Osservando quotidianamente quanto accade nel mondo vitivinicolo italiano, una menzione speciale va al lavoro svolto negli ultimi tempi dal Consorzio di Tutela Vino Custoza Doc. Gli sforzi non concernono soltanto le attività comunicative da cui il focus organizzato nella recente edizione del Merano Wine Festival. Si è cominciato prima da una profonda rifondazione stilistica dei prodotti, nell’ottica di una maggiore valorizzazione delle varietà espresse dal terroir.
Helmuth Köcher è stato lungimirante nell’aver dato spazio durante la manifestazione ad una Denominazione esistente già dal 1971, che ha vissuto momenti alterni di luci ed ombre; eppure il territorio è uno dei più belli ed interessanti dal punto di vista architettonico ed agricolo che la nostra Penisola possa offrire. Cominciando proprio dal nome (Custoza) tratto da una storica frazione del Comune di Sommacampagna dove si combatterono ben due battaglie risorgimentali. Un anfiteatro morenico costituito dalle colline prospicienti il Lago di Garda nella zona sud-occidentale e comprendente 9 Comuni veronesi ad altitudini non superiori a 100 metri. Vini dalla grande vena sapida frutto del particolare terreno misto tra argilla e ghiaia di origine glaciale. Quattro le varietà a bacca bianca coltivate: Trebbiano, Garganega, il Trebbianello (parente del Sauvignonasse) e la Bianca Fernanda (clone locale del Cortese) seguendo l’arte italica del blend. Dal 2010 la svolta con il forte ridimensionamento dell’uso del legno in fase di vinificazione ed affinamento, per favorire l’acciaio creando prodotti dai profumi meno opulenti e più agili al palato.
Non esistono soltanto paesaggi incantevoli, ma anche tanto studio e ricerca, come la zonazione compiuta dal prof. Attilio Scienza e la distinzione di tre precisi distretti. Ben 5 le tipologie permesse dal Disciplinare di produzione: nella degustazione abbiamo potuto assaggiare una nutrita batteria delle versioni di annata oltre ad una selezione di 6 campioni nella tipologia “Superiore” in abbinamento ai piatti del ristorante Kallmünz di Merano.
Partendo dai Custoza base, tutte annata 2020, l’impressione complessiva è molto positiva, apprezzando la ricerca di freschezza gustativa tra note floreali ed agrumate nitide e delicate. Albino Piona, storico winemaker, è quello maggiormente convincente con la sua eleganza minerale ed una scia di gelsomino e mela verde nel finale. Non ci lascia indifferenti neppure la potenzialità evolutiva di Ronca davvero da manuale. Tecnicamente perfetto, infine, Tabarini forse il prodotto che meglio racchiude in sé l’anima del territorio, giusto mix tra frutta polposa e petali di fiori gialli. Abbiamo comunque trovato una buona qualità media, scevra da particolari errori o difetti.
Le pietanze prevedevano un delicatissimo orzotto con salmerino, prezzemolo e spuma di Custoza, ben abbinato alla piacevolezza di beva e le note morbide del Cà del Magro 2019 Custoza Superiore di Monte del Frà, dai richiami quasi borgognoni.
Come secondo un abbinamento ardito costituito da una guancia di vitello con puree di sedano rapa e carotine baby. La perplessità iniziale è stata superata dalla cottura a bassissima temperatura per oltre 12 ore della guancia, resa talmente leggera da sciogliersi in bocca. Intrigante l’accoppiamento sia con l’Amedeo 2020 il Custoza Superiore di Cavalchina, sia con San Pietro 2017 Custoza Superiore di Le Vigne di San Pietro, con la perfetta sincronia di cedro, lime, mineralità e potenza calorica.
Al Presidente del consorzio Roberta Bricolo ed a tutti i vignerons impegnati nella continua valorizzazione della Doc Custoza (con ottimi risultati) vanno i nostri complimenti e gli auguri per il raggiungimento di un meritato successo.
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