Primo Dosage Zéro della maison di Bruno e Alice Paillard che per il lancio mondiale sceglie l’Italia e Milano
Presentarsi con un esemplare nuovo di zecca, al debutto assoluto, portando al seguito un campione di assaggio della non facile annata 2017: un atto di coraggio perfettamente in carattere con l’attitudine sfidante che ha contraddistinto casa Paillard fin dalle origini – subito scintillanti – di metà anni Ottanta. Ma poi, a ridare la giusta dimensione, viene subito chiarito che nel neonato che verrà presentato ai degustatori professionisti c’è, a fare sostanza e profondità, oltre il 50% di vini di riserva, che in questa maison davvero speciale nei metodi e nelle scelte sono frutto di una duplice via: di qua una sorta di “solera”, con ogni annata prescelta che ha dentro un “pezzo” (non men del 25%) della precedente, e così via, a risalire per tracce nel tempo fino al fatidico 1985; e di là un’altra porzione lasciata invece, senza interventi di sorta, a “crescere” in vetro sui propri lieviti, nutrendosi delle sostanze derivate dalla lisi di questi ultimi.
Nasce così la nuova creatura, il primo Dosage : Zéro (marcato in questo modo in etichetta) della maison, da una ricetta di assemblaggio i cui particolari (le percentuali per varietà, la composizione in dettaglio) non vengono svelati, ascritti all’aura alchemico-artigianale che è l’altra facciata (se A o B fate voi) rispetto a quella duttilmente imprenditoriale che ha segnato l’ascesa di questo marchio, fondato da colui che all’epoca era un courtier (un talent scout di uve e partite di vino da acquisire conto terzi) tra i più bravi e accorti dell’intera regione.
Da un pezzo ormai coinvolta in una affettuosa quanto fruttuosa liason con l’Italia (i Paillard sono addirittura entrati nel capitale del loro bravissimo distributore, Cuzziol) e consapevole di quanto al momento il nuovo gusto dei connoisseurs e influencer di casa nostra sia orientato sulla “verticalità” di beva, specie quando si parla di bolle nobili, la casa ha scelto l’Italia (e la sua attuale effettiva capitale quanto a fashion, business e tendenze, Milano) per l’anteprima mondiale, curata dalla ormai rodatissima “ambasciatrice” Alice, rampolla del fondatore.
Ed è stata dunque lei a raccontare, corredata di intrigatissimi campioni di riserva di varia origine ed elevazione (acciaio, legno e lunga autolisi in bottiglia) e della “base”’17 da assaggiare a latere, che stavolta, a dare succo e “fusione” al vino, è una prevalenza di Meunier da parcelle del nord della Montaigne e della prima area della Vallée della Marna, con Chardonnay e Pinot Noir a fare, per una volta, nobilissimo coro, in quantità paritetica, nella cuvée. E che la gran parte dei componenti (raccolti da circa trenta singole particelle) sono stati per lo più vinificati in legno.
Un mosaico rifinito a dovere sui lieviti in bottiglia per tre anni e mezzo, più sei mesi ulteriori di riposo (vergine da ogni aggiunta di liqueur) in vetro prima dell’approdo sul mercato, dove appunto si affaccia giusto in questi giorni. Forte di un impatto che si fa subito memorizzare. Perché dove per definizione ti aspetteresti – parlando di un non dosato – che la parola chiave sia “acidità”, ti trovi a dover subito anteporgliene un’altra: sapidità. Il D : Z targato Paillard è salino, appetitoso, “mangiabile” prima ancora che teso o tagliente. E anzi, non esaspera – non ne ha bisogno – le affilature, preferendo veleggiare su toni di mandorla bianca (appena incrostata di sale appunto) dalla delicatissima nuance tostata (i legni di cui sopra), sfumature amaricanti di spezie e cacao, e un sorprendente ricordo finale di anice. Bimbo ai primi vagiti, ma già imperioso quando “strilla” nel calice, il D : Z farà strada, e si prenota di diritto un posto tra i pilastri futuri di casa Paillard. Il prezzo è attorno ai 48 euro.
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