoscimenti stanno finalmente arrivando, compresi quelli dei consumatori campani, amanti sempre più del bere “a km zero”. Merito suo, degli insegnamenti paterni e dei consigli del mentore “Don” Gennaro Martusciello, scomparso pioniere e tutore delle biodiversità agronomiche locali.
Passeggio tra i filari, baciato da un tiepido sole che prefigura la ripresa della vita nei campi. Noto con stupore una massiccia presenza di api che si agitano felici tra distese di borragine fiorita, favino da sovescio e altre piante officinali.
Il biologico è cosa seria da queste parti, con ben 12 arnie che producono miele ed aiutano le viti nel processo di impollinazione e successiva allegagione.
Gli ettari vitati sono 12, non pochi per l’areale, con ulteriori 9 destinati all’ulivo e suddivisi tra le cultivar frantoio/leccino/coratina.
Una gamma completa di prodotti che spazia sapientemente tra le tipicità rappresentative offerte da Madre Natura.
Il tutto avviene in una piccola conca a forma di anfiteatro, ben riparata e sorretta da brezze marine rinfrescanti provenienti dai dolci declivi.
Un lavoro immenso, svolto anche a livello legislativo, fondamentale alla nascita della DOP e relativi disciplinari di produzione, di cui l’azienda Marino segue fedelmente i dettami, avendo un prodotto rappresentante per ogni tipologia: in totale 7 a marchio DOC Cilento.
Vi parleremo di 4 etichette tra le quali un unico IGT, il Piedirosso, tale solo perché non ancora regolamentato a livello di denominazione d’origine.
Parleremo approfonditamente del Proclamo, il “vino manifesto” di Raffaele contro qualsivoglia soggezione o dipendenza subita dai vigneron cilentani. L’episodio citato a riferimento nel nome, fu quello dei moti del 1821, con gli abitanti della provincia che si ribellarono al dominio borbonico, proclamando a Palinuro la propria indipendenza.
Incipit concluso, possiamo addentrarci finalmente nel vivo degli assaggi, in ordine di affinamento e gradazione alcolica.
Cominciamo dal più giovane, tenendo presente che la Riserva esce dopo oltre 6 anni di affinamento, di cui ben 5 trascorsi in contenitori di rovere da 20 ettolitri.
Si potrebbe discutere a lungo sul carattere del vitigno, cangiante da qui a Taurasi, ai Campi Flegrei, al Sannio ed infine al lucano del Vulture.
Mille modi diversi di parlare la stessa lingua; il paragone corre all’italiano ed i suoi dialetti: alla fine ci si comprende sempre, ma con qualche difficoltà. De gustibus non disputandum est, a ciascuno il suo tipo.
L’Aglianico del Cilento cresce su terreni argillosi/marnosi con presenza calcarea in stile flysch; dobbiamo aspettarci grande tensione e capacità evolutive, senza però compromettere, in alcuni esempi, una piacevolezza di gusto immediata.
“Piedirosso” 2018 – IGT Paestum – delicatezza è la parola d’ordine. Scivola bene, sia nella successione di aromi misti di frutta rossa croccante ed erbe aromatiche (lavanda e rosmarino), sia nella grande tenerezza al sorso, mai stancante, che sa rivalutare nobilmente un altro prodotto spesso dimenticato. Per fortuna negli anni il Piedirosso ha conquistato la fiducia di esperti e consumatori, con una miglior uniformità qualitativa di produzione pur tra stili diversi.
“Proclamo” 2013 – DOC Cilento – è l’esempio lampante di quanto precedentemente indicato a proposito dell’Aglianico. Ha ancora una matrice gioviale, da acidità nervosa e agrumata, piuttosto inconsueta vista l’età. Poi vira sul classico fiore violaceo appassito e note di polvere di cacao amaro. Mineralità sanguigna al palato, leitmotiv di giornata.
“Proclamo” 2013 Riserva – DOC Cilento – rusticità il base, eleganza assoluta la riserva. I colori parlano da sé, lucente rubino quest’ultimo, si muove da autentico gigante su un sentiero di amarene sotto spirito e speziature di pepe nero in grani. Lieve riverbero di macchia ed eucalipto nel finale e tanta lunghezza salina quasi interminabile.
Il Cilento è davvero una bomba pronta ad esplodere fragorosamente, manca solo un innesto giusto.
Paradossalmente potrebbe giungere proprio nel processo di rinascita post Covid, dove molte carte saranno di sicuro rimescolate.
Luca Matarazzo Giornalista- Sommelier AIS - Degustatore Ufficiale - Relatore corsi per la Campania.. Ha partecipato a numerosi concorsi enologici e seminari di approfondimento. Vincitore del Trofeo Montefalco Sagrantino edizione 2021 e del Master sull'Albana di Romagna 2022, Wine Consultant collabora attualmente con testate giornalistiche e blog importanti a livello nazionale.
Aggiornamenti continui sul mondo dell'enogastronomia