Quale migliore occasione ci può essere per condividere storie ed aneddoti davanti ad un buon piatto e ad un bicchiere di vino per conoscere una persona!
Ci troviamo in compagnia di Caterina Gargari, titolare insieme alla sua famiglia dell’azienda Pieve de’ Pitti azienda agricola al limite sud del comune di Terricciola, nel cuore delle Terre di Pisa.
Siamo andati in una nota trattoria romana e davanti ad alcuni piatti tradizionali, come le polpette al sugo, la carbonara e la cacio e pepe, è iniziata la chiacchierata con Caterina.
Iniziamo chiedendole se i suoi genitori erano viticoltori o se la sua è stata una scelta maturata nel tempo.
Caterina ci risponde che inizialmente il vino aveva poco a che fare con lei. Si è laureata in Architettura e svolgeva un dottorato presso l’università di Firenze, mentre la sua famiglia era sin dai tempi del nonno, nell’industria delle pelli, il fiore all’occhiello dell’economia toscana.
Un nonno che oltre a gestire insieme al suo babbo la propria attività, era proprietario della grande tenuta a Terricciola dove decise di piantare ben 26 ettari di vigna da cui si vendevano uve e mosto, il cui scopo principale, vista l’estensione, era diventato di tenuta di caccia .
A questo punto chiediamo come si è avvicinata al mondo del vino.
Mi risponde che l’approccio è quasi casuale ma è stato un amore a prima vista di cui non è più riuscita a liberarsi.
Ma Caterina amava e ama anche il lavoro che svolge presso l’Università e si è trovata ad essere innamorata di due aspetti così diversi tra loro e non disponibile a rinunciare ad uno dei due.
In questa scelta emerge tutta la determinazione, di donna non disposta a privarsi di qualcosa, ma a sacrificarsi per avere tutto tanto da cambiare facoltà dove prestare la propria opera di dottorato. Si è trasferita da Firenze a Pisa , per potersi occupare di entrambe le sue passioni.
Continuamo a scavare nel suo passato cercando di scoprire se in questa avventura si sia lanciata da sola o se è stata appoggiata da qualcuno.
Risponde che al momento della scelta alla sua famiglia è stata richiesto di prendere una importante decisione, continuare nel settore delle pelli oppure trasferirsi con lei nella tenuta, perché Caterina non poteva gestire entrambe le realtà da sola.
Ci confida che quando, nel 2001, ha iniziato questa avventura non aveva alcuna nozione riguardante l’agricoltura e la viticoltura e si dovuta affidare ad un agronomo che aveva il compito era di seguire tutte le fasi delle lavorazioni, in vigna e in cantina.
La sensazione di impotenza che le nasceva dentro di non poter verificare le scelte vinicole che venivano fatte, la stimola a documentarsi sempre di più in quel settore con l’obiettivo di divenire il vero artefice di tutte scelte fatte.
Non lo dice, ma si percepisce chiaramente, che è stato il suo grande temperamento, legato a principi indissolubili, che le ha permesso di superare quel periodo difficile , sfruttando tutti i momenti di pausa, che le concedeva il suo lavoro presso l’Università, studiando, visitando cantine e chiedendo e così piano piano Caterina imparava.
Le chiediamo, a tal proposito, se oggi è lei ad occuparsi della parte vinicola dell’azienda.
Ci risponde in modo affermativo, precisando che tutto ciò che riguarda la lavorazione, dalla vigna alla cantina è opera sua, anche se non ha mai abbandonato il suo primo amore, il dottorato in architettura, che ancora oggi svolge con la stessa passione di una volta.
In tutto questo è ben supportata dai genitori Sergio e Ida e dal suo compagno. Perché l’azienda oltre alla viticoltura e alla produzione di olio, si compone anche di una struttura ricettiva.
Nel frattempo tra una portata e l’altra iniziamo ad assaggiare alcuni dei suoi vini.
Tribiana 2016
Iniziamo con il Tribiana 2016, Trebbiano 100% il vino a Cui caterina è particolarmente legata in quanto proviene da quelle vecchie viti piantate da suo nonno. Appena 2000 bottiglie prodotte, si presenta ricco con profumi frutta bianca accompagnati da note di miele, avvolgente con sapidità e mineralità che ben si integrano tra loro esaltando al meglio quelle note di miele e vaniglia che scaturiscono dalla fermentazione in tonneaux di legno francesi.
Ma torniamo a Caterina gli chiedo delle sua vigna
Subito mi risponde se sono mai andato su terreni ricchi di sabbia, argilla con conchiglie fossili che ergono dalla terra! Lei li calpesta ogni giorno con i sui stivali colorati che cambiano il colore ad ogni vendemmia perché sono proprio la croce e e la delizia dei suoi vini.
E a tal proposito mi propone di assaggiare quattro dei vini rossi che regolarmente produce.
Appunto 2015
Nasce da un assemblaggio delle uve più giovani di Sangiovese (in prevalenza) e Merlot, vinificate e affinate in acciaio, per garantire la freschezza del frutto.
Le note fumé si accompagnano a spezia, tabacco e sottobosco e una bella acidità sostiene il sorso dinamico ed elegante. Bello l’interminabile finale su ricordi di frutti rossi e quella nota sapida che caratterizza i vini dell’azienda. Un vino che sa farsi apprezzare per la sua piacevolezza.
Moro di Pava 2013
Sangiovese in purezza che cresce nella valle di Pava.
Fratello maggiore del Cerretello, con cui divide l’uva dei vigneti più vecchi, nasce da una selezione dei grappoli più maturi e concentrati. Raccolto a mano in cassette, vinificato con fermentazione spontanea in piccole vasche con follature quotidiane, affina in legno mai nuovo e in cantina per un periodo di tempo mai definito, in relazione ai capricci dell’annata.
Caterina continua a raccontarmi degli ottimi rapporti che ha con le persone che vivono in prossimità dell’azienda che si si estende per 198 ettari di boschi, campi coltivati, oliveti con ben 16 ettari di vigneti, quasi tutti reimpiantati, disposti a raggiera rispetto alla collina dominata dalla Villa e dal Castello di Pava.
Mi colpisce quando mi racconta che in concomitanza della vendemmia si svolge tra i filari dei vigneti un pranzo che potremmo definire ben augurante, che vede partecipare un gran numero di amici che aumentano anno dopo anno (ultimamente si è giunti a ben 160). Il tutto avviene sotto la sua attenta supervisione che anche in un ambiente bucolico prevede che ogni cosa sia sistemata nel modo migliore.
Cerretello 2015 – Chianti Superiore
Prende il nome da uno dei suoi poderi, dove sono coltivate le uve con cui è prodotto. Deriva da uve Sangiovese (per la stragrande maggioranza, circa il 90% del totale), Canaiolo e Malvasia Nera, tutti provenienti da vigne di oltre 30 anni. Profumi di ciliegia matura e cenni agrumati anticipano ricchezza ed eleganza, che divengono gli alfieri della sua piacevolezza ed introducono un finale caldo su note di spezie dolci.
Scopaiolo 2014
Un Syrah in purezza vinificato in acciaio. Si annuncia con piccoli frutti rossi, una nota erbacea, in bocca è fruttato e dinamico con un finale lungo e sapido ben sorretto da una nota speziata.
Terminiamo la cena assaggiando il suo Vin Santo 2010. creato appositamente per il babbo. Prodotto con i grappoli migliori di Trebbiano e San Colombano, selezionati in vendemmia e lasciati appassire sui graticci fino a dicembre. Il mosto pigiato e torchiato a mano viene chiuso in caratelli di castagno e ciliegio di 15 anni e lasciato invecchiare per cinque anni nella Vinsantaia.
Mi confida che i vini dolci non sono la sua passione e proprio per questo decise di giungere ad ottenere un vino che grazie alla sua marcata acidità e sapidità, potesse esser bevuto come aperitivo se servito fresco.
Incuriositi dalle sue parole abbiamo voluto assaggiarlo in entrambe le temperature di servizio per verificare se il proposito di Caterina fosse stato centrato.
lo assaggio prima a temperatura di 12°. Si presenta di elegante complessità. Frutta secca, scorza di agrume, accenni di caramello, miele di castagno. Consistente e pieno al gusto con richiami di frutta secca ben evidenti (dattero) e un acidità ben presente accompagnata da una sapidità che non dispiace. Lunghissimo il finale
Poi aspetto che raggiunga la temperatura ambiente nel bicchiere e quel vino ricco di irruenza si placa. La dolcezza prende il sopravvento ben accompagnata da sussulti di freschezza e quella sapidità che è caratteristica dei vini. Un finale lunghissimo di miele di castagno ci lascia un bellissimo ricordo di questo vino.
Ha fondato Vinodabere nel 2014. Laureato in Economia e Commercio specializzazione mercati finanziari, si è dedicato negli ultimi dieci anni anima e corpo al mondo del vino. Vanta diverse esperienze nell'ambito enologico quali la collaborazione con la guida "I vini d'Italia" de l'Espresso (edizioni 2017 e 2018), e la collaborazione con la guida Slow Wine (edizioni 2015 e 2016). Assaggiatore internazionale di caffè ha partecipato a diversi corsi di analisi sensoriale del miele. Aver collaborato nella pasticceria di famiglia per un lunghissimo periodo gli garantisce una notevole professionalità in questo ambito.
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