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Latinia 2015 di Cantina Santadi: il mio primo articolo per il mio primo passito sardo

Qualche giorno fa, finita la mia lezione di canto, mio padre è tornato a casa con una piccola busta bianca. Incuriosito, sono andato a guardare, sperando che si trattasse di un pezzo di pizza rossa o qualche altro cibo che sa che mi piace. Invece  mi è andata anche meglio, visto che all’interno della busta c’era una scatola di vino molto piccola con scritto “Cantina Santadi, Latinia 2015, vino da uve stramature” (n.d.r.: vino che è anche nella Guida ai Migliori Vini della Sardegna 2021 realizzata da Vinodabere: link)

Si tratta di un vino ottenuto principalmente dalla varietà autoctona Nasco con una vendemmia tardiva che si svolge a più riprese raccogliendo via via quei grappoli che raggiungono il giusto livello di surmaturazione. La fermentazione avviene in acciaio. Segue affinamento di alcuni mesi in barrique di terzo passaggio.

Ora, da ragazzo di 18 anni quale sono ho molte incertezze, ma se c’è una cosa di cui sono certo è che ho un forte debole per i passiti, quindi tempo 20 minuti e quel bel vino dal colore ambra è passato dalla bottiglia al calice.
Prima di assaggiarlo (e berlo con discreta ingordigia) però, mi sono informato su dove si trovasse la cantina di Santadi, e devo ammettere che un passito sardo fino a quel momento, non lo avevo mai assaggiato. Scoprire poi che il terreno di coltivazione della vigna fosse sabbioso ha contribuito ad aumentare il fascino che già provavo per quel vino senza averlo ancora provato.
Poi la degustazione è iniziata.
Ho preso il calice, l’ho portato al naso e subito il profumo mi ha inondato. Ho potuto riconoscere distintamente ogni profumo nella propria pienezza: la frutta secca, l’arancia…ma il sentore del miele è stato quello che mi ha particolarmente colpito.
L’estasiante connubio di profumi ha creato delle grandi aspettative sulla gustativa. Fortunatamente il sapore del vino si è rivelato perfettamente coerente con le sensazioni olfattive, rilasciando una dolcezza non stucchevole né esagerata,  ed evidenziando una ottima durata e lunghezza del sorso. Io poi, personalmente, consapevole di essere ancora all’inizio della mia carriera da degustatore, e sentendoci anche un po’ di dattero, per conferma, ho prima preso un sorso di passito, poi sono andato in cucina, ho preso un dattero e ho controllato se i sapori corrispondessero (e corrispondevano).
In conclusione siamo in presenza di un vino veramente intrigante e convincente, lo consiglio e lo riberrei senza dubbio (cosa che infatti faccio ogni tanto, finchè non la bottiglia non sarà finita).

La Redazione di Vinodabere suggerisce in abbinamento un formaggio erborinato o stagionato.

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18 anni appena compiuti, fresco di maturità. Dopo tanti anni di teatro tra i quali tre anni di Accademia al Teatro Sistina, spettacoli e qualche musical al quale ho avuto l’onore di partecipare, continuo a cantare, recitare, ballare e doppiare, ma il richiamo del calice, complice la chiusura dei teatri in periodo di pandemia, ha preso il sopravvento. Nel bicchiere ci metto il naso da tempo, ma è solo da poco che ho iniziato a provare e soprattutto studiare. Passato il Wset2 con merito, in procinto di iniziare il Wset3 e neo-matricola al corso di enologia a Firenze, ho preso coscienza del fatto che per capirlo, il vino, va studiato, ma soprattutto "frequentato"...

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