L’avvincente viaggio nella costa d’Amalfi del vino continua, senza alcuna esitazione, alla ricerca di storie e tradizioni dal sapore antico da raccontare e di nuovi paesaggi da scoprire.
Così, lasciate le Vigne di Raito (link), Tenuta San Francesco (link) e Luigi Reale (link) ci spostiamo solo di qualche chilometro, restando sempre a Tramonti, sui Monti Lattari.
Arriviamo nell’azienda di Giuseppe Apicella che può essere considerato un po’ il pioniere, il precursore, colui che per primo ha creduto nelle potenzialità espressive di questa porzione di territorio.
Ad accoglierci al nostro arrivo Prisco Apicella, enologo formatosi alla scuola piemontese, che ci proietta sin da subito nella storia della sua azienda.
La famiglia Apicella è da generazioni impegnata nell’allevamento della vite poichè a Tramonti ogni famiglia aveva la sua piccola vigna anche se il vino prodotto, fino ai primi anni ’70, era per lo più destinato ad un consumo familiare e locale. Per venderlo bisognava andare oltre la costa d’Amalfi e trasportarlo non era certo semplice. A Giuseppe, però, quel ruolo andava stretto e così decise di imbottigliare il vino che produceva.
Corre l’anno 1977 quando viene commercializzata la prima annata con l’etichetta di famiglia, circa 3000 bottiglie di vino rosso Tramonti.
Per Giuseppe, che aveva avuto un’esperienza lavorativa nell’alto Piemonte e acquisito confidenza con i vini locali, sembrava quasi scontato che anche il suo vino dovesse essere imbottigliato rappresentando in etichetta il territorio da cui proveniva. Così, utilizzando le diverse varietà di uve presenti in vigna, le accomunò sotto un’unica etichetta: «Tramonti», molto prima che quel territorio ottenesse il riconoscimento di una propria denominazione. L’azione che destò ovviamente molto «clamore», tenuto conto dell’impianto normativo di settore dell’epoca, rappresentò, tuttavia, lo spunto per l’avvio di quel riconoscimento giuridico territoriale avvenuto solo dopo molti anni.
Fatto sta che da quel lontano 1977, tutta l’attività della famiglia Apicella è stata incentrata sullo studio del territorio e dei varietali, lottando contro le pendenze delle colline per «scippare» quanta più porzione di terra da destinare alla vigna.
Attualmente i vigneti, a piede franco, insistono su circa 7 ettari di terrazzamenti collocati ad un’altitudine compresa tra i 280 e i 580 metri sul livello del mare, prevalentemente esposte a mezzogiorno, su terreni costituiti da tufo e materiali detritici ubicati nelle frazioni Polvica, Pietre, Campinola e Capitignano dove si trova la cantina. I 17 appezzamenti diversi e le proibitive pendenze non rendono di certo agevole la vendemmia ed il lavoro in vigna durante l’anno.
Passeggiando con Prisco in una strada adiacente la cantina arriviamo a quello che potremmo definire il fiore all’occhiello aziendale, il loro «cru» per dirla alla francese, ovvero la vigna della «scippata» da cui prende origine il loro vino di riferimento.
La storia di tale vigna risale al 1930 quando il trisavolo di Prisco, anch’egli Giuseppe Apicella, – non sorprende la trasmissione del nome come da tradizione campana – acquistò questa porzione di terreno sulla quale all’epoca insisteva un vero e proprio bosco con alberi di castagno ed iniziò a riconventirlo, «scippando» la parte di terra su cui vennero impiantate le viti per «talea».
Oggi dopo 90 anni, Apicella raccoglie ancora le stesse uve che raccoglieva il suo avo. Per una tradizione del luogo, ma soprattutto per una spiccata sapienza contadina, la geometria della vigna rasenta la perfezione. Il rapporto tra le piante di tintore e quelle di piedirosso è pari 5 a 1 (80% tintore 20% piedirosso), tutte allevate col sistema della pergola tramontina (raggiera atipica) suddivise in circa 18 «piazzole» – come le definisce Prisco – che salgono verso l’alto.
Ancora oggi la vigna viene propagata col sistema della «calatora» (propaggine) grazie alla presenza di un terreno vulcanico ricco di sabbie, frammenti piroclastici (ceneri e pomici), tufo e uno scheletro molto importante che assolve al drenaggio dell’acqua. Questo genera una sorta di vigneto perpetuo e dalle medesime caratteristiche genetiche. Sotto lo scheletro poi domina la roccia calcareo dolomitica che si accentua sempre più man mano che si sale su per la collina.
Chiediamo qualcosa di più a Prisco su quelle bellissime piante di tintore che dominano in questa vigna in tutta la loro imponenza e sulla convivenza con le altre varietà. «Il tintore ha tanti pregi, ma nasce da un difetto originario, ovvero quello di avere un fiore femminile. Il tintore è un vino maschio, ma in realtà è femmina. Non riesce ad autoimpollinarsi. Per questo mettiamo sempre del piedirosso e del tintore insieme quando andiamo a piantare perché altrimenti non faremmo produzione».
Dalle parole di Prisco ciò che traspare è che in questo territorio sembra che il tempo si sia fermato. Il concetto di viticoltura, per nulla intaccato dal flagello della fillossera, è rimasto del tutto inalterato nei secoli e sostanzialmente riconducibile a quello dei primi insediamenti che popolarono la Costa d’Amalfi. Una viticoltura risalente a duemila anni fa.
Dalla vigna della «scippata» alla cantina il rientro è rapido. Effettivamente siamo ora ancora più incuriositi di assaggiare il frutto di tanto sapere e di antiche tradizioni. E non è un caso che qui ci raggiunge anche papà Giuseppe.
Queste le nostre impressioni gustative.
Costa d’Amalfi Tramonti Bianco Doc 2019 e 2018
Ottenuto da uve Falanghina per il 60% e Biancolella per il 40%, raccolte manualmente, provenienti dai vigneti nelle località Polvica, Capitignano, Cesarano e Corsano, regala al naso profumi dai toni floreali e fruttati (polpa bianca), con note più dolci per la 2018 (miele di acacia) e più agrumate per la 2019. Il sorso è vigoroso, caratterizzato per la 2018 da un’intrigante progressione gustativa con freschezza e sapidità in evidenza ed una chiusura su note più morbide mentre per la 2019 da una più spiccata verticalità giocata sulla freschezza che invoglia al riassaggio.
Costa d’Amalfi Tramonti Bianco Colle Santa Marina Doc 2018
Falanghina 40% e Biancolella 20%, Ginestra e Pepella 40%, uve provenienti dal Colle Santa Marina in frazione Capitignano.
Grande complessità olfattiva. Ginestra, maggiorana, caramella d’orzo, albicocca disidratata, miele e accenni di idrocarburo anticipano un sorso elegante, ricco, avvolgente, connotato da intensa sapidità e sostenuto da vibrante freschezza. Davvero lunga la persistenza dai richiami minerali e dai ritorni salmastri.
Colli di Salerno Piedirosso Igt 2019
Piedirosso in purezza affinato in cemento. Frutta rossa, melagrana, erbe aromatiche si muovono in una cornice di intensa speziatura (pepe rosa) e richiami balsamici. In bocca è succoso, esuberante, fresco e piacevolmente invitante. Chiusura pulita con rimandi a piccoli frutti rossi.
Costa d’Amalfi Tramonti Rosso Doc 2017 (Tintore di Tramonti 40%, Aglianico 40% e Piedirosso 20%). Dai vitigni a piede franco prefillossera allevati a pergolato tramontino, impiantati tra i decenni 1930 e 1960, affina in legno grande per almeno altri 20 mesi.
Accenni di sottobosco, ciliegia, prugna, more sotto spirito e poi eucalipto e note speziate, caratterizzano un naso dalla seducente complessità. Sorso fresco, polposo, dai tannini fitti e ben integrati. Ricco il finale su chiusura sapida.
Costa d’Amalfi Tramonti Rosso A’ Scippata Riserva 2016 Doc
Tintore di Tramonti 80% e Piedirosso 20%. È l’orgoglio degli Apicella, ottenuto da uve selezionate e quattro anni d’invecchiamento, di cui tre in botti in rovere di Slavonia e rovere francese. Conquista al naso con note di marasca, mirtilli, more, accenni speziati (pepe), balsamici e richiami minerali. Sorso pienamente strutturato, caldo, connotato da grande freschezza e da una trama tannica fitta ma mai esuberante. Lungo e piacevole il finale. È il tintore di Tramonti, dalle grandi potenzialità di invecchiamento. Da riprovare tra qualche anno per apprezzarne l’evoluzione. Seducente.
Azienda Agricola Giuseppe Apicella
Via Castello S.Maria, 1 Frazione Capitignano
84010 Tramonti (SA)
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