Mamoiada (provincia di Nuoro) è sicuramente uno dei territori più vocati della Sardegna dove produrre Cannonau. Vigneti tra 600 e 800 metri s.l.m., che in alcuni casi superano addirittura i 900 metri. Parliamo di una zona di grande tradizione vinicola, dove per molti anni sono stati realizzati alcuni dei più grandi vini sfusi d’Italia. Si può dire che quasi ogni famiglia abbia nel passato (e perfino nel presente) realizzato il suo vino. Nel duemila l’azienda Giuseppe Sedilesu inizia ad imbottigliare, seguita negli anni successivi da Giampietro Puggioni e Giovanni Montisci. I vini di Mamoiada cominciano a riscuotere grande successo sui mercati nazionali ed esteri, così nel 2015, grazie all’opera di sensibilizzazione di Francesco Sedilesu, viene fondata l’associazione Mamojà con lo scopo di valorizzare, dal punto di vista della viticoltura, lo straordinario terroir di Mamoiada, con un protocollo abbastanza restrittivo sia di vinificazione (prevede un utilizzo moderato della solforosa e fermentazioni rigorosamente spontanee), sia di conduzione della vigna (no a qualsiasi sistemico ed a trattamenti invasivi). In pochissimi anni si aggiungono diverse altre cantine alla lista, al punto che le aziende che producono vino in bottiglia sfiorano le venti unità.
Abbiamo recentemente chiesto ed ottenuto all’Associazione Mamojà, che ringraziamo della disponibilità, di effettuare una degustazione alla cieca a Mamoiada, dove abbiamo inserito anche alcuni campioni di Cannonau sardi fuori zona, alla presenza dei produttori iscritti all’Associazione.
Ringraziamo l’Enoteca La Rossa per aver ospitato l’evento.
Il risultato è stato veramente sorprendente. Oltre ad aver messo in evidenza un livello di qualità media della produzione elevatissimo, si è posta in risalto una grandissima conoscenza del territorio e riconoscibilità dei suoi vini.
Praticamente tutti i produttori presenti sono stati in grado di riconoscere alla cieca quali fossero i vini “intrusi” ed addirittura hanno quasi tutti individuato i propri vini, e chi scrive può garantirvi che non è per niente cosa scontata ed anzi è molto rara in moltissimi casi in Italia.
Ma a sorprendere è soprattutto la passione che lega queste persone al territorio che le ospita, che è in definitiva la vera motivazione che li ha spinti ad imbattersi in questa nuova avventura ed a calarsi nel ruolo di produttori di vino in bottiglia.
Ma veniamo ai vini di Mamoiada che abbiamo assaggiato, e che citeremo in ordine di servizio:
Cannonau di Sardegna Vike Vike 2017 – Vike Vike: Sentori speziati e di frutti rossi al centro dell’assaggio. Ottima materia e buona freschezza. Un leggero residuo zuccherino non compromette affatto l’equilibrio gustativo.
Cannonau di Sardegna 2016 – Eminas: note di macchia mediterranea e spezie anticipano struttura e lunghezza gustativa. Una visione un pochino più moderna di Mamoiada, ma è un vino che va aspettato.
Cannonau di Sardegna Istimau 2016 – Gianluigi Montisci: un vino dalle diverse sfaccettature. Da un lato una nota pepata e succosa, dall’altro i toni iodati e salmastri. Struttura e freschezza completano il quadro organolettico.
Cannonau di Sardegna Vinera 2017 – Antonio Mele: il vino presenta una leggera riduzione, che però interessa solo l’olfazione primaria e va scomparendo con l’ossigenazione. I toni succosi e iodati prevalgono sui sentori di macchia mediterranea. Acidità, lunghezza gustativa e ricchezza glicerica chiudono il piacevole perimetro gustativo.
Cannonau di Sardegna Bobotti 2017 – Sannas: è il vino che abbiamo preferito insieme al Mamuthone di Sedilesu. Finezza ed eleganza uniti a carattere e territorialità. Unisce ricordi di macchia mediterranea a sentori speziati. La chiusura è su toni agrumati e fruttati.
Cannonau di Sardegna Zibbo 2017 – Marco Canneddu: alle note speziate e fruttate si uniscono toni floreali e agrumati. Ancora vibrante, è un vino giovane di grandi prospettive.
Cannonau di Sardegna Perdas Longas 2017 – Cadinu: ancora un vino di grande personalità con spezie e macchia mediterranea in evidenza. Struttura, freschezza e chiusura iodata completano il profilo organolettico.
Cannonau di Sardegna Mamuthone 2016 – Sedilesu: è il campione che abbiamo preferito insieme al Bobotti di Sannas. Qui alla freschezza, struttura ed eleganza si aggiunge una piacevolissima sapidità. La succosità rende indimenticabile l’assaggio.
Cannonau di Sardegna Riserva Nigheddu (campione di botte) 2017 – Gaia: ancora le componenti del vino non sono in equilibrio e l’acidità è scissa dall’alcool, ma è solo un problema di gioventù.
Cannonau di Sardegna Ballu Tundu 2015: ormai il Ballu Tundu rappresenta sempre una sicurezza, con toni di macchia mediterranea e spezie in evidenza, seguiti da ricordi di frutti rossi e chiusura iodata. Splendido connubio do eleganza e materia.
In ultimo abbiamo assaggiato un vino di un produttore che imbottiglierà tra qualche tempo e che ci sembra già molto convincente, parliamo del Sisinni 2017 di Gianfranco Montisci. Aspettiamo Gianfranco (ed anzi lo incoraggiamo a proseguire) alla prova dell’imbottigliamento.
Per concludere quindi, siamo di fronte ad un territorio unico, in grande fermento ed espansione, interpretato in maniera fedele ed appassionata dai suoi produttori.
Giornalista enogastronomico, una laurea cum laude in Economia e Commercio all'Università La Sapienza di Roma, giudice in diversi concorsi internazionali, docente F.I.S.A.R.. Ha una storia che comprende collaborazioni con Guide di settore. Per citare solo le ultime : Slow Wine (Responsabile per la Sardegna edizioni 2015 e 2016), I Vini de L'Espresso (vice-curatore e coordinatore nazionale edizioni 2017 e 2018), I Ristoranti d'Italia de L'Espresso (edizioni dalla 2010 alla 2018). Collabora con le testate: www.lucianopignataro.it , www.repubblica.it/sapori. Ha scritto alcuni articoli sul quotidiano "Il Mattino" e su www.slowine.it. Ha una passione sfrenata per quel piccolo continente che prende il nome di "Sardegna", per le sue terre e per la sua gente.
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