Assaggiare i vini di un’azienda di Castiglione Falletto presso il ristorante Achilli al Parlamento a Roma in una torrida serata di fine luglio, potrebbe essere un sacrificio, ma sapendo che l’azienda in questione è Livia Fontana e che a far gli onori di casa troviamo proprio colei ne ha dato il nome, allora le aspettative cambiano completamente.
Livia è una donna intraprendente che ha voluto sin dall’inizio della sua avventura andare alla ricerca di nuovi orizzonti senza mai perdere di vista la realtà. Caratteristica questa che le ha permesso di trasformare un’azienda inizialmente vocata all’agricoltura in una cantina di livello e fare della famiglia e delle competenze di ogni suo membro il potente motore per raggiungere ambiziosi traguardi.
Ci accorgiamo dell’attenzione che presta al suo lavoro già dalla temperatura di servizio dei vini propostici (si è presentata a tal fine 2 ore prima al ristorante) che potremmo definire perfetta e che ci ha dato la possibilità di darne una precisa valutazione.
Ma diamo innanzitutto qualche notizia storica dell’azienda tanto per avere un idea di chi stiamo parlando.
Parliamo di un azienda nata agli inizi del 1900, anche se nel luogo dove risiede da sempre si produceva vino già dal 1600, inizialmente incentrata sull’agricoltura dove non mancava la passione per la vigna e il vino, tanto che il nonno di Livia alla fine degli anni 50 fu tra i primi ad imbottigliarlo insieme alla storica famiglia langarola Vietti (di cui vi abbiamo parlato in un precedente articolo – link).
Al nonno di Livia succedette il papà Ettore, che forte della sua predisposizione alla vendita, indirizzò l’azienda sempre più verso la viticoltura, tanto da far divenire gran parte delle ricche famiglie di Torino e i seminari ivi ubicati i più importanti consumatori dei vini Fontana.
Ma la vera svolta la si ebbe con Livia, figlia unica che, dopo essersi sposata giovane e dato alla luce due figli maschi, si dedicò interamente allo sviluppo dell’azienda portandola ad un abbandono totale dell’attività agricola tanto che dove c’erano i noccioleti furono impiantate vigne, e per comprendere quanto coraggio vi fosse in questa scelta ricordiamo che era il periodo della crescita della famosissima azienda Ferrero.
Da sempre spalleggiata dal papà Ettore in tutte le scelte fa nascere nel 1995 il primo assemblaggio di uve delle Langhe, un vino costituito da Barbera e Nebbiolo con affinamento in barrique, ancor oggi prodotto ma destinato quasi esclusivamente al mercato svizzero.
Fu con l’entrata in pianta stabile in azienda dei figli Michele e Lorenzo che si ha un ulteriore assestamento. Innanzitutto si stabilisce in via definitiva il marchio aziendale, e di comune accordo si utilizza il nome della mamma. Poi si definiscono i ruoli di ogni singolo membro della famiglia, Michele si occupa della cantina, Lorenzo della parte commerciale insieme alla mamma.
Nel 2015 Michele, dopo un tirocinio insieme all’enologo aziendale, Donato Lanati, prende il completo controllo della gestione di vigne e cantina, vigneti che contano 10 ettari a Castiglione Falletto oltre alcune vigne in gestione a Roero.
Si è cercato di puntare tutto sulla bevibilità ed eleganza, ma strizzando sempre l’occhio al territorio da cui si proviene.
Nel parlare dei nostri assaggi vogliamo spendere due parole sui piatti che sono stati proposti dallo chef del ristorante, Pierluigi Gallo, che hanno reso la nostra degustazione un momento veramente speciale.
Iniziamo con:
Roero Arneis 2023: da vinificazione in acciaio nasce un vino che si propone con sentori vegetali a cui si uniscono ricordi minerali che fanno da preludio ad un sorso avvolgente, sapido, complesso e di grande equilibrio. Lungo il finale su toni di erbe officinali.
Ci è stato proposto in abbinamento uno scampo che ha trovato l’ideale connubio con la freschezza e sapidità del vino.
Barbera d’Alba Superiore 2021: da affinamento in botti grandi per almeno 20 mesi, si presenta con note ematiche e di frutti rossi insieme a freschezza, sapidità e una buona struttura. Mostra tratti di gioventù, ma di buona prospettiva.
Convincente l’abbinamento con un risotto che vedeva al centro una crema con parmigiano di vacche rosse e sui bordi un sugo di vaccinara.
Barolo Fontanin 2020 (appena 6.500 bottiglie prodotte annualmente): struttura e sapidità sono in evidenza insieme ad un sorso succoso e persistente che chiude su sensazioni di frutti rossi e spezie.
Barolo Villero 2020: Un piccolo capolavoro, che affina in botte grande per circa 40 mesi, nonostante la giovane età con riferimento alla tipologia del vino. Carattere e personalità si uniscono ad eleganza, avvolgenza e sapidità. Di grande armonia, chiude su sensazioni floreali e di frutti rossi.
La scelta di abbinamento è caduta su del manzo con contorno di pomodoro giallo, un piatto che ha saputo accompagnare alla perfezione le due etichette di Barolo.
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