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Nei Quartieri Spagnoli a Napoli “A casa d’ ‘e Femminielli” rappresenta un concetto di accoglienza che va ben oltre l’idea di ristorante tipico

La cultura partenopea è fatta di folclore e di un’anima caliente tipica dei popoli del Sud. Luciano De Crescenzo sosteneva, con una celebre frase, che “si è sempre meridionali di qualcuno”. Una sorta di contaminazione culturale nata dalle numerose invasioni, a volte pacifiche altre meno, che hanno costituito la Napoli storica. Stili architettonici sovrapposti, che partono dall’antica Grecia e proseguono con Romani, Normanni, francesi e spagnoli, senza soluzione di continuità e senza dimenticare le reggenze illustri di Federico II di Svevia e di Napoleone Bonaparte.

Da città del commercio e dei cosiddetti otia, le soste piacevoli dell’aristocrazia imperiale, Napoli è divenuta coi secoli la capitale dell’Umanesimo e della Cultura nel Mezzogiorno d’Italia. La densità abitativa è stata commisurata, da sempre, all’andirivieni nel trasporto marittimo, vero crocevia del bacino del Mediterraneo. In questa miscellanea di emozioni autentiche, c’è stato sempre posto per l’accoglienza anche di chi viene considerato, da una certa ideologia omofoba e razzista, un diverso per scelte sessuali, religiose o, semplicemente, per il colore della pelle.

A Napoli non ci si è mai posti il problema di “chi sei”, ma piuttosto di quanto vali e quanto sei disposto ad offrire come capacità di adattamento a condizioni lavorative e di vita alla giornata, meno blindate dagli schemi impostati e rassicuranti del Nord. I Quartieri Spagnoli, ad esempio, erano un luogo da frequentare con la dovuta cautela, dove la criminalità dettava legge ed i pessimi mali dell’età moderna regnavano incontrastati. Aldo Civale, tra i pionieri della ristorazione in Campania, ha deciso di scommettere sulla recente rinascita della zona, aprendo ben due ristoranti uno di fronte l’altro: A Taverna d’ ‘e Zoccole che offre pietanze a base del pescato del giorno e A casa d’ ‘e Femminielli con le classiche ricette tradizionali di terra.

Il nome scelto per il secondo ristorante voleva essere un omaggio proprio all’inclusione, talvolta canzonatoria, ma pur sempre verace e profonda. Femminiello era il modo di chiamare l’uomo dagli espliciti atteggiamenti femminili. Veniva rispettato e poteva accedere di diritto alle principali manifestazioni popolari sia ludiche che religiose. Talora era usanza porgli persino in braccio il neonato per buon auspicio, nel contesto dei bassi dove il sovraffollamento e il degrado erano notevoli.

Qui festeggia il genetliaco, prossimo ormai alla soglia dei 90 anni, un femminiello di punta chiamato la Tarantina che ha fatto la storia del quartiere. Una tradizione simbolo di democrazia e di amore per il prossimo, soprattutto nei suoi gusti e opinioni differenti. Una taverna dove il mangiar bene e la chiacchiera allegra non sono legati allo scorrere delle lancette, avvolti da un’atmosfera insolita e rassicurante e dalle ricette di Aldo, che ama indossare la parannanza e porsi dietro ai fornelli all’occorrenza.

Da ‘O pere e ‘o musso reso quasi gelatinoso e leggermente piccante, dal sapore identico a quello venduto sui carretti ambulanti nei vicoli della città, ai bocconcini di parmigiana di melanzane, seguitando con del caciocavallo sciolto ma non “impiccato” sulla fetta di pane, salsicce e broccoli (o friarielli per i napoletani) e perché no una semplice e saporita tagliata di carne al rosmarino.

Piatti forti la genovese, di cui abbiamo scritto in un precedente articolo LA RICETTA DELLA PASTA ALLA GENOVESE e la pasta e patate nella variante con provola, grande diatriba tra i cultori di una prelibatezza povera senza tempo. C’è chi dice che il formaggio sarebbe stato ad appannaggio solo dei ricchi, ma di sicuro ha il suo valore intrinseco nell’equilibrio finale. Chiusura in dolce con tiramisù fatto a mano e coccole selezionate da una pasticceria a chilometro zero.

Si può fare cultura dell’accoglienza in molti modi: l’importante è credere fermamente nell’idea, non tanto rivoluzionaria, che liberté, égalité, fraternité, sono parole ben note qui a Napoli.

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Scritto da

Luca Matarazzo Giornalista- Sommelier AIS - Degustatore Ufficiale - Relatore corsi per la Campania.. Ha partecipato a numerosi concorsi enologici e seminari di approfondimento. Vincitore del Trofeo Montefalco Sagrantino edizione 2021 e del Master sull'Albana di Romagna 2022, Wine Consultant collabora attualmente con testate giornalistiche e blog importanti a livello nazionale.

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