Tarda primavera 1984. Francesco Moser sta lottando con Laurent Fignon sulle strade del Giro d’Italia, che alla fine vincerà a Verona (unica “rosa” in carriera per il ciclista trentino). Proprio nei giorni più duri, quelli dei tapponi dolomitici, nasce il figlio secondogenito Carlo.
Foto proveniente dalla pagina Facebook di Francesco Moser
Oggi, 33 anni dopo, incontriamo Carlo a Roma, da Baccano, per assaggiare le bollicine prodotte con il metodo classico nell’azienda di famiglia, di cui è amministratore. In questo caso “azienda di famiglia” non è un modo di dire: la sorella di Carlo, Francesca, si occupa di comunicazione, il cugino Matteo è l’enologo da un decennio, dopo una collaborazione con Paolo Tiefenthaler. E poi c’è il campione e la sua anima contadina (“papà sta più volentieri sul trattore che in cantina…”).
Il centro operativo della cantina Moser è nel cuore del Trentino, nell’antica dimora vescovile Maso Villa Warth, a circa 350 metri, dove si trova anche una parte dei vigneti; il resto della materia prima viene ricavato dalle colline di Lavis, un po’ più in basso, e dai terrazzamenti della Val di Cembra (500-650 metri). Sedici ettari da cui nascono circa 120 mila bottiglie, metà delle quali di Trento DOC.
La prima bottiglia di metodo classico, guarda caso, venne prodotta proprio in quel 1984 ricco di soddisfazioni: a marzo c’era stato il trionfo di Sanremo e a gennaio il record dell’ora a Città del Messico: 51,151 km. E 51,151 Brut è il nome finito sull’etichetta del capofila dei Trento DOC di casa Moser, tirato ormai in 50 mila pezzi all’anno. 100% Chardonnay, viene fatto fermentare e affinare in acciaio (un 10% va in botte) fino al momento del tiraggio: in bottiglia resta sui lieviti per 30 mesi prima della sboccatura. Dosaggio basso (5-5,5 grammi di zucchero per litro), è di fatto un Extra Brut. “E nelle ultime annate – dice Carlo – è frutto di una singola vendemmia, anche se abbiamo scelto di non dichiarare il millesimo”.
I Trento DOC di Moser
Il bicchiere ha profumi eleganti: erbe aromatiche, gesso, nocciola, fiori bianchi. La bollicina è gentile ma non timida, il sorso ha bella mineralità e sapidità, si coglie un frutto dolce di pesca, è croccante e persistente. Ottimo come aperitivo, noi lo abbiamo provato con gustose alici fritte e le ha “rette” benissimo.
Si cambia colore e, com’è perfino ovvio parlando di Moser, si passa al rosa: il Rosé Extra Brut 2013 è 100% Pinot Nero di 30 anni proveniente dai filari di un’unica vigna al Maso Warth. Cinquemila bottiglie, è al terzo anno di produzione. Solo acciaio prima dell’imbottigliamento, poi 40 mesi sui lieviti. “Abbiamo scelto di fare un Extra Brut e comunque di tenere bassi i dosaggi – racconta Carlo – per il semplice motivo che abbiamo ottimi vini base e non vogliamo coprirli con troppo zucchero o con liquori. Nella nostra liquer mettiamo solo vino, mentre tradizionalmente in zona si usava la grappa. E qualcuno lo fa ancora”.
Il Pinot Nero intanto sta diffondendo delicati profumi di mela e frutti di bosco, erbe aromatiche e biscotti appena sfornati. Vino sapido e gastronomico come e più del precedente, di bell’equilibrio gustativo, si sposa bene con i classici fiori di zucca in pastella che abbiamo nel piatto. E in persistenza si affacciano note balsamiche (menta) e speziate.
Ultimo arrivato, quella che oggi è la bollicina aziendale “di punta”: il Brut Nature 2011. È un Blanc de Blancs frutto di impianti di 35-40 anni di Chardonnay piantati in prevalenza in Val di Cembra (e quindi a quote altimetriche più alte), su terreni di argilla, calcare e roccia porfirica. Resta sui lieviti per cinque anni ed esce quest’anno in seimila esemplari; c’è in programma anche una Riserva.
Qui il profilo più minerale è netto fin dal naso, la frutta lascia il posto a gesso, sasso di fiume, radici fresche, fiori essiccati. In bocca è “vino”, serio e impettito, molto riconoscibile come Chardonnay, ricco e cremoso, con la giusta acidità che ripulisce il palato e invoglia a un nuovo sorso; la chiusura è più sul frutto, agrumato, quasi tropicale. Supera in scioltezza l’impervia prova della carbonara (quest’ultima in una versione riveduta e corretta).
Prima di salutarci Carlo ci svela che i vini di Moser piacciono anche al grande rivale di papà, Saronni (“ormai è un nostro cliente, è venuto anche in cantina”) e ci fa provare un vino fermo, prodotto con il marchio “Maso Warth”: è il Moscato Giallo 2016, che con i suoi netti sentori aromatici propri della varietà e il suo sapore di frutta dolce matura, inserito nel consueto contesto di sapidità e freschezza tipico della casa, vedremmo bene come aperitivo o in abbinamento a un bel crudo di pesce.
Nato nel Luglio del 1969, formazione classica, astemio fino a 14 anni. Giornalista professionista dal 2001. Cronista e poi addetto stampa nei meandri dei palazzi del potere romano, non ha ancora trovato la scritta EXIT. Nel frattempo s’innamora di vini e cibi, ma solo quelli buoni. Scrive qua e là su internet, ha degustato per le guide Vini Buoni d’Italia edita dal Touring Club, Slow Wine edita da Slow Food, I Vini d’Italia dell’Espresso, fa parte dal 2018 della giuria del concorso Grenaches du Monde. Sogna spesso di vivere in Langa (o in Toscana) per essere più vicino agli “oggetti” dei suoi desideri. Ma soprattutto, prima o poi, tornerà in Francia e ci resterà parecchi mesi…
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