Voglio partire da qui, dalle parole dell’enologa Vincenza Folgheretti, consulente di numerose realtà vinicole e di Massimo Casagrande, suo socio, direttore di cantina a Rocca di Frassinello.
Alla domanda sul perché avessero scelto questo simbolo romantico della natura, entrambi hanno raccontato il proprio desiderio inconscio di dar luce, inizialmente quasi per gioco, ad una realtà imprenditoriale che potesse raggiungere le vette illuminate dei grandi competitors toscani.
Alla fine si sono fatti prendere la mano, cominciando da zero, ossia, dalla scelta dei vigneti, non avendone di loro proprietà. L’occhio è cascato su tre territori molto diversi: ben 2 ettari a Scarlino (GR), con terreni sabbioso-argillosi, adatti alla coltivazione di un Vermentino in gran spolvero e di un Syrah dai richiami marini; un altro ettaro nel comprensorio di Montescudaio per l’internazionale Cabernet Franc, che in quell’areale ricco di ossidi ferrosi sta dando risultati sorprendenti per freschezza e golosità di beva.
Resta appena mezzo ettaro a Bolgheri (LI), dedicato all’insolito Sangiovese, scelto da pochissimi produttori tra i quali, però, citiamo il mitico Michele Satta.
Ricco e denso, più simile alla Romagna che alle sponde californiane tanto care agli ammiratori dei vini di questa zona.
Solo 600 bottiglie sul totale delle circa 6000 prodotte ogni anno. L’età media delle piante, che Enza e Massimo seguono con cure amorevoli, è giunta ormai alla piena maturità e si sente all’assaggio dei prodotti, per nulla acerbi od esuberanti, ma ricchi di personalità e corpo.
Una visita come si deve, sopratutto in un’azienda così giovane e innovativa, non può prescindere dagli assaggi en primeur, ovvero direttamente dai contenitori di affinamento. Il fil rouge visto un pò ovunque in Toscana indica una 2020 davvero difficile, contrassegnata non soltanto dalla piaga del Covid, bensì da inclemenze meteorologiche quali grandine e sbalzi termici eccessivi. Ne risente in particolare il bianco, ancora indietro, ed un Syrah troppo green per essere catalogato.
La 2019 è stata invece straordinaria, per ricchezza minerale, sensazioni agrumate e longevità individuabile in ogni tipologia.
“Festina lente”, affrettiamoci con la giusta calma verso i campioni imbottigliati, tutti IGT Toscana, partendo proprio dalla 2019 del Vermentino, nata rigorosamente in purezza.
Una novità nel panorama maremmano, ove si predilige piuttosto unirlo in blend ad altri compari quali Malvasia, Viogner e Trebbiano, snaturandone l’appartenenza al territorio in funzione di un gusto maggiormente commerciale. La grande secchezza di questo vino, al punto da sfiorare i canoni dell’essere mordace, lo rende “semplice ma non facile”. Molto gastronomico, per nulla ruffiano nonostante gli oltre 6 mesi di sosta sulle fecce. Dalla zagara alla ginestra fino a tracce di pompelmo giallo, lime e pietra focaia.
La 2018 attualmente in commercio, “sauvignoneggia” per note di idrocarburi, fiori di campo e mandarino. Equilibrio infinito e persistenza la vera perfezione che lo rende competitivo rispetto ai suoi omologhi liguri e sardi.
La 2017 invece ti catapulta verso sponde austriache dei migliori Riesling, sin dal colore giallo oro. Forse siamo andati all’estremo opposto nella ricerca dell’aderenza al territorio. È talmente buono che alla cieca riesce difficile connotarlo con il litorale tirrenico. Cedro, spezia bianca e macchia mediterranea nel finale leggiadro come una falena.
I rossi:
Rosso 2018 da Cabernet Franc e Syrah, grande fragranza coperta talvolta da pungenza alcolica. Il frutto resta elegante sia nell’amalgama tra fragoline e mirtilli, sia nel tannino piccante ancora giovane. Legni piccoli per massimo un anno, perfettamente integrati.
Maggior equilibrio nella 2017, grazie a morbidezze da pasta di amarena e vaniglia. Qui, forse, un tannino di maggior spessore, dalle nuances amarostiche avrebbe creato quella tensione e vivacità per renderlo perfetto. Quisquilie.
Discorso a parte per le due etichette in purezza, il Sangiovese e il Cabernet Franc, entrambi targati 2017.
Cominciando dal Sangiovese, noto una bella presenza iodata, di salamoia e acciughe, con profumi che richiamano le dune del mare e la brezza tipica del bolgherese. La marmellata di ciliegie è presente, ma non fiacca il sapore. Intrigante.
Il Cabernet Franc 2017 – sempre IGT Toscana – è semplicemente fantastico, fresco e maturo al contempo, ruota su piccoli frutti rossi di bosco, grafite e cannella. Trama tannica setosa che sorregge perfettamente le acidità.
Luca Matarazzo Giornalista- Sommelier AIS - Degustatore Ufficiale - Relatore corsi per la Campania.. Ha partecipato a numerosi concorsi enologici e seminari di approfondimento. Vincitore del Trofeo Montefalco Sagrantino edizione 2021 e del Master sull'Albana di Romagna 2022, Wine Consultant collabora attualmente con testate giornalistiche e blog importanti a livello nazionale.
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