Ivan Giuliani è un istrione nel mondo del vino. L’unico modo per calmarne l’animo eclettico irrefrenabile è andare con lui in vigna, a seguire ogni fase stagionale delle piante. Terenzuola nasce dalla ferrea volontà dello zio di Ivan nel seguire l’esempio di altri pionieri della zona, in primis Ottaviano Lambruschi, per produrre vino imbottigliato e non solo uva da vendere. Selezioni massali da vecchie vigne d’età compresa tra i 70 e gli 80 anni e prima annata in commercio datata 1993.
E poi tanto amore per il Vermentino, sia bianco che nero, due varietà totalmente diverse tra loro, ognuna ricca di intriganti sfaccettature da narrare. Tanti i cloni trovati in azienda, alcuni della Corsica piantati ancora dal nonno Luigi, che di ritorno da New York nel 1938 comprò il podere storico dedicato alla moglie Ernesta Terenzoni.
Territorio inclusivo con denominazioni d’origine piuttosto articolate, non sempre poste al centro dell’attenzione mediatica. Candia dei Colli Apuani, patria del Vermentino Nero; la Doc interregionale Colli di Luni, riconosciuta per vini minerali e longevi da Vermentino Bianco in purezza. Per finire, la Doc Cinque Terre nella Liguria di Levante, tutte incastonate in luoghi di rara bellezza, con terrazzamenti irti su pendenze impegnative e suoli tra i più vecchi della Penisola.
Varie stratificazioni derivanti dall’innalzamento dei fondali marini, tra i 70 e gli 80 milioni di anni d’età, che hanno compresso le cosiddette sabbie “liguridi” in rocce arenarie e tufi grigi. Da qui il termine fosso, utilizzato per uno dei cru di Terenzuola, dal significato non tanto di buca, quanto di frattura a mo’ di cono glaciale. Lavorare queste terre significa venire a patti proprio con la forza della natura, aspettando rese bassissime ed operando in maniera certosina sia in campo che nelle fermentazioni di vasca. Un piccolo errore compromette infatti i sacrifici di un anno intero: un vero atto di eroismo che solo in pochi sanno accettare.
Ivan Giuliani ha scommesso da sempre su prodotti di qualità e serbevolezza, giocando unicamente sulle differenze di esposizioni e altimetrie e sulla sosta in contenitori d’acciaio a contatto con le fecce fini. La giusta estrazione per conferire corpo e mordenza sia ai bianchi che ai rossi ed allungarne la profondità di sorso senza zavorre.
Il Vigne Basse 2024 è burroso, piacevole, un vero toscanaccio. Piccolo saldo di Albarola – presto in sostituzione con il raro Ruzzese – per accentuarne freschezza e golosità di beva. Vendemmia in tre passaggi per il Vermentino Fosso di Corsano 2024 da terreni scistosi, declinato su erbe mediterranee, pesca succosa, pera bianca e note saline frammiste ad elicriso.
L’etichetta anticipa una verticale strepitosa dono di Ivan ad eterna memoria del potenziale ancora inespresso di un vitigno diffuso e spesso non valorizzato come meriterebbe. La 2017 propende su nuance da cedro candito, mela cotogna e zucchero filato, con acidità vibrante. Eccellente la 2015 dalle sfumature indicate in precedenza, unite a frutta tropicale (mango), frutta secca e iodio marino. Per la 2013, disponibile ancora in azienda, si sfiora il massimo punteggio di 100 centesimi per complessità, avvolgenza e lunghezza finale tra agrumi gialli vividi, miele di millefiori e spezie dolci.
La selezione di Vermentino I Pini di Corsano 2023 spinge su note idrocarburiche, gelsomino e mela verde con chiusura balsamica. Infine, tra bianchi, il Permano 2023, dedicato al padre Ermano, provienente dagli appezzamenti coltivati a Candia, da Trebbiano, Vermentino e altre 12 varietà quasi introvabili. Un orange wine creato lasciando i grappoli interi in una sorta di infusione per estrarre quanta densità possibile.
Concludiamo il percorso, prima del pranzo tra amici, con i due assaggi dei rossi: il Vermentino Nero 2023 vinificato per un terzo in semi carbonica, un terzo ad acino intero e il resto in modo classico. La prima vendemmia è del 2002, quando quasi nessuno lo produceva. Le ricerche genetiche sembrano associarlo ad un incrocio spontaneo di Vermentino Bianco, Schiava e un biotipo di uva Rupestris, anche se il dibattito resta aperto. Sensazione di passiflora, mora selvatica, chiodi di garofano, timo e liquirizia. Pochi i tannini, morbidi e compatti.
Il Forma Alta 2017, da un vigneto prefillossera del 1887 – particella Tommasella – nebbioleggia nella verve boschiva al sapore di lampone, humus, sottobosco e persino fungo. Sorso da arancia sanguinella con trama antocianica palpabile e salmastra. Piccola percentuale dell’antica e rustica Massaretta ad accompagnare un elegantissimo Vermentino Nero.
Luca Matarazzo Giornalista- Sommelier AIS - Degustatore Ufficiale - Relatore corsi per la Campania.. Ha partecipato a numerosi concorsi enologici e seminari di approfondimento. Vincitore del Trofeo Montefalco Sagrantino edizione 2021 e del Master sull'Albana di Romagna 2022, Wine Consultant collabora attualmente con testate giornalistiche e blog importanti a livello nazionale.
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