Tutto fermo o quasi. In realtà le aziende che non hanno potuto beneficiare dei consueti canali di comunicazione (Vinitaly in primis) hanno comunque continuato a lavorare mentre il Paese intero era agli “arresti domiciliari” per il Coronavirus.
L’azienda di famiglia IVITI gestita da Luca Viti e dalla compagna-enologa Elisa Solfanelli è una piccola chicca di Cortona che considero una sorta di buen retiro spirituale ove trovar rifugio nei momenti bui.
Lavorano esclusivamente i due Cabernet, sia nella variante Sauvignon con ben 8 g/l di acidità che Franc, a breve in partenza verso il primo imbottigliamento targato 2017 (appena 600 pezzi da collezione). Pochi fasti, tanta concretezza. per circa due ettari di vigne assolate.
Partendo dall’ultimo dovrete accontentarvi di un mio recente assaggio dalla barrique in cui è nato e cresciuto fin dalla sua fermentazione alcolica. Colore perfetto rosso rubino dai riflessi violacei, luminoso e denso. Il naso è fantastico: la perfezione di un frutto al gusto mirtillo, mora, ribes, amarena. Petali di rosa baccara, peonia, violetta, glicine. Un tocco di vaniglia, qualche sbuffo tenero di noce moscata e bacche di montagna che completano un quadro aromatico già intenso e ricco. Grinta tannica, carattere e potenziale evolutivo.
Per quanto concerne il primo invece, la 2015 distanzia di diverse lunghezze una 2014 ancora troppo nervosa e vegetale, indice di quanto il clima influenzi più che mai questo particolare vitigno. Troppo freddo darà sentori amilici e verdi (il classico peperone friariello); troppo caldo lo costringe verso sentori jammy, ovvero marmellatosi stancanti. La via di mezzo resta una 2015 a tratti secca e asciutta, ma dalle buone escursioni termiche presenti proprio nel cortonese.
L’aspetto è denso di quel chiaroscuro pittorico degno del Caravaggio. Nulla traspare fin quando non si avvicina il bicchiere al naso.
A quel punto (complice un piccolo saldo del 15% del Franc di cui sopra), la frutta trionfa imperiosa, nitida, fresca di amarena e visciola, con note speziate di pepe nero e tabacco kentucky sul finale. Incredibile per la tipologia di terreni in prevalenza argillosi è questa chiosa iodato-salmastra che ancora di più identifica una morfologia “a strisce” con grandi differenze tra vari areali dello stesso Comprensorio.
Sorso appagante, carnoso, levigato nella sua parvenza antocianica. Mastichi senza noia, disteso beato su un letto di arancia sanguinella e richiami di kumquat. Soltanto la nota eucaliptica finale ci tira per le orecchie restituendoci ad una realtà più consona alla sua espressione ampelografica.
Chiudo in dolcezza con Barbadoro un Vin Santo 2012 da uve Trebbiano, Grechetto e Malvasia e dalle insolite doti di freschezza e delicatezza. Non superiamo i 12 gradi volumici, che ci consentono di apprezzarne appieno sentori tenui di scorza di cedro, bergamotto, pesca candita, albicocca disidratata e l’immancabile frutta secca. Un inebriante saluto di commiato.