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Non solo naturali e biodinamici. I “vini di Luce” di Giorgio Mercandelli

“Ciò che beviamo è il gusto della Luce imprigionata nel frutto, la stessa che agisce sul mondo fin dall’origine del tempo”. Con queste parole facciamo la conoscenza di Giorgio Mercandelli, vignaiolo dell’Oltrepò Pavese dal pensiero complesso e intriso di purezza, protagonista dell’evento “Biotica e Alchimia” organizzato da “Porthos” in Roma. Purezza riscontrata in ogni vino che abbiamo assaggiato, seguendo un percorso che si è rivelato non una degustazione, bensì una vera e propria esperienza emotiva che attraverso i sensi giunge all’anima.
Così ha avuto inizio la nostra serata. Cinque vini. Tre rossi e due bianchi versati nei calici alla cieca, attraversati dalla luce naturale di una candela posta sul tavolo ed allietati da una dolce musica in sottofondo. In tale ambience trascorrono minuti e minuti nel silenzio della sala, necessari per consentire ai vini di esprimersi liberamente e stabilire un contatto con l’assaggiatore. Tutto questo per scoprire come un vino possa riuscire a superare il senso della varietà, del territorio e delle mode per divenire fonte di piacere, salute ed ispirazione.

Ambience in sala

Notiamo che Giorgio neanche sorseggia i suoi vini. Il motivo? “Se bevo il mio vino ritorno indietro come se vivessi in un film! Per cui se lo faccio, devo farlo da solo! Lo trovo un viaggio dentro me stesso che ha del misterioso. Infatti bevo tutti i vini senza nessun genere di problemi ma, quando devo bere un prodotto di questi, è come se dovesse ricordarmi chi sono. Quindi è meglio farlo da solo. Più che un rapporto intimo … mi impegna mentalmente, è come se io mi scrutassi!

Notiamo in tali parole l’elevata sensibilità di Giorgio. Siamo dinnanzi ad una persona che, dopo aver vissuto esperienze di vita e professionali che hanno lasciato il segno, ha deciso di separarsi da ogni convenzione e di vivere ricercando il vero scopo della vita tramite una rivoluzione del gusto ed un contatto primigenio con la natura.

Sonia Pasquale e Giorgio Mercandelli ed il loro vino “I”

Quel contatto, Giorgio Mercandelli, insieme alla sua compagna Sonia Pasquale, l’ha instaurato a Canneto Pavese nel cuore dell’Oltrepò Pavese. Circa 10 ettari di vigne, in gran parte ultracentenarie, alcune delle quali recuperate da vigneti dimenticati dall’uomo, ma non dalla natura che le ha inglobate e celate per anni. Giorgio le alleva con estrema naturalezza, rispettando lo stato di biodiversità creatosi, riuscendo ad instaurare con esse un rapporto simbiotico. “Il vigneto non sa come sto io, sa chi sono io…” e preserva il suo benessere in base al proprio stato d’animo, ci racconta, quasi a suggellare un legame tra loro indissolubile. Ecco perché Giorgio non ricorre ad alcuna pratica di potatura delle piante. “Non pratico più la potatura perché mi sono accorto che quando poto le mie piante, poi mi riconoscono e si ammalano. E’ come dovessi fare un gesto sgarbato o violento verso un bimbo, questo ragazzo si ricorderà di me per sempre. E’ la stessa identica cosa!”
Dopo aver sperimentato nell’azienda del padre il regime biologico ed aver adottato quanto previsto dai dettami dell’agricoltura biodinamica, Giorgio ha trovato la sua dimensione ideale nella filosofia biotica, diventando un interprete dell’uva e della memoria che conserva nei suoi acini. Il suo unico intento è quello di portare alla luce le bellezze della natura, rendendo visibile l’invisibile. “È così che dalla luce si giunge al vino”.

Nei calici i vini “A”,  ” I”,  “U” anno 2007

Appare ovvio, pertanto, che il suo approccio in vigna ed in cantina è totalmente estraneo alle logiche convenzionali. Nessun solfito, antiossidante, lievito, chiarificante. Nessuna diraspatura, filtrazione, stabilizzazione. Pigiatura con i piedi. Analisi chimiche solo dopo che il vino è stato imbottigliato. E nonostante tutto i suoi vini, che attendono sette anni prima di essere commercializzati, armoniosi e pieni, forse non tecnicamente perfetti, sono lì ad avvolgerti con la loro morbidezza e a sorprenderti con la loro persistenza. Vini che anche a bottiglia aperta restano lì ad aspettarti per giorni, mesi e oltre, conservando sempre la stessa purezza ed armonia. Tutto ciò è possibile, spiega Giorgio, tramite quello che lui stesso definisce un processo alchemico. “La vinificazione alchemica dissolve la materia del frutto per trasferire la memoria liquida della pianta in una nuova sostanza che diventa vino dopo anni di affinamento in bottiglia”.
Ci stupisce come tale principio stravolga interamente il concetto di vocazione territoriale: “Un uomo può creare sulla Terra ciò che riesce ad amare col cuore. Non esiste una varietà e un territorio migliore al mondo di un altro perché in natura non esistono ingiustizie; varietà e territorio servono solo a preservare l’armonia della natura nella purezza dei frutti. Ognuno di noi può esprimersi in maniera universale e, più raggiunge questo rapporto universale col mondo, più il proprio cuore può abbracciare quel mondo mentale in cui noi viviamo la realtà di tutti i giorni.
A, E, I, O, U ! Una vocale, a rappresentare l’origine del linguaggio e della vita, è il nome scelto per i vini emozionali assaggiati. “Ogni vocale, ogni espressione di suono è il ricordo di un vigneto che per me è un organismo cosciente e sensibile” ci ricorda Giorgio. Tutti vini della stessa annata, la 2007. In chiusura di serata ci viene offerto anche un ulteriore assaggio: due etichette bianche del 2012, già ritenute pronte per essere vissute. Solo per cronaca ricordiamo che le viti allevate da Giorgio sono: Barbera, Croatina, Uva Rara e Riesling.

Batteria di vini in degustazione, 2007:  “A”, “E”, “I” , “O”, “U” e due etichette bianche 2012

Appare superfluo e fuorviante tentare una analisi sensoriale di questi vini. Incontrare queste etichette è un po’ come vivere un’esperienza introspettiva che conduce alla riscoperta delle nostre stesse origini. Sono interpretazioni che illuminano il gusto. Vini che conducono il pensiero fino alle origini del mondo dove non ci sono varietà e territori, ma natura e uomo senza compromessi e senza inganni.
Tutto quello che il vigneto conserva dentro di sé è esattamente una musica del gusto che risuona in ognuno di noi per ciò che è il nostro accordo col mondo. Il vino ha solo lo scopo di ricordarci chi siamo.

Salvatore del Vasto e Sabrina Signoretti

“Il vino è uno dei maggiori segni di civiltà nel mondo.” In queste parole la condivisione di una nostra passione e la voglia di comunicarla. Salvatore Del Vasto, laureato in Giurisprudenza e da sempre appassionato di vino, diventa prima sommelier, poi frequenta il Bibenda Executive Wine Master di Fis e poi consegue il diploma di Master presso l’Università di Tor Vergata in “Cultura dell’alimentazione e delle tradizioni enogastronomiche”. Sabrina Signoretti, laureata in Scienze Politiche, coltiva la sua passione diventando sommelier del vino, assaggiatrice di oli di oliva vergini ed extra vergini e sommelier dell’olio extravergine di oliva dell’AISO. Una delle qualità nascoste, la spiccata attitudine per la fotografia.

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