Una disputa è nata tra Il Comitato Gianduiotto di Torino e la multinazionale Lindt sulla certificazione degli ingredienti del famosissimo cioccolatino di forma triangolare torinese: il Gianduiotto.
È dal 2018 che è in atto la domanda di certificazione europea per il riconoscimento Igp di questo particolare cioccolato, forte di una produzione che genera un fatturato di circa 200 milioni di euro l’anno e caratterizza fortemente un territorio e la sua l’economia, ma che oggi trova forti contrasti sul disciplinare da adottare in merito agli ingredienti.
Un progetto nato nel 2017 con il sostegno di quattro facoltà universitarie, di aziende come Ferrero, Venchi, Domori, Pastiglie Leone e di cioccolatieri come Guido Gobino, Guido Castagna, Giorgio e Bruna Peyrano.
Da una parte i cioccolatieri torinesi, rappresentati dal segretario del consorzio, l’avvocato Antonio Borra, dall’altra la multinazionale svizzera Lindl , che forte dell’acquisizione nel 1997 di uno dei marchi storici della cioccolateria piemontese, la Caffarel, ritiene di poter dire la sua a tal riguardo.
Infatti la Lindt rivendica che lo storico cioccolatino è stato inventato nel 1865 proprio dalla Caffarel, per cui essendone oggi la proprietaria, ha diritto a dire la sua nella composizione con riferimento al disciplinare per ottenerne la certificazione.
Ed proprio su questo che nasce lo scontro tra le due parti, infatti il Comitato ribadisce che storicamente il Gianduiotto contenesse solo tre ingredienti : nocciola tonda gentile Igp del Piemonte, massa di cacao e zucchero; percentuale di nocciola tra il 30 % e il 45% e che questi devono esserne gli unici componenti.
Dal canto suo la Lindt chiede di inserire nel disciplinare il latte (intero o in polvere), ossia un ingrediente fondamentale nella ricetta dei suoi gianduiotti a marchio Caffarel e di portare la percentuale di nocciola al 26% (oggi nel suo prodotto è al 28%).
A sostegno della sua tesi il Comitato ribadisce che è vero che quel cioccolatino è stato creato “Caffarel & Prochet” nel 1865, quando, durante la festa di Carnevale, Caffarel, attraverso la maschera di Gianduja, lo regalò alla folla assiepata sotto il suo carro con una nuova forma tanto che da allora il “givo” (che in piemontese significa “mozzicone di sigaro“), il nome fino ad allora usato, cambiò dicitura e divenne «Gianduiotto» e la pasta di cioccolato e nocciole che lo componeva, prese il nome di «Gianduia».
Si contesta che la ricetta del “cioccolato con le nocciole” (gianduia) è però nata nel 1814 quando con l’influenza francese si decise di sopperire alla mancanza di cacao con un prodotto tipico del posto, la nocciola.
Se a questo si somma che il cioccolato al latte (l’elemento della diatriba) nasce in Svizzera solo dopo la creazione del gianduiotto, da parte di Caffarel, (è stato infatti creato da François-Louis Callier nel 1875, dopo la nascita del gianduiotto) si comprendono le forti motivazioni da parte dei torinesi.
Il Comitato contesta anche, alla Lindt, che il sito storico della Caffarel è stato da sempre nel territorio di Torino con sede dal 1968 a Luserna San Giovanni, il paese natio del fondatore dell’azienda, Pier Paul Caffarel, e oggi vi è rimasto solo l’ufficio export, mentre tutto il resto, compresa la produzione, è migrato nel milanese e questo è in contrasto con la “consuetudine” che vuole il gianduiotto di Torino IGP essere prodotto nel territorio di Torino.
Come finirà? Per ora è ancora tutto incerto, il Comitato ha intanto chiesto l’aiuto della politica, del presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio e dell’assessore al commercio del Comune di Torino Paolo Chiavarino, che hanno dato la loro disponibilità a sostenerli in questa battaglia.
Ma riteniamo che la “guerra del gianduiotto” sia appena cominciata e ci riserverà in futuro tante sorprese.
Ha fondato Vinodabere nel 2014. Laureato in Economia e Commercio specializzazione mercati finanziari, si è dedicato negli ultimi dieci anni anima e corpo al mondo del vino. Vanta diverse esperienze nell'ambito enologico quali la collaborazione con la guida "I vini d'Italia" de l'Espresso (edizioni 2017 e 2018), e la collaborazione con la guida Slow Wine (edizioni 2015 e 2016). Assaggiatore internazionale di caffè ha partecipato a diversi corsi di analisi sensoriale del miele. Aver collaborato nella pasticceria di famiglia per un lunghissimo periodo gli garantisce una notevole professionalità in questo ambito.
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