Cosa c’è da scoprire nella penisola del Sinis, in Sardegna, a parte una costa ricca di testimonianze archeologiche, imponenti falesie, oasi marine percorse dai delfini, pescose zone umide ed eccellenze della tavola come bottarga, riso e Vernaccia?
Prima edizione per la “Festa dell’Olio 2025”, a Riola Sardo, centro agricolo dell’Oristanese a poca distanza dal mare. Nella due giorni promossa dall’Amministrazione comunale – con il sostegno del Gal Sinis, la collaborazione di Ati Olio del Sinis e l’organizzazione dell’Associazione Enti Locali per le attività culturali e di spettacolo – a parte gli assaggi negli stand dei produttori, si è ragionato sul valore della filiera olivicola e sui possibili scenari. Nel territorio – più celebre per vernaccia e bottarga, e che forse dimentica ortofrutta e riso – la cultivar Semidana prova a giocare un nuovo ruolo.
Scegliere il paese per la festa ha un doppio significato: la Semidana è riportata nei trattati di olivicoltura anche come “Oia della Riola”. Lo ricorda il sindaco Lorenzo Pinna in apertura del convegno “Olivicoltura e territorio nel Sinis: filiera agricola, paesaggio e prospettive turistiche”. Il primo cittadino sottolinea: “È un patrimonio che ci appartiene e che oggi vogliamo valorizzare in chiave contemporanea. La Festa dell’olio si inserisce inoltre in un percorso condiviso con gli altri comuni del Gal Sinis – Baratili San Pietro, San Vero Milis e Cabras – che da tempo promuovono i propri festival dedicati ai prodotti identitari. Questa sinergia è la dimostrazione concreta che fare rete è possibile e che, insieme, possiamo costruire un modello di promozione capace di generare valore per l’intero territorio”.
La parola sistema è quella chiave per l’intera comunità. Attorno si spande “un mosaico di olio, ortofrutta, vernaccia, bottarga. E paesaggistico con lagune e stagni, un mosaico di storia e cultura”, premette nella sua moderazione il direttore del Gal Cristiano Deiana. Sul turismo si va in direzione di una Dmo. Proprio il Gal è stato impegnato nella programmazione comunitaria e ora si apre una nuova stagione di valorizzazione e promozione, come ricorda il presidente Alessandro Murana. La qualità esiste e bisogna migliorarla: “È importante lavorare nelle certificazioni, oltre che rafforzare la filiera, per aprirsi ai nuovi mercati”, chiarisce.
La manifestazione realizza la prima uscita ufficiale dell’Ati Olio del Sinis che raggruppa nove imprese (Olivicola Semidana, Massimo Dessì Lai, Rita Fanari, Maurizio Mocci, OPM Società Agricola Semplice, Giovanni Matteo Corrias, Giuseppe Agostino Lasiu, Giorgio Ortu e Francesco Salvatore Perra). Tra le prossime azioni ha previsto la creazione di un marchio territoriale riconoscibile.
“Tutte aziende di dimensione e storia diversa ma che hanno colto l’opportunità data dal Gal di mettersi insieme e provare a fare rete – afferma Manuela Corrias, referente del Progetto Olio del Sinis, precisando che si cercano nuove collaborazioni con il territorio –. Il nostro obiettivo è cercare di portare il nome dell’olio del Sinis anche a livello nazionale e internazionale. Per farlo serve un piano strategico basato su promozione ed educazione alimentare, tale da arrivare a tutti i consumatori, anche a quelli più esigenti. La Semidana è adatta per il consumo domestico di tutti i giorni ma anche nelle preparazioni degli chef di ristoranti stellati”.
Il mondo dell’olio può dare respiro alle campagne ma ci si deve confrontare con i contadini del domani, tema su cui insiste il presidente Coldiretti Oristano Paolo Corrias: “Il ricambio generazionale è un tema complesso, non riguarda solo l’olivicoltura ma tutta l’agricoltura. Il prodotto sardo non è di massa ma di qualità. Però facciamo un po’ di fatica ad affrontare certi mercati a causa della polverizzazione fondiaria”, dice sostenendo la necessità di mettere i giovani nelle condizioni di crescere e di una maggiore attenzione da parte della politica.
“I numeri svelano che siamo sempre più attenti a sostenibilità e multifunzionalità. Si deve pianificare per tempo la successione e dare fiducia ai giovani e alle loro idee perché ormai sono cambiati mercato ed esigenze del consumatore”, la testimonianza di Laura Cocco alla quarta generazione all’Olearia Peddio di Cuglieri, nel confinante territorio del Montiferru. Parla poi di integrazione tra turismo e accoglienza nella sua realtà, come fanno anche Alessio Fanari (Oleificio Giovanni Matteo Corrias) e Danilo Sechi (Terre di Cincinnato).
Sull’importanza del frantoio per la valorizzazione del prodotto interviene Francesco Locci, alla presidenza dell’Associazione Frantoiani Oleari della Sardegna: “Deve diventare un centro di consulenza”, osserva prima di toccare il problema della ristorazione, dove si usa olio di bassa qualità per ignoranza del consumatore.
L’olio in ristorazione è “il primo veicolo di promozione del Sinis”, considera l’ordinario dell’Università degli Studi di Cagliari Giuseppe Melis, nella sezione dedicata al turismo condivisa con Giovanni Antonio Sechi, vicepresidente nazionale dell’Associazione Città dell’Olio. Quest’ultimo riferisce che a fine luglio l’associazione ha sottoscritto le linee guida per la raccolta turistica delle olive. Insomma, il mondo dell’olio interessa in varie forme.
E il desiderio di fare oleoturismo appare considerevole. “Il 69 per cento dei turisti italiani desidera vivere un’esperienza legata all’olio, il 37 per cento l’ha vissuta. Dal punto di vista del mercato c’è uno spazio che non è stato occupato”, riferisce l’accademico che, inoltre, stimola i produttori sul concetto di competizione. “I concorrenti non sono qui: stanno al di là del mare. Siamo nella stessa barca chiamata Sardegna. Fare sistema non è un mantra annunciato nei convegni pubblici, ma deve tradursi in comportamenti concreti nella nostra quotidianità”, conclude professor Melis.
Giornalista professionista, sommelier e nomade alla continua esplorazione dei mondi enogastronomici per raccontare le donne e gli uomini che mettono l’eccellenza sulle nostre tavole.
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