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Trentino

Cantina Pisoni: tra Rebo e Vino Santo a difesa delle produzioni di nicchia del Trentino

Marco Pisoni è davvero inossidabile. Insieme al cugino Stefano coltivano da sempre il sogno della Cantina Pisoni. Un sogno fatto di rispetto per le varietà autoctone, alcune salvaguardate dalla totale estizione, quasi a mo’ di presidio. Il rispetto continua nelle cure amorevoli verso l’ambiente circostante, facendo parte del Biodistretto della Valle dei Laghi, territorio meraviglioso ai confini meridionali del Trentino.

Un panorama ricco di laghi, natura e, ovviamente, agricoltura sostenibile. Tra i pionieri della varietà Rebo, nata da Rebo Rigotti, agronomo e genetista, che aveva un destino già tracciato nel suo nome.  Infatti il nome, dato dal padre appassionato di viticoltura, significa proprio “vite” in tedesco nella variante grafica Rebe.

Marco Pisoni

Rigotti venne assunto dall’Istituto di San Michele all’Adige, sperimentando incroci sia per la vitis vinifera, che per altre colture, fino a realizzare un ibrido tra Merlot e Teroldego. Ecco il Rebo, nominato incrocio 107-3, che dagli anni Settanta porterà il nome del suo ideatore. Attualmente sono soltanto 6 i produttori che credono nello sviluppo di questo progetto, forse penalizzato nel passato da clima e tecnologie che non consentivano corrette maturazioni. Il vino restava, spesso, su nuance acerbe e scure, richiedendo affinamenti e sosta in bottiglia per molti anni.

Pro domo sua c’è da dire che le versioni attuali, comunque presentate dopo quasi 5 anni dalla data di vendemmia, sono maggiormente pronte e godibili fin da subito, con richiami decisi di frutti di bosco succosi, scevri da tannini erbacei e puntuti. Abbiamo colto l’occasione, durante la tappa di Vinitaly 2023, di osservare il decorso del vino in una verticale unica nel suo genere, seguita da un altrettanto commovente assaggio di annate differenti di Vino Santo, di cui accenneremo in chiusura articolo.

Partiamo dal Reboro 2017, vino simbolo per l’azienda, ideato dall’appassimento delle uve Rebo in stile amarone. La stagione estiva calda della ’17 la si ravvisa in un sorso muscolare, denso e dai riverberi balsamici. Nell’allungo finale dimostra grande salinità capace di stimolare l’appetito verso un nuovo assaggio. Eccezionale la 2016, equilibrata e profonda, dove le venature speziate di pepe nero la fanno da padrone, rendendolo simile ad espressioni da vitigni della Valle del Rodano piuttosto che trentini. Male la 2014: al netto di un tappo bizzarro su entrambi i campioni aperti, la struttura cede di peso e si incunea in nuance di corteccia amara e acidità feroci. Recuperiamo i sensi nella straordinaria 2013, ancora su sbuffi boisée ma scattante tra agrumi rossi, sensazioni iodate e note ferruginose sul finale.

Avevamo promesso una degna chiosa parlando di Nosiola, varietà autoctona bistrattata nei retaggi storici per essere uva da vini beverini e semplici. Per fortuna la saggezza di (pochi) produttori tra i quali la cantina Pisoni ha prevalso nell’immaginario collettivo di quegli anni, con espressioni serbevoli e eleganti nella versione secca e immense nella versione Vino Santo. Bisognerebbe aprire un capitolo dedicato all’attuale sofferenza di simili tipologie, confinate ormai all’estimatore specializzato e sempre più distanti dalle carte dei ristoranti e dai gusti gastronomici del consumatore medio. I tempi cambiano, le mode pure e non è compito nostro analizzarne il come. Si potrebbero bilanciare le cose con un’adeguata comunicazione, senza autoreferenzialità e preconcetti di sorta; in questo abbiamo messo sempre la faccia.

Il Vino Santo dei Pisoni fa almeno 10 anni di maturazione in barrique già utilizzate di rovere e acacia. In precedenza le uve di Nosiola erano state appassite sui graticci, cosidetti “arele”, in locali dotati di aperture per consentire l’influenza dell’Ora del Garda, vento secco e teso che agevola la disidratazione degli acini fino alla settimana di Pasqua. La lavorazione avviene in bianco, mantenendo un elevato contenuto zuccherino residuo (compreso tra i 160 e i 200 grammi/litro) e un ridotto contenuto alcolico.

La 1997 si esprime su nocciole tostate, albicocca, fico e dattero. Spiccata freschezza e dinamicità, con una punta di astringenza al termine data dalla presenza di catechine rilasciate dalle bucce spesse e ricche di flavonoidi. La 1983, prima vendemmia per Marco Pisoni all’epoca ventenne, delizia per le sfumature eteree di smalto e ceralacca con balsamicità e frutta disidratata da renderla pressoché immortale.

In ultimo l’azienda vitivinicola Fratelli Pisoni lancia il progetto Reboro en Primeur. Un’operazione che garantisce agli appassionati aderenti alla community del Wine Club Pisonidi accaparrarsi una parte del lotto di questo grande rosso prima ancora che sia imbottigliato. A partire dalla primavera 2024 sarà disponibile il Reboro 2019, con lotti da 6 bottiglie, ma è già possibile prenotare le altre annate, tra cui la 2022, considerata l’annata perfetta per il Rebo, grazie ad una fortunata combinazione di condizioni climatiche.

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Scritto da

Luca Matarazzo Giornalista- Sommelier AIS - Degustatore Ufficiale - Relatore corsi per la Campania.. Ha partecipato a numerosi concorsi enologici e seminari di approfondimento. Vincitore del Trofeo Montefalco Sagrantino edizione 2021 e del Master sull'Albana di Romagna 2022, Wine Consultant collabora attualmente con testate giornalistiche e blog importanti a livello nazionale.

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