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Anteprima VitignoItalia – Degustazione emozionale di 8 espressioni dell’annata 2007 nel ricordo di Lucio Mastroberardino

L’emozione non ha voce cantava Adriano Celentano. In certi casi le emozioni silenziose che provengono da  un calice di vino riescono a penetrare l’animo umano, lacerandolo con ricordi nostalgici. È la forza dell’amore, ma anche lo scopo preciso del degustare vecchie annate con la loro testimonianza del tempo che fu. Immaginiamo, ad esempio, le sensazioni provate da Paolo e Daniela Mastroberardino nel rievocare il lavoro del compianto fratello Lucio Mastroberardino, enologo di chiarissima fama, scomparso prematuramente nel 2013.

Paolo e Daniela Mastroberardino

Lo hanno potuto fare in un contesto unico, quello di Anteprima VitignoItalia, alla presenza del giornalista Luciano Pignataro, del prof. Luigi Moio e del Delegato A.I.S. di Napoli Tommaso Luongo, nonché di altre 7 eccellenze campane targate 2007, prodotte da cari amici tutti uniti nell’affetto per Lucio. La lunga giornata, iniziata la mattina con il Forum delle Economie su “Vino e Turismo”, proseguita con i consueti banchi di assaggio e culminata nell’assaggio delle 2007 riservato a stampa ed operatori, non poteva aver miglior riuscita. Un ringraziamento va all’ufficio stampa MG LOGOS per il pregevole lavoro svolto.

Prima del racconto degli assaggi (alcuni assolutamente strepitosi), vogliamo riportare le parole di speranza del Direttore di VitignoItalia Maurizio Teti: “ È emozionante poter tornare a incontrare i produttori, gli operatori e il nostro pubblico. Abbiamo preferito rinunciare alla possibilità di organizzare qualcosa nei mesi passati e lo scorso anno, privilegiando sempre la sicurezza dei nostri espositori e degli appassionati. Non abbiamo mai, nemmeno per un momento, pensato di venire meno ai principi che da sempre caratterizzano VitignoItalia e che ritroviamo in questa attesissima Anteprima”.

Ad aprire virtualmente le danze è Maria Ida Avallone di Villa Matilde con il suo Vigna Caracci, direttamente dalla cornice del vulcano di Roccamonfina. Un Falerno del Massico bianco sensazionale ancora vivo e lucido nel suo colore dorato dalla lieve venatura topazio. Il tempo non lo ha scalfito neppure al naso, con richiami di albicocca succosa, miele di acacia e ginestre essiccate, per poi concludere su distillato di mela verde. Sapidissimo e lungo al sorso su punte di tabacco dolce da pipa e cedro candito. Resta confinato nell’eternità.

Proseguiamo con l’assaggio più in forma della giornata, il Montevetrano 2007 di Silvia Imparato, fotoreporter e al contempo abilissima produttrice. Il suo “Supercampano” da uve Cabernet, Merlot e Aglianico si muove sinuoso tra ricordi di brace di camino, emazie, polvere di pepe e sigaro sbriciolato. Finale balsamico di eucalipto e caucciù. Attacco di bocca su polvere da sparo e liquirizia; il tannino è ancora vibrante ed il vino appare agrumato nelle sue scie profonde con note di ciliegia e crema pasticcera in chiusura. Superbo.

 

Galardi propone Terra di Lavoro, il blend di Aglianico e Piedirosso totalmente declinato da effluvi di erbe aromatiche e tostature. Il tappo ha giocato qualche scherzo purtroppo, pur conservando al palato quelle sensazioni di ciliegia matura e rosa rossa appassita tipiche delle due varietà di origine. Come Silvia, anche i soci di questa cooperativa avevano iniziato quasi per scommessa provenendo da altre attività. Eppure dopo 30 anni sono diventati ormai un punto fermo del panorama enologico campano: la scommessa, dunque, è stata vinta.

Cenito di Luigi Maffini è un bellissimo esempio di come in Cilento si possano fare vini di grande classe e spessore, resistenti agli acciacchi dell’età. Aglianico sanguigno quanto basta, esalta il suo descrittore principe: quell’amarena matura unita a petali di viola, cotognata di mele e genziana. Vibrante, potente e materico. Appaga dall’inizio alla fine.

Al giro di boa si presenta il Grave Mora di Fontanavecchia, vignaioli del Sannio. La famiglia Rillo fa vino da sempre in queste terre, anche se il primo imbottigliamento vede la luce soltanto nel 1990. Fra tutti è quello che non nasconde la propria età, con uno spettro olfattivo fatto di aromi terziari nitidi e frutta sotto spirito. Anche il tannino astringente ha un momento di calo sovrastato da prugna matura e cioccolato. Da bersi ora o mai più.

Il Radici di Piero Mastroberardino, cugino di Paolo, appartiene alla storia dei Taurasi. Dopo la scissione societaria nel 1994 dalla quale nasce Terredora, il celebre marchio resta in capo all’erede di “Don” Antonio, strenuo difensore degli autoctoni e artefice del consolidamento a livello mondiale dei vini irpini. Profumi bellissimi e decisamente tipici. Tuttavia la tendenza amara copre un frutto scuro denso e promettente. Segno che la 2007 è stata un’annata decisamente calda, simile alla torrida 2003 e non sempre è stato possibile gestire le giuste maturazioni.

Il prof. Moio colpisce non soltanto per le sue competenze tecniche riconosciute a livello internazionale con la massima carica all’interno del board dell’Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino (in sigla OIV), ma anche per le doti umane nell’aver più volte menzionato la moglie Laura come fattore scatenante nella fondazione di Quintodecimo. La Vigna Quintodecimo è adagiata nei terreni argilloso tufacei vicino casa ed esposta ad ovest. Annata particolarmente impegnativa, che segnerà per esperienza il lavoro di quelle successive. Frutta di bosco quasi marmellatosa e spezie miste tra chiodi di garofano e bacche di ginepro. Anche in questo caso la parte antocianica dimostra qualche comprensibile asperità.

E chiudiamo con il protagonista di tante emozioni, il Taurasi Riserva Lucio di Paolo MastroberardinoTerredora – di cui abbiamo narrato la storia ed i vini in molti articoli, compreso quello recente sull’iniziativa dedicata al compianto fratello Terredora Di Paolo – Un Taurasi Riserva 2007 in tre versioni per commemorare Lucio Mastroberardino

Il numero 7 gli ha sempre portato fortuna, ecco la motivazione nel celebrare questa particolare vendemmia. Va rammentato altresì l’importante lavoro di zonazione che la famiglia ha svolto nel corso degli anni, indispensabile per dare qualità ai prodotti finali. Naso carnaceo, ricco di amarene e visciole. La bocca sconvolge per il giusto equilibrio tra parti gliceriche di gelatina di more e tannini energici e saporiti. Chiosa persistente su salsedine e iodio con riverberi di china. Non stupisce che da Lapio, in zona Campore, provenisse il vino dei Borboni.

Si conclude il primo di tre momenti dedicati all’eterno confronto tra gioventù e maturità che ho vissuto in questa folle settimana e che narrerò nei prossimi articoli. Qui non esistono vinti né vincitori. Soltanto bellezza.

 

 

 

 

 

 

 

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Scritto da

Luca Matarazzo Giornalista- Sommelier AIS - Degustatore Ufficiale - Relatore corsi per la Campania.. Ha partecipato a numerosi concorsi enologici e seminari di approfondimento. Vincitore del Trofeo Montefalco Sagrantino edizione 2021 e del Master sull'Albana di Romagna 2022, Wine Consultant collabora attualmente con testate giornalistiche e blog importanti a livello nazionale.

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