Ci sono angoli di Campania difficili da raggiungere, eppure le cose belle richiedono uno spirito accorto per essere notate. È il caso dell’Azienda Agricola Cautiero, dell’eleganza e della serbevolezza assoluta dei suoi vini prodotti a Frasso Telesino (BN).
Un luogo ricco di storia e di mistero, come un po’ ovunque nel Sannio. L’Acquedotto Carolingio dista pochi chilometri e si staglia monumentale, sembra un varco verso un territorio paesaggisticamente diverso da quanto si osserva lungo il tragitto di arrivo.
Pochi vitivinicoltori locali si contendono ancor meno ettari di vigne. Uno di questi è Fulvio Cautiero, accompagnato dalla moglie Imma che ne ha condiviso difficoltà e successi imprenditoriali. L’idea di produrre vino sa insinuarsi come un tarlo nella mente di chi ha professato anche un solo giorno di lavoro nei campi o in cantina.
Amore a prima vista trasmesso anzitutto a se stesso ed amplificato al prossimo, come il ripetitore di un’antenna radio. Fulvio è un geometra che a fine anni ’90 adocchia un lembo di terra alle pendici del Monte Taburno, in direzione sud-ovest. Da poco ha quindi festeggiato le sue prime 20 vendemmie.
Non sapendo nulla di fermentazione si deve affidare, agli inizi, alle competenze dell’enologo Alberto Cecere che sa istruirlo sui corretti metodi di produzione. Comprende che bisogna muoversi da subito con validi investimenti, primo in ordine di priorità la ristrutturazione dei poderi con annessa cantina di affinamento e stoccaggio.
L’inclinazione di Fulvio e Imma al rispetto dell’ambiente circostante consente loro di costruire un edificio recuperando un vecchio stabile diroccato, con bassissimo impatto visivo. Terreni argilloso-calcarei e buone escursioni termiche per merito di zefiri sostenuti provenienti dal mare.
Viene intrapresa immediatamente la via del biologico senza compromessi, anche se ciò dovesse costare un tempo di riposo maggiore prima di porre in commercio i prodotti. O qualche sperimentazione infelice nel corso degli anni.
Il tempo, infatti, è un fattore chiave nei vini di Cautiero. Grazie all’abile organizzazione della giornalista Fosca Tortorelli è stato possibile indagare a fondo l’evoluzione dei vini, su due varietà molto interessanti per l’intero areale: il Fiano e la Falanghina.
Una degustazione guidata davvero sorprendente, che dà il colpo di grazia all’atavico tabù: vino bianco non può invecchiare. Di seguito le nostre impressioni a conclusione dell’evento.
Fiano 2021 Erba Bianca – non amo le scommesse, ma qui posso ammettere una deroga. Promettente, pur ancora in fase acerba con toni erbacei in assestamento. Nell’attesa emergono polpa di pesca e fiori di gelsomino. Fa volume e sembra non finire mai. Espressivo.
Fiano 2016 Erba Bianca – vestito di nuance da foglia di pomodoro, arancia gialla candita, ginestra e mandorla tostata. Chiosa su affumicature e mineralità appaganti. Quando penso ad un Fiano, la mente si sofferma su di esso. Incommensurabile.
Fiano 2010 – la prima etichetta aziendale per questa varietà. Non chiarificato e non filtrato come per i precedenti, rimanda al miele di acacia, scorza di bergamotto e menta nepitella. Cambia la vena acida più tagliente e meno confortevole, ma di grande prospettiva. Valoroso.
E veniamo al pezzo forte di casa, la Falanghina che alberga in queste terre dalla notte dei tempi. Le vinificazioni sono simili al Fiano, con l’unica differenza che la versione del 2010 non prevedeva ancora il pied de cuve ricavato dalle bucce d’uva, bensì l’utilizzo di lieviti neutri selezionati.
Falanghina 2021 Fois – freschezza e salinità in un colpo solo. Essenze tropicali identitarie, con sbuffi di millefiori e caramella d’orzo. Termina su cedro maturo e note iodate. Una folgorazione sulla strada per Frasso Telesino… Indelebile.
Falanghina 2017 Fois – il calore lo si avverte e non solo quello climatico. Tostature sia al naso che al palato, indice di un lento calo fisiologico data l’annata impegnativa. E poi, in successione, ginestre essiccate, pera in cottura e aromi canforati. Nulla da aggiungere. Affaticato.
Falanghina 2010 Fois – articola un naso piuttosto irruente ed un sorso che sa di velluto, con la gradevolezza ed il potenziale che il vitigno sa esprimere. Eccellente la parte floreale, da declinare tra mille vapori. Finale salmastro, con ricordi di macchia mediterranea. Indomito.
La gamma vini prevede, altresì, un anarchico Piedirosso (etichetta Fois Rosso), degustato più volte in altre occasioni, che sa riabilitare le alterne vicende storiche vissute, ed il Donna Candida la Riserva di Aglianico densa e sostanziosa come merita il principe delle uve a bacca rossa campane.
Luca Matarazzo Giornalista- Sommelier AIS - Degustatore Ufficiale - Relatore corsi per la Campania.. Ha partecipato a numerosi concorsi enologici e seminari di approfondimento. Vincitore del Trofeo Montefalco Sagrantino edizione 2021 e del Master sull'Albana di Romagna 2022, Wine Consultant collabora attualmente con testate giornalistiche e blog importanti a livello nazionale.
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