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Bolgheri Sassicaia – Un sogno diventato vino, un vino diventato mito

Esistono vini che vanno ben oltre l’espressione del territorio da cui originano. Vini capaci di suscitare interesse, appeal e fascino solo a pronunziarne il nome raffigurato in etichetta, proprio come accade per i grandi marchi ormai entrati nell’immaginario collettivo ed in grado di rappresentare un vero e proprio status symbol.

 

Il Sassicaia, è innegabile, è uno di questi. Vino iconico, espressione d’eccellenza del made in Italy, nato da un sogno, uno di quelli che può fare un giovane uomo talentuoso e volitivo, appassionato ed amante della vita e, perché no, anche del buon vino, quello di Bordeaux.  Questo rosso bolgherese non ha scritto solo le pagine enologiche più belle della Maremma livornese, ma ha contribuito a cambiare la filosofia produttiva dell’intero Paese e forse anche oltre, diventando esempio di eccellenza, di eleganza, di stile, di quell’italianità, talvolta perduta, che ci ha sempre contraddistinto nel mondo. L’unico vino italiano ad aver ricevuto il riconoscimento di una denominazione di origine controllata appositamente dedicata.

Un sogno considerato da molti all’epoca utopico, forse proprio come tutti i grandi sogni, perché nessuno aveva mai pensato di fare un vino «bordolese» in Maremma, una zona sconosciuta all’epoca dal punto di vista vinicolo. Ma Mario Incisa della Rocchetta, uomo di razza, proprio come i suoi cavalli che aveva sempre amato, sapeva bene che la conoscenza abbinata alla tenacia riescono a produrre i più grandi risultati.

 

Il Marchese aveva ben compreso il potenziale dell’area di Bolgheri, in particolare dei terreni – su cui aveva piantato le barbatelle – che presentavano caratteristiche uniche nel microclima, molto simili alle zone di Graves e Bordeaux. Graves, per l’appunto, significa ghiaia e denota un terreno sassoso che contraddistingue la zona, proprio come Sassicaia, in Toscana, denomina una zona con le stesse caratteristiche.

 

Castiglioncello, la perfetta intesa tra il Cabernet ed il territorio bolgherese

Per chi arriva a Castiglioncello con l’intento di «toccare» la  prima vigna del Sassicaia ed alza gli occhi verso l’orizzonte, scorge sullo sfondo il mare, Capraia e la Corsica. Qui il Marchese, trasferitosi a Bolgheri nel 1942, aveva cominciato subito a «saggiare» i terreni ed a studiare la loro esposizione rispetto al sole, ai venti ed al mare.  Lo studio e le riflessioni effettuate lo avevano condotto a scegliere per il suo Cabernet un appezzamento a 350 metri sul livello del mare, al riparo dal salmastro ed esposto a sud-est, secondo quelli che erano gli insegnamenti dei cugini francesi. Il Marchese la definiva una «minivigna». Mille viti piantate su poco più di duemila metri quadrati in vecchie terrazze appena sotto le mura di Castiglioncello.

 

Il primo impianto di Cabernet fu realizzato osservando rigide regole imposte dal Marchese, insolite secondo le tradizioni toscane.  Le marze di Cabernet furono recuperate dalla vecchia vigna degli amici Salviati, dove il Marchese trascorreva il fine settimana durante gli studi universitari a Pisa ed innestate su legno bolgherese. Attecchirono perfettamente dando origine alla nascita del mito. Ma cosa ha contribuito a creare il successo di questo vino? Come spesso accade nella storia dei grandi miti, la strada del riconoscimento è stata piena di ostacoli e difficoltà.

Le prime vinificazioni, secondo il modello francese caratterizzato da lunghi affinamenti in piccole botti, danno luogo a vini non pienamente apprezzati. Gli abitanti del luogo, abituati a bere nel mese di febbraio il vino della vendemmia precedente, non riuscivano a capire questo vino. Il Cabernet molto giovane presentava un gusto erbaceo che non veniva molto apprezzato. Assaggiando di nuovo il medesimo vino, dopo un riposo in botte durato alcuni anni, si notò che lo stesso aveva acquisito caratteristiche olfattive e gustative migliori, avvicinandosi, finalmente, alla «idea di vino» concepita dal Marchese.

Così si decise di continuare nell’impresa, impiantando il vigneto Sassicaia, scendendo di quota, da 350 a 100 metri sul livello del mare, in due ettari di un vecchio oliveto devastato dal gelo. Il Cabernet Franc delle primissime piantagioni fu sostituito dal più morbido Cabernet Sauvignon.

Fino agli anni ’70 il Sassicaia rimase, però, un esperimento consumato in seno alla famiglia e condiviso con pochi intimi amici. Il marchese aveva sposato Clarice della Gherardesca, sorella di Carlotta, moglie di Nicolò Antinori. Se gli Incisa della Rocchetta erano già uniti agli Antinori negli affetti non tardò il connubio anche negli affari, suggellato da un accordo per la commercializzazione del Sassicaia. In tale contesto Antinori fece giungere a Tenuta San Guido il proprio enologo, Giacomo Tachis.

La corsa del cavallo di razza da quel momento diventerà inarrestabile.

Nel 1972 viene proposta al mercato la prima bottiglia: il Sassicaia 1968. Il vino conquista il cuore anche del grande Luigi Veronelli che inizia a tesserne le lodi con la sua imparagonabile maestria. In questo periodo arrivano anche i primi riconoscimenti internazionali. In una degustazione coperta il Sassicaia primeggia sui blasonati Cabernet mondiali e, da allora, è un susseguirsi di elogi ed apprezzamenti che consacrano questo vino tra i miti enologici di tutti i tempi.

 

Sassicaia e Ribot. Le due passioni del Marchese che corrono insieme.

La leggenda del Sassicaia corre e si intreccia con l’altra passione del marchese, quella per i cavalli.  Ribot nacque in Inghilterra, a Newmarket, il 27 febbraio del 1952, da Tenerani e Romanella. Era di proprietà della scuderia Razza Dormello Olgiata che apparteneva a Federico Tesio, allevatore e allenatore, e al marchese Mario Incisa della Rocchetta che ne era diventato socio nel 1932. A vederlo da puledro, faceva quasi tenerezza il piccolo Ribot. Una conformazione fisica non certo da purosangue, non poteva minimamente far presagire che sarebbe diventato, come è stato definito «la più formidabile macchina da corsa che abbia mai funzionato in un ippodromo.»

Nemmeno il nome appariva altisonante. Il suo primo allevatore amava, infatti, dare ai suoi purosangue i nomi di grandi artisti, ma Théodule-Augustin (1823-1891) fu un pittore francese di secondo piano.

Eppure, a due anni, a quel giovane cavallo dall’aspetto non perfetto viene voglia di correre. Fin da subito dimostra doti fuori dall’ordinario. Non lo fermerà più nessuno. Correrà fino a spalancare le porte della leggenda. Proprio come quella del Sassicaia.

Così Nicolò Antinori rende omaggio a Mario Incisa della Rocchetta il 4 settembre 1983, giorno della sua morte:

«Aver inventato il Sassicaia giustifica una vita, dà ragione di tutto»

 

La degustazione

Sassicaia 2020

La complessità sale in cattedra regalando un assaggio di profonda intensità, ampiezza e armonia. Frutto croccante, erbe aromatiche, accenni di sottobosco, spezie e liquirizia, anticipano un sorso raffinato, di estrema pulizia e dalla affascinante sapidità. Il tutto perfettamente integrato in una cornice tannica di fine percezione, e una struttura prorompente ed elegante allo stesso tempo. E pensare che è un vino ancora giovane, un piccolo “Ribot”. Attendiamo che il tempo gli dia la voglia di correre.

Sassicaia 2014

Elegante e  complesso il bouquet, con note di frutti rossi armoniosamente integrate a sentori di erbe aromatiche ed a freschissime note balsamiche. Sullo sfondo percezioni di terriccio, rosa rossa e macchia marina. Al sorso balza evidente la perfetta coesione tra sapidità e vibrante freschezza con un tannino pienamente integrato e quasi impercettibile.  Il finale è profondo è persistente connotato di una gentilezza e un garbo fuori dal comune.

Sassicaia 2007

Un vero e proprio purosangue. La maturità sposa l’eleganza rendendo l’assaggio una vera esperienza gustativa. Di spiccata complessità, ricchezza potenza e concentrazione, con tannini dolci ed equilibrati. Spessore organolettico di grande importanza che si esalta con una lungissima persistenza nel finale quasi interminabile.

 

TENUTA SAN GUIDO

Località Capanne, 27

57022   Bolgheri  (LI)

Tel +39 0565 762 003

https://www.tenutasanguido.com/

 

 


Alcuni aneddoti sono tratti dal libro: «Sassicaia: Storia dell’originale supertoscano» di Marco Fini, Stefano Hunyady

“Il vino è uno dei maggiori segni di civiltà nel mondo.” In queste parole la condivisione di una nostra passione e la voglia di comunicarla. Salvatore Del Vasto, laureato in Giurisprudenza e da sempre appassionato di vino, diventa prima sommelier, poi frequenta il Bibenda Executive Wine Master di Fis e poi consegue il diploma di Master presso l’Università di Tor Vergata in “Cultura dell’alimentazione e delle tradizioni enogastronomiche”. Sabrina Signoretti, laureata in Scienze Politiche, coltiva la sua passione diventando sommelier del vino, assaggiatrice di oli di oliva vergini ed extra vergini e sommelier dell’olio extravergine di oliva dell’AISO. Una delle qualità nascoste, la spiccata attitudine per la fotografia.

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