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CORTONA – STEFANO AMERIGHI E LE SUE “TRENTA SFUMATURE DI SYRAH”

Adesso ho davvero capito cosa avesse provato Pinocchio nel visitare il paese dei balocchi.
Una doppia dose di gioia, derivata, anzitutto, dalla conoscenza di un’autentica leggenda tra i produttori italiani come Stefano Amerighi, eletto nel 2019 Presidente del Consorzio Vini Cortona (link), e dall’aver potuto affrontare con lui la disamina delle tante sfaccettature del Syrah.


La storia lascia il tempo che trova. Sulle origini del vitigno si sono scritti interi trattati, inclusi numerosi compendi riguardanti l’etimologia del nome.

Se a qualcuno interessasse addentrarsi in questioni di lana caprina si accomodi pure; a mio avviso, l’unica degna considerazione di merito risiede nel capire chi realmente abbia saputo dare forma al “mito”. Gran merito va di sicuro ai vigneron di un piccolo ed incantevole lembo di terra d’oltralpe, denominato Cotes du Rhone.


Su una collina che si erge nei pressi della cittadina di Tain l’Hermitage, attraversata dal sinuoso corso del fiume Rodano, vengono da secoli coltivati i migliori ceppi di questa antichissima varietà che ammalia tra colori, profumi e profondità di sapori.
Per qualche arcano mistero, di quelli che accadono solo nel mondo del vino, esiste un altrettanto climat divenuto celebre in Toscana: Cortona.
Qui Stefano, laurea in scienze politiche, spinto da un grande mentore come Piero Lanza (Fattoria Poggerino), ha sfidato tutti, padre compreso, per inseguire il proprio sogno: diventare un maestro, di quelli con la “M” maiuscola, nella coltura del Syrah e rispettando ciecamente l’integrazione con l’ambiente circostante.
Oltre il biodinamico, la sua filosofia sconfina in poesia della terra; persino arrivare da lui non è semplice, mancando qualsivoglia tipo di insegne o indicazioni stradali.

Romantico l’attraversamento di un ponticello ad arco di origine leopoldina, privo di parapetti, issato su di un fosso in località Poggiobello di Farneta, ma che mi ha dato qualche brivido lungo la schiena.


La cantina è minimalista, in parte interrata con minimo impatto visivo, eccezion fatta per un lato in fase di costruzione totalmente in legno, sempre per creare armonia. Si seguono le fasi lunari, il ciclo delle stagioni e delle costellazioni, corno letame e pascolo delle chianine per restituire vita alla terra, scelte di impianti tra cui anche l’alberello, ricalcando le orme dei cugini francesi.
È nella ricerca continua che Amerighi dà il meglio di sè. Mai pago dei risultati raggiunti dalla sua prima uscita targata 2006, in ogni vendemmia cerca quel quid in più alzando l’asticella, rimettendosi in gioco, creando opere d’arte liquida così diverse e fedeli all’andamento delle annate.


Trenta micro parcelle ed altrettante vinificazioni in contenitori che variano dal cemento, alla ceramica, ai legni usati. Differenti le percentuali di grappoli lasciati interi e con presenza o meno di raspi, pigiati o meno con i piedi.

Stefano vuole essere come quel piccolo sarto che assembla, con saggezza, la stoffa il filo e bottoni enologici di un abito perfetto.
Formalmente solo due etichette, la cuvée classica (come ama definirla Amerighi) e la selezione Apice non presente in tutte le vintage.

Qualche volta è ammessa una concessione a dei divertissement su richiesta di amici od importatori. La birra lambic è uno di questi esempi, così come il recupero di pochi filari di Pecorino di Montagna ad Arquata del Tronto, una propria linea di distribuzione e logistica ed una azienda a Marsala che coltiva Catarratto ed il raro autoctono Parpato.
Al di là del gran finale costituito dagli assaggi da bottiglia, un discorso a parte meritano quelli fatti dai contenitori di affinamento. Inutile e specioso snocciolarne le varie differenze come l’elenco della spesa; possiamo, invece, concentrarci sulle caratteristiche dei Syrah emergenti da tecniche ed esposizioni differenti.

Naturalmente, i mosti provenienti dalle zone apicali hanno uno spessore maggiore di quelle del fondovalle e fin qui nulla di sorprendente, se non fosse per una diversa morfologia del terreno, maggiormente argilloso in collina.

La presenza di raspi intorno al 10/20% regala quella nota fumé oscillante tra la brace del camino ed il caramello fuso, molto tipica per gli addetti ai lavori. Non utilizzare grappoli interi esalta invece il potere agrumato e salino del vitigno, diretto e concentrato sulle asperità.
I vigneti della pianura, che affondano le radici in parti sabbiose, concentrano gli aromi nel frutto e nel colore più denso. I vini che ne derivano sono semplici e godibili fin da subito. Infine la rara selezione massale “Serine”, a pieno regime dal 2018, per la quale si utilizzano contenitori di ceramica che consentono una lenta ossigenazione aggiungendo potenziale sanguigno, di china e rabarbaro e chiusura di garrigue.
Ancora una volta la 2019 dimostra potenza e nerbo e la 2018 eleganza e delicatezza floreale. Incognita grande per la 2020 a causa di una tremenda grandinata e del freddo tardo primaverile che ha procrastinato la maturazione fenolica delle uve. Incrociamo le dita, spesso con il giusto riposo un iniziale giudizio titubante è stato ribaltato in positivo.
Concludiamo il nostro percorso con quattro splendide versioni in commercio che hanno suscitato le emozioni più disparate:


CORTONA DOC SYRAH 2018 – violette tipiche, polvere pirica ed affumicature. Tannino piccante allo zenzero e finale su tabacco biondo. Tutto molto soft, a mio giudizio una grande dimostrazione di classe in perfetto equilibrio.

APICE CORTONA DOC SYRAH 2016 – quando il gioco si fa duro i duri cominciano a giocare. Molto carnaceo e dai riverberi di pepe in grani. Richiami consistenti di arancia sanguinella. Una piccola parte affina in anfora per un quadro di eleganza, incorniciato da un magnifico controllo della trama tannica. In prospettiva un grande vino.


APICE CORTONA DOC SYRAH 2013 – si addensa e scurisce, dal mirtillo al chiodo di garofano, per finire su sigaro sbriciolato. Intriga l’amaricante che rende vivace il sorso. 100% diraspato, 100% pigiato con i piedi. Da bere adesso.


CORTONA DOC SYRAH 2006 – la “prima assoluta di Stefano”, totalmente ad acino intero, fermentato in grosse mestelle di legno. L’uso del piede nella pigiatura non è un retaggio del passato, bensì un modo fondamentale per capire la resistenza delle cuticole degli acini. Note casearie e di cioccolato bianco, unite a marmellata di amarene. Tannino setoso, nel ricordo che fu.
Tutto molto bello.

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Scritto da

Luca Matarazzo Giornalista- Sommelier AIS - Degustatore Ufficiale - Relatore corsi per la Campania.. Ha partecipato a numerosi concorsi enologici e seminari di approfondimento. Vincitore del Trofeo Montefalco Sagrantino edizione 2021 e del Master sull'Albana di Romagna 2022, Wine Consultant collabora attualmente con testate giornalistiche e blog importanti a livello nazionale.

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