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Ritorno da Terre Margaritelli per l’assaggio delle nuove annate e qualche spunto di riflessione sulla Denominazione Torgiano

Il ritorno a Torgiano, luogo rappresentativo del vino in Umbria, rappresenta una stretta al cuore di quelle che si ricorda con affetto. Durante i tempi della pandemia è stata una delle prime visite senza l’ansia di mascherine e strette di mano; adesso quei tempi sono per fortuna lontani, ma sono cambiate anche tante cose in Italia e all’estero per quanto concerne la produzione enologica.

Il mondo del vino soffre di una eccedenza di offerta per una crisi complessiva dei consumi non legata solo a comunicazioni sbagliate, ad attacchi palesi al settore o alla situazione geopolitica mondiale. Chi ne soffre sono sempre i territori con minor storia ed esperienza, quelli che avevano la propensione naturale al commercio extra confine nazionale e che adesso devono necessariamente ridiscutere gli obbiettivi e le scelte di mercato.

Torgiano, a pochi chilometri da Perugia e dal Lago Trasimeno, è sempre stata una roccaforte di quel genio scomparso di Giorgio Lungarotti. Di recente è venuta a mancare anche la vedova Maria Grazia che aveva creato nel piccolo borgo un importante polo culturale con il Museo del Vino e dell’Olio. Pochissimi i rappresentanti della viticoltura in questi luoghi: oltre alla citata cantina Lungarotti c’è da sempre anche Terre Margaritelli a dividersi con essa il compito non facile di azienda trainante dell’areale.

Della storia originale di Terre Margaritelli se ne è parlato in maniera esaustiva al seguente link. Circa 90 mila bottiglie prodotte ogni anno ed una tonnellerie acquistata in Borgogna per ricavare da essa i legni adatti ai contenitori di affinamento. Valida la conduzione agronomica ed enologica con Massimiliano Papini, Stefano Antognoni e Maurilio Chioccia, per campioni di beva che hanno fatto dell’eleganza a chilometro zero il proprio marchio di fabbrica, senza imitare stili e gusti commerciali privi di identità.

Stuzzicante il Greco di Renabianca 2023 da Grechetto in purezza clone Todi. Selezione in vigna dalle piante più vecchie, poi fermenta e matura in legno per concludere il percorso nella lunga sosta in vetro. Straordinario, poca palpabilità delle note boisée e bocca su agrumi canditi, ananas e spezie bianche dal carattere mediterraneo. Annata non facile, densa di ostacoli e dove la peronospora l’ha fatta da padrone, eppure chi è riuscito a salvare parte del raccolto ha avuto risultati molto interessanti lungo tutto lo Stivale.

Il Torgiano Rosso Riserva Docg Freccia degli Scacchi 2020 è caldo, floreale e appetitoso. Una traccia balsamica che contraddistingue qui il Sangiovese grosso, con spezie e scie finali salmastre di bell’impatto. Riposa 24 mesi in legni piccoli prima di passare in bottiglia. L’altra Riserva selezione speciale Pictoricius 2019 è dedicata a Bernardino di Betto, detto il Pinturicchio, grande protagonista del Rinascimento umbro. Piante di oltre 70 anni e agrumi succosi dall’inizio alla fine del sorso.

 

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Scritto da

Luca Matarazzo Giornalista- Sommelier AIS - Degustatore Ufficiale - Relatore corsi per la Campania.. Ha partecipato a numerosi concorsi enologici e seminari di approfondimento. Vincitore del Trofeo Montefalco Sagrantino edizione 2021 e del Master sull'Albana di Romagna 2022, Wine Consultant collabora attualmente con testate giornalistiche e blog importanti a livello nazionale.

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