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Ritorno a Marsala

Viteadovest, la cantina eclettica

La crescita del vino di Marsala passa anche per la storia, ancora giovanissima, di una cantina come Viteadovest. Partito nel 2011, nel giro di una decina d’anni il progetto dell’enologo Vincenzo Angileri si è ampliato, arrivando oggi a produrre circa 60mila bottiglie annue (erano appena 12 mila solo quattro anni fa) e diversificando la produzione tra bianchi da pasto, bianchi macerati, rossi giovani e da invecchiamento, un vino passito stile Porto e un “Marsala pre-british”. Insomma, un eclettismo da fare invidia ad aziende ben più strutturate e di lungo corso.

Per dare ossigeno alle sue ambizioni Vincenzo è partito dalla storia contadina della sua famiglia, l’ha arricchita con la propria competenza tecnica e ha comiciato piantando quattromila alberelli di Nero d’Avola e Nerello Mascalese nell’entroterra marsalese, sul suolo ciottoloso di Capofeto, lungo la statale per Salemi. Per i vini bianchi si è avvalso soprattutto delle vecchie vigne di famiglia, Grillo e Catarratto di 40-50 anni in località Gurgo, a nord della città, vicino alla litoranea e alle saline, su terreni sabbiosi. Altri vigneti sono sparsi in varie contrade (Chelbi, Muciuleo, Rinazzo); nuovi impianti di Frappato, Grillo e Damaschino completano il patrimonio vitato.

Ma Vincenzo è anzitutto un vero appassionato e, al pari di un musicista moderno, è capace di interpretare il territorio come se fosse la tastiera di un pianoforte, dalla quale può davvero esibire qualsiasi stile, dalla classica al rock. E la metafora non è casuale: durante l’incontro avvenuto a fine agosto nella sua cantina, poco distante dal centro storico di Marsala, il nostro ha azzardato un suggestivo parallelo tra la “freddezza” di un vino convenzionale (equiparabile al compact disc) e l’immediatezza e autenticità di un vino naturale come i suoi, paragonato al “calore” del vecchio disco in vinile, oggi tornato in auge. Nota a margine: noi di Vinodabere, che siamo laici e guardiamo anzitutto alla qualità di ciò che è contenuto nel bicchiere, possiamo forse replicare che… preferiamo i concerti live! (si scherza).

Tutti i vini di Viteadovest sono senza solfiti aggiunti e quando possibile i coadiuvanti fitosanitari sono ridotti al minimo. “Noi siamo fortunati – spiega – perché qui c’è bisogno di meno trattamenti, le vigne si ammalano meno che altrove. Quest’anno, per esempio, al Catarratto non ho dato neanche rame e zolfo”.

Bonus: da qualche anno Vincenzo ha stimolato una crescita che riguarda tutto il territorio, arrivando a istituire una “rete d’impresa” assieme ad altre sei piccole cantine, tutte praticamente agli esordi, che vinificano da lui e che rappresentano la speranza di un futuro di qualità e successo per i vini di Marsala. L’associazione si chiama MOT (Mater Omnia Terra) e darò conto in un prossimo articolo degli assaggi che ho fatto con Vincenzo e gli altri giovani viticoltori associati.

Anche la cantina, con la crescita della produzione e il supporto offerto ai colleghi, è stata notevolmente ampliata ed è quasi irriconoscibile rispetto alle due stanzette che visitai per la prima volta sette anni fa.

Ma vediamo ora i vini delle ultime annate di Viteadovest, un caleidoscopio che ho affrontato volentieri in un caldo pomeriggio di fine agosto.

Terre Siciliane Igp Bianco Vurgo 2021 (11,5% alc.). 90% Catarratto, 10% Grillo. Da vigne allevate ad alberello marsalese, nelle Contrade Gurgo, Casazze, Baiata. Medio impasto calcareo con depressioni carsiche e sabbia. Macerazione di due giorni sulle bucce, quasi inavvertibile. Acciaio e vetroresina. Naso tenero, camomilla, erbette aromatiche, frutta bianca e gialla. Sorso sostanzioso, sapido, quasi salato. Si evince esattamente l’origine marina dei terreni, che va un po’ a scapito dell’acidità.

Terre Siciliane Igp Bianco 2020 (12% alc.). 90% Grillo, 10% Catarratto. Vigne in Contrada Chelbi, a 200 metri di altitudine. Dodici giorni sulle bucce. Frutta secca, legna arsa, leggermente affumicato, torba. Al secondo naso vira su toni floreali e anche di macchia. Sorso importante ma agile, acidità sostenuta. Vino verticale e affilato, di bella profondità. Il tannino è lievissimo e ben integrato. Già abbastanza in equilibrio, ma è comunque ancora in fieri.

Terre Siciliane Igp Bianco Bayt 2020 (12% alc.). Grillo 100%. Ecco un vino che quattro anni fa non c’era, lo assaggio per la prima volta. Le uve arrivano da una vigna di quindici anni allevata a spalliera in Contrada Baiata, dai terreni gessosi e marnosi. Macerazione di due giorni sulle bucce, fermentazione e affinamento in botti di castagno per nove mesi, poi acciaio. All’olfatto arriva di nuovo un tono affumicato, di frutta matura, poi terra asciutta e carne cruda. Tannino leggero, sale sparato, sorso succoso e lunga persistenza. La prima impressione è di un vino più agile ma meno complesso del precedente.

Terre Siciliane Igp Bianco Rina 2018 (14% alc.) Catarratto 100%. Da alberelli coltivati in Contrada Rinazzo (da cui il nome). Macerazione di sei mesi in tino troncoconico di castagno, affinamento nello stesso contenitore per altri sei mesi e poi in tonneau usati per il Marsala. Profumi di concia e frutta secca, fiori bianchi ed erbe aromatiche, volatile più accentuata che negli altri vini ma perfettamente integrata. In bocca somiglia ad un “Altogrado”, il vino della tradizione contadina “pre-british”, a parte la minore intensità e la secchezza. Sapidità in primo piano, frutto di bella integrità e freschezza. Finale intenso e saporito.

Vino Bianco N.73 (quarta edizione, 2020. 14,5% alc.). Grillo e Catarratto in percentuali variabili. È in sostanza un Marsala non dichiarato perché fuori dalle regole della Doc, che prevede l’obbligo di fortificazione con alcol di vario genere. Vincenzo lo produce con il metodo “perpetuum” a partire da una botte “madre” del 1973 vinificata dal padre, enologo presso la cantina di Birgi. Naso di salamoia, fichi, uva passa, conchiglie. Al palato anche stavolta è secchissimo, la bocca è molto ricca e piena di risonanze, dalla tendenza sia dolce che salata. Persistenza misurabile in minuti. Un piccolo capolavoro, per i (pochi rimasti) fan degli ossidativi.

Terre Siciliane Igp Rosso Muké 2021 (12,5% alc.). Cabernet Sauvignon. Altra novità per me, da vigne di trent’anni nelle Contrade Muciuleo e Chelbi. La prima vigna matura e viene vendemmiata a inizio agosto, fermentazione a grappolo intero e macerazione carbonica. L’uva dell’altra vigna viene raccolta quasi due mesi dopo, a fine settembre, vinificata in bianco e assemblata. Vino molto leggero, un Beaujolais Nouveau ma con tutt’altre uve e di tutt’altra zona. Un divertissement per chi l’ha fatto ma anche per chi lo beve, preferibilmente d’estate con un bel tagliere di salumi.

Terre Siciliane Igp Rosso Ghammi 2020 (12,5% alc.). Nero d’Avola allevato ad alberello, macerazione di cinque giorni sulle bucce e affinamento in acciaio. Dedicato alla zio paterno, deriva dalla lingua punica (è “il vino dello zio”). Naso di frutti rossi e scuri, sorso di grande agilità e freschezza, goloso, sale e acidità prorompenti, un’altra interpretazione “leggera” stavolta con l’uva rossa regina dell’isola. Macchia mediterranea in chiusura.

Terre Siciliane Igp Rosso Kapo 2017 (13%). 50% Nerello mascalese, 50% Nero d’Avola. Uve provenienti dalla vigna che ha dato il via alla storia di Viteadovest, a Capofeto. Macerazione di 10/15 giorni, tre anni in acciaio. All’olfatto ciliegia matura, prugna, tabacco fresco, note minerali di cenere e ruggine, lievemente speziato. Sorso caldo e tannico, dal bel succo ma un po’ frenato; dà l’impressione di un vino che ha bisogno ancora di tanto vetro per esprimersi al meglio.

 

Terre Siciliane Igp Rosso Kapo R. 2015 (14% alc.). 60% Nero d’Avola, 40% Nerello mascalese. È in pratica la “riserva” del vino precedente, alla sua prima edizione. Quattro anni in tonneau scolmi, con formazione di lieviti flor. Odora di frutti di bosco e sotto spirito, con lievi tracce vegetali e tostate, anche frutta secca. In bocca “sente” ancora un po’ di legno ma ha un bel frutto maturo abbinato a un certo calore alcolico. La nota ossidativa derivante dall’affinamento è sfumata, quasi inavvertibile. Vino insolito, mi piacerebbe riassaggiarlo tra qualche anno.

Terre Siciliane Igp Rosso Passito Ciauru J Passula 2017 (15% alc.). Cabernet Sauvignon in prevalenza, con piccoli saldi di Nero d’Avola e Nerello Mascalese. È il “Porto” di Vincenzo e nasce dal suo grande amore per la tipologia. Un autentico unicum, dall’azzeccato nome “profumo di uva passa”. Le uve appassiscono in parte al sole sui graticci, in parte in piccole cassette sistemate nel sottotetto, poi la massa viene pigiata, fatta rifermentare con mosto di Nero d’Avola, macerata sulle bucce e infine affinata un anno in acciaio. Naso speziatissimo, grande equilibrio tra note dolci e salate, bocca dolce ma dall’acidità rinfrescante, sorso tannico ma elegante e piacevolissimo. Un vino da sorseggiare a fine pasto ma non solo, molto versatile a tavola.

Terre Siciliane Igp Bianco Damaschino 2021 (12,5% alc.) 100% Damaschino. È un vecchio vitigno bianco della tradizione marsalese, ormai abbandonato, che veniva utilizzato per alleggerire Inzolia e Catarratto. Ripescato da Vincenzo a partire da quest’annata, è un’anteprima assoluta: uscirà nel 2023. Otto mesi in anfora d’argilla. Naso gentile, profumi floreali, camomilla. Sorso dinamico, molto elegante, equilibrato, bel carattere minerale. Promettente.

Nato nel Luglio del 1969, formazione classica, astemio fino a 14 anni. Giornalista professionista dal 2001. Cronista e poi addetto stampa nei meandri dei palazzi del potere romano, non ha ancora trovato la scritta EXIT. Nel frattempo s’innamora di vini e cibi, ma solo quelli buoni. Scrive qua e là su internet, ha degustato per le guide Vini Buoni d’Italia edita dal Touring Club, Slow Wine edita da Slow Food, I Vini d’Italia dell’Espresso, fa parte dal 2018 della giuria del concorso Grenaches du Monde. Sogna spesso di vivere in Langa (o in Toscana) per essere più vicino agli “oggetti” dei suoi desideri. Ma soprattutto, prima o poi, tornerà in Francia e ci resterà parecchi mesi…

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