Luogo di incontro: Stazione Leopolda – Firenze
Nome dell’evento: Food & Wine in Progress 2019
Ora e data: pressappoco le 17 ore locali del 30 novembre
Protagonisti due autentici giganti toscani, nati dalla ferrea volontà di Vincenzo D’Isanto commercialista fiorentino per professione, vigneron de I Balzini per amore.
Chi manca all’appello è il progenitore di tanti capolavori, “Mister Bicchierino” Giulio Gambelli, purtroppo scomparso, ma ottimamente sostituito da Barbara Tamburini.
White Label da Sangiovese, Black Label da Merlot, entrambi sposati al Cabernet Sauvignon.
Grazie all’erede della dinastia Diana D’Isanto ed all’assistente Valentina Bartarelli ho potuto degustare per Voi affezionatissimi ben due verticali uniche nel loro genere. Che la sfida abbia dunque inizio!
WHITE LABEL 2016: andrà in commercio tra due anni, per il momento si mantiene ancora timidissimo sopratutto al palato. Come un perfetto carillon nasconde all’interno del suo scrigno una musica vibrante vestita di tannino solido, succoso, potente, priva di asperità.
WHITE LABEL 2014: “Le fleurs du mal” di Baudelaire, ovvero come lo stesso autore soleva dire: bisogna usare la poesia per estrarre la bellezza dal male. Il male in questo caso sarebbe interpretato da un’annata difficile (verissimo), ma forse troppo in fretta battezzata addirittura senza speranza. Poco ma buono e tutto ricco di essenze floreali (appunto) di rosa canina e giaggiolo, piene di ribes rosso ed erbe aromatiche. Delicatissimo.
WHITE LABEL 2009: la prima annata di Barbara Tamburini ed è subito centro! Ancora giovanissimo, quasi croccante di frutta a pasta rossa e persino gialla (di pesca ed albicocca). Un accenno di maturità lo si avvisa nelle spezie dark dal finale tendente quasi al cacao. Lunga vita al Re.
WHITE LABEL 1998: un vino senza tempo. Lasciatevi trasportare da sensazioni savoury (direbbero gli anglofoni), di goudron (direbbero i francofoni) e di umami..direbbero tutti gli altri! Carnaceo all’inverosimile, brioso per freschezza e tannino vivido. L’anima di Gambelli vive ancora qui, nei suoi prodotti di punta.
BLACK LABEL 2016: te lo aspetti largo per via del Merlot ed invece è minerale e tagliente, molto più del suo coetano testè descritto. Qui si prospetta davvero una longevità mostruosa, dal grande potenziale evolutivo, che farà parlare molto di sé.
BLACK LABEL 2014: il prossimo che vuol parlare male a priori della 2014 provi ad assaggiare alcuni Brunello di Montalcino (per i pochi produttori coraggiosi che hanno osato sfidare le imposizioni dei big influencer) e, sopratutto, questo vino dalla speziatura intensa di pepe verde, petali di viola mammola macerata e spinte balsamiche che ne sorreggono qualità e complessità. Bocca leggera rispetto ad altre annate, ma mai disunita e giunta al plateau d’equilibrio.
BLACK LABEL 2000: il vino che fu..ci ha da poco salutato portando però a corredo del suo ultimo respiro prima dell’orazione funebre un epitaffio di tostature, torrefazione e sigaro dalla tensione gustativa ancora viva seppur calante. Adieu mon ami..