I sardi forse non lo dicono a voce troppo alta ma vanno estremamente fieri del prezioso patrimonio di viti a piede franco, quelle che affondano in terra le proprie radici senza l’innesto su viti americane. Metodo che pretende un’attenta selezione dei ceppi più vigorosi e resistenti alle malattie. Perché per loro è un fatto di tradizione e di cultura, di un paesaggio tramandato di generazione in generazione, l’avere piante miracolate dalla fillossera e che restituiscono appieno un’identità unica nel calice.
Sui circa 27 mila ettari di superficie vitata (cioè il 4 per cento di quella nazionale) la Sardegna vanta più di 2 mila ettari classificati come “viticoltura eroica” in base ai parametri del Cervim. La maggior parte sono ubicati “in montagna”: nel Mandrolisai, in Barbagia e in Ogliastra. Ma circa 400 ettari di vigneti a piede franco si trovano nelle due isole minori meridionali di Sant’Antioco e San Pietro, poi a Porto Pino, nel basso Sulcis, e nei litorali di Badesi (a nord, sul golfo dell’Asinara).
Ora, grazie all’agenzia regionale Laore e al dipartimento di Agraria dell’Università degli Studi di Sassari, esiste una fotografia chiara. È stato infatti concluso lo studio sulla caratterizzazione e valorizzazione della viticoltura a piede franco nell’isola di Sant’Antioco. situata all’estremo sud ovest della Sardegna. Collegata alla terraferma da un istmo di terra e da un ponte, ospita i resti di Sulki, una delle più antiche città del Mediterraneo occidentale. Due i Comuni, Sant’Antioco e Calasetta, due cantine sociali fondate nella prima metà del Novecento e un gruppo di altri tenaci viticoltori che coltiva sulla sabbia marina. Ci sono anche le varietà a bacca bianca, ma è il Carignano il vitigno principe di questa zona, in grado di affrontare terreni aridi, calcarei e ricchi di minerali in un clima caldo e secco. E qui, sotto la spinta di Slow Food, è nata nel 2021 anche la “Comunità del Carignano a Piede Franco”.
Lo studio di Laore, sotto la guida di Renzo Peretto, e con il supporto dell’ateneo sassarese partì nel 2019, prima che il mondo quasi si fermasse per il Coronavirus. “Il lavoro, anche se rallentato a causa della pandemia, venne portato avanti per la caratterizzazione dei vigneti a piede franco con l’obiettivo di valorizzare la viticoltura eroica della Sardegna”, spiega a Vinodabere Luca Mercenaro, professore del dipartimento di Agraria ma anche vignaiolo nell’isola. “Nello studio – chiarisce – georeferenziamo tutte le vigne per aver informazioni quali anno, varietà e sistemi di conduzione e se è o meno a piede franco”.
L’indagine si è concentrata su Sant’Antioco ma non è finita qua, avverte il ricercatore: “Proseguiremo e avremo la possibilità di sapere con precisione quanto piede franco abbiamo in Sardegna”. Un impegno con risvolti positivi a livello decisionale: “Stiamo dando quegli strumenti che serviranno anche ad amministratori comunali, provinciali e regionali per mettere su azioni necessarie a programmare”.
L’assessore regionale dell’Agricoltura Gian Franco Satta aveva rassicurato: l’attenzione della Regione nei riguardi della viticoltura eroica è alta, specialmente se si punta allo sviluppo di zone più marginali. Alla presentazione dello studio aveva dichiarato: “Sviluppare e mantenere settori così importanti, radicati nelle nostre tradizioni, consente di contrastare lo spopolamento, salvaguardare l’ambiente e valorizzare la nostra identità”.
Per questa ragione si è pensato di curare anche il bando per i finanziamenti ai produttori vitivinicoli. “Per evitare, poi, che questo patrimonio si disperda, considerata la piccola estensione di queste superfici vitate – le parole dell’assessore Satta – , nell’ultimo bando Ocm per la ristrutturazione e riconversione dei vigneti, finanziato con 4,5 milioni di euro, abbiamo previsto di abbassare la soglia di accesso alla misura a 0,2 ettari per i beneficiari che intendono ristrutturare vigneti situati in territori con pendenza superiore al 30% o con altitudine media di 500 metri o terrazzati o che siano localizzati nelle isole minori”. E conclude: “Oggi più che mai, per la viticoltura a piede franco, ci sono ottime potenzialità di sviluppo, anche turistico, legate al percorso che si sta portando avanti a livello europeo per il riconoscimento come patrimonio dell’Unesco”.

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