Esiste un borgo in Toscana dove il tempo sembra non passi mai. Usiglian del Vescovo, (ben conosciuto anche da Matilde di Canossa), arroccato in cima ad una collina sopra Palaia dal panorama mozzafiato, crocevia di ben quattro province diverse (Lucca, Pisa, Volterra e San Miniato) si nasconde in mezzo a vigne curatissime, ulivi e boschi sterminati.
Un territorio arduo per l’agricoltura, composto per otre il 98% da sabbie gialle compatte e asciutte, dove la famiglia del noto stilista Alviero Martini ha saputo modellare a propria immagine e somiglianza una realtà di nicchia nel mondo vitivinicolo.
All’inizio del nuovo millennio, ove prima si produceva un mediocre spumante Charmat da Pinot Bianco, venne attuata un’attenta opera di reimpianto di vitigni internazionali con la costruzione in contemporanea di una cantina su 2 livelli (piano terra e seminterrato), per sfruttare il fenomeno della gravità evitando eccessivi stress ossidativi agli acini selezionati nei tini di fermentazione, unendo temperature ed umidità costanti nell’intero processo produttivo.
L’enologo Federico Ricci che segue anche la parte agronomica, ha imposto altresì vendemmie parcellizzate, preferendo impianti a guyot e cordone speronato a “4 coppie di cornetti”, nonché irrigazione di soccorso, fondamentale in terreni poveri e dalla scarsa capacità di assorbimento e rilascio idrico. Successivi rimontaggi, insufflazione di ossigeno, controllo degli zuccheri e delestage, per cercare di estrarre la massima percentuale di componenti aromatiche del vino, che viene poi illimpidito tramite metodo “housing”, utilizzando un filtro a cilindro simile al “rene artificiale”.
Barrique e tonneau di rovere francese e americano, grandi botti slovene utilizzate per il Chianti Superiore e metodologie di affinamento calcolate al millesimo per rispettare i più moderni standard tecnologici. Tutte le etichette dei formati dal mezzo litro ai nove litri vengono infine curate personalmente nella grafica dalla figlia di Alviero, anche lei stilista di chiara fama.
Ampia la gamma di vini che comprende un Metodo Classico Rosè da ben 36 mesi sur lie, un bianco (“il ginestraio”) blend di chardonnay e viogner, un rosato da sangiovese in purezza e cinque rossi degni di nota che ho avuto modo di degustare, tra cui il top di gamma “1083” da uve 100% Petit Verdot.
Rosato 2017 IGT, Sangiovese in purezza dal color lampone, dotato di potente intenso naso floreale (rosa rossa, gelsomino, ginestra) e frutta polposa. Al gusto evidenza corpo, una discreta componente alcoolica e una lunga sensazione salina finale.
Bianco Il Ginestraio 2016 IGT, blend di Chardonnay e Viogner. Riflessi paglierini carichi, presenta al naso note di frutta tropicale particolarmente zuccherina, vaniglia e camomilla, grazie anche al passaggio per quattro mesi in barrique. Bocca di grande freschezza, lievemente vegetale negli aromi retro olfattivi.
Il Grullaio 2016 IGT, composto da Cabernet Sauvignon e Merlot, dalla rapida fermentazione di soli sei giorni solo in acciaio e riposo in bottiglia. Il colore scuro ed intenso richiama sentori di mirtillo, amarena, spezie (noce moscata, pepe verde) e violetta. Al palato declina su morbidezze preponderanti, complice la sua forza alcolica. Da bersi in gioventù.
Moro del Rovato 2016 IGT ottenuto da vari uvaggi non utilizzati negli altri prodotti. Spezie molto presenti, frutta rossa cotta, fiori macerati e dal gusto particolarmente tannico viene considerato un po’ come l’antico “vino del fattore”.
Chianti Superiore 2015 DOC Colline Pisane, perché Usiglian del Vescovo conserva ancora l’antica tradizione enologica locale. 95% Sangiovese e 5% Cabernet Sauvignon affina per 6 mesi in botte grande e ulteriori dodici in bottiglia. Rubino tendente al granato, esprime la classica freschezza agrumata del Sangiovese, unità ad una buona trama tannica non aggressiva.
Il Barbiglione 2012 IGT a maggioranza Syrah (per il 70%) è il vino che ha suscitato maggiormente il mio interesse dopo il Petit Verdot “1083”. Ottima potenzialità evolutiva, barrique per nulla percepita (ben dodici mesi e altrettanti di bottiglia prima di essere commercializzato). Nessuna filtrazione. Naso tipico declinato interamente su pepe nero e sentori terziari di torrefazione, con sbuffi di violetta, lavanda ed erbette officinali. Il terreno sabbioso conferisce al gusto aromi floreali e agrumati, ma soprattutto grande mineralità e balsamicità.
“1083” IGT 2011 – Un Petit Verdot in purezza, coltivato e vinificato in origine come “taglio”, involontariamente dimenticato in 2 barrique per oltre 24 mesi, dal cui numero di bottiglie venne dato il nome al vino. L’aspetto è regale, di un profondissimo rubino denso dalla trama fitta. Il naso di rosa appassita, succo di mirtilli, creme de cassis, dal penetrante richiamo speziato e balsamico di pepe, vaniglia, eucalipto ed erbe officinali (rosmarino e lavanda). Sorso succoso ed appagante, lampone gelatinoso, pepe nero, arancia sanguinella e tannini tesi, eleganti e complessi. Aromi di bocca su tostature di caffè, vaniglia, cacao e sigaro. Finale lungo e sapido, matura per 24 mesi tra barrique e tonneau più altrettanti di bottiglia. Subito premiato dalla prima annata di uscita, datata 2009.
Coniugare tradizione, modernità ed un pizzico di sana incoscienza è stato il vero successo di una azienda dal futuro luminosissimo, come la brillantezza dei suoi vini.
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Scritto da
Luca Matarazzo
Luca Matarazzo Giornalista- Sommelier AIS - Degustatore Ufficiale - Relatore corsi per la Campania.. Ha partecipato a numerosi concorsi enologici e seminari di approfondimento. Vincitore del Trofeo Montefalco Sagrantino edizione 2021 e del Master sull'Albana di Romagna 2022, Wine Consultant collabora attualmente con testate giornalistiche e blog importanti a livello nazionale.
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