Sentendo la parola tartufo, la prima cosa che ci balena nella testa è l’alta gastronomia, si parla di una delle materie prime più pregiate nonché costose, che necessita di essere innanzitutto utilizzata sfruttando appieno tutte le sue potenzialità. Il tartufo è presente in diverse regioni italiane nelle varietà bianco e nero, cresce nel terreno tra le radici di specie diverse di piante che a loro volta, anche in funzione delle caratteristiche, conferiscono identità e tipicità diverse. Quando una sera ci siamo ritrovati a cena con un menu che aveva il fine di esaltare questo prezioso tubero, siamo rimasti perplessi nello scoprire che i tartufi utilizzati per la serata provenissero dalla Sicilia. Che il territorio siciliano fosse adatto a far proliferare questa “pietra preziosa” non era nella nostra conoscenza. Nel parlare di tartufo vengono alla mente quelli umbri (tartufo nero), i marchigiani, sporadiche presenze in Calabria e naturalmente quelli piemontesi (in particolare quello di Alba). Francamente, la sua presenza in Sicilia con terroir e clima diversi da quelli prima citati ci ha sorpreso.
Giusto per entrare meglio in argomento e ribadire quanto detto nel titolo, i funghi sotterranei (ipogei), necessitano di particolari condizioni climatiche e di suoli consoni per la loro crescita. I terreni nei quali si sviluppano i tartufi sono generalmente poveri, calcarei ed a reazione neutra o sub-alcalina. Questi terreni in Sicilia sono presenti nelle provincie di Enna, Caltanissetta e Ragusa. Ricordiamo che i funghi in generale oltre che di particolari tipi di terreno, prediligono anche di opportune specie vegetali con le quali si crea una sorta di convivenza. Le piante con le quali i tartufi formano simbiosi e da cui traggono le sostanze organiche necessarie per la propria sopravvivenza, sono in particolare querce, noccioli, carpini, salici, pioppi e più raramente conifere, come pini e cedri.
In merito al clima essendo un tubero il tartufo risente di meno delle temperature, fermo restando che in grandi linee ha una notevole adattabilità. Solo alcune specie di tartufi necessitano di climi temperati. Interessante e non banale è il meccanismo di riproduzione. Se per i funghi il metodo è quello di far trasportare le spore dal vento, questo per i tartufi è impossibile, considerato che si trovano sottoterra. Il loro meccanismo di riproduzione è di attirare con il loro odore gli animali (cinghiali, scoiattoli, maiali, etc.), per essere mangiati e successivamente disperdere le spore in altre parti del territorio che abbiano le adeguate caratteristiche affinchè il tubero venga a nascere. Data questa introduzione sull’habitat e sul meccanismo di riproduzione, una delle cose più interessanti sui tartufi è quella su come viene stabilita la qualità, nonchè il pregio.
Iniziando a fare una prima classificazione che viene molto in aiuto dei neofiti è quanto stanilito dalla Legge n°752 del 16 Dicembre 1985, di cui l’Art. 2 di tale legge “individua i tartufi destinati al consumo da freschi, rimanendo vietato il commercio di qualsiasi altro tipo”:
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Tuber magnatum Pico, detto volgarmente tartufo bianco;
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Tuber melanosporum Vitt., tartufo nero pregiato;
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Tuber brumale var. moschatum De Ferry, tartufo moscato;
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Tuber aestivum Vitt., tartufo d’estate o scorzone;
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Tuber aestivum var. uncinatum Chatin, tartufo uncinato*;
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Tuber brumale Vitt., tartufo nero d’inverno o trifola nera;
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Tuber borchi Vitt. o Tuber albidum Pico, bianchetto o marzuolo;
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Tuber macrosporum Vitt., tartufo nero liscio;
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Tuber mesentericum Vitt., tartufo nero ordinario.
*dizione modificata in Tuber uncinatum dalla legge 17 maggio 1991, n.° 162.
Ma in termini più semplici, come e cosa rende più pregiati certi tartufi, rispetto ad altri? E come vengono catalogati per la maturazione ed il tipo di appartenenza? La risposta è presto data, il metodo è molto semplice e simile a quello che viene applicato per il prosciutto crudo. Le striature interne del tartufo sono indice di qualità, oltre che di tipicità per la specie di appartenenza del tartufo (bianco, nero) come la prezzemolatura per il prosciutto. Fermo restando il colore esterno, che è la prima cosa che risalta, tagliando il tubero è possibile notare le striature interne che danno un’ulteriore valutazione sulle qualità e le caratteristiche del tubero, oltre alla maturazione dello stesso. In linea di massima più le venature sono scure più il tartufo è maturo.
Dopo un rapido corso full immersion si deve mettere in pratica quanto appreso con le pietanze della serata a base e con tartufo.
Un menu interessante che dall’antipasto al secondo ha dato il giusto risalto al tartufo ed accompagnando ogni pietanza con un vino diverso è stato motivo di curiosità per come poter abbinare piatti che non sono da tutti i giorni, oltre al fatto di poter valutare gli abbinamenti.
L’arancino al tartufo ed Asiago, è stato il piatto che ha saputo “conservare” ed amalgamare meglio il sapore e l’odore del tartufo con gli altri, rendendo il tutto interessante, ma allo stesso tempo non impegnativo.
Il vino dato in abbinamento è stato il Metodo Classico Blanc de Blanc PETRA AETERNA di Podere Castel Merlo.
La tartare di manzo con maionese al tartufo ha fatto “incontrare” sapori forti come la carne cruda ed il tartufo con la maionese. Piatto molto convincente.
Il vino in abbinamento è stato il Pinot Nero 2016 dell’Azienda Agricola Zanotelli, elegante con una freschezza non estrema e con un sapiente uso del passaggio in botte. Un felice accostamento.
I pansotti di pasta fresca con ricotta al tartufo e crema di topinambur, hanno “fuso” e ed amalgamato i profumi ed il sapore del tartufo con le altre materie prime, rendendo la pietanza più elegante.
Lo Chardonnay 2016 di Marco Capra ha accompagnato la pietanza. Vino con sentori erbacei ed una certa “esuberanza”, che probabilmente richiede ancora un po’ di tempo per avere un giusto equilibrio.
Per concludere l’uovo in cocotte su fonduta di formaggio e tartufo, è stato un altro incontro – scontro con sapori abbastanza marcati. Gli abbinamenti sono stati due, il Riesling 2013 ed il Pinot Nero 2016 dell’Azienda Agricola Zanotelli, più convincente il Pinot Nero rispetto al Riesling.
Come per tutte le cose importanti si inizia per gioco e poi... si fa sul serio. È dal 2006 che mi sono appassionato e sono stato introdotto nel mondo del vino, GRAZIE a MIO PADRE. Poi per capire qualcosa in più ho seguito un corso e..... nel 2013 ho conseguito il diploma di sommelier. A tutti coloro che sono appassionati di vino, dico che bisogna sempre provare e degustare vini diversi, cercando di capire quello che il vino ci trasmette, soffermandoci sulle sensazioni e sulle emozioni che può dare.
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