Noi di Vinodabere siamo abbastanza sicuri che l’Alto Piemonte in pochi anni conquisterà un ruolo da protagonista assoluto nell’ambito del panorama enoico italiano. Abbiamo infatti dedicato lo scorso anno una guida on line ai vini prodotti (link) in questo territorio ed entro il mese di novembre effettueremo gli assaggi per la nuova edizione.
Non potevamo dunque mancare l’appuntamento con il press tour organizzato dal Consorzio Tutela Nebbioli dell’Alto Piemonte in collaborazione con l’Agenzia Turistica Locale della Provincia di Novara, con il supporto dell’agenzia Why Net, un viaggio alla scoperta dei territori e dei vigneti che danno luogo a denominazioni ancora oggi poco note come Boca, Fara, Ghemme, Sizzano.
Pronti, partenza e via ed eccoci a Briona, una delle zone di produzione della DOC Fara (che è quella più a sud), dove Francesca Castaldi ci mostra i suoi vigneti, adiacenti al bosco.
I suoli della DOC Fara sono sedimenti misti di ghiacciai e fiumi, con argilla sulla parte alta e ciottoli sui pendii e ghiaia negli strati profondi che garantisce il drenaggio naturale.
Ricordiamo cosa prevede il disciplinare della DOC Fara:
- zona di produzione: Fara Novarese e Briona.
- uve: Nebbiolo dal 50 al 70%, Vespolina e/o Uva Rara max 50%, altri autorizzati max 10%.
- affinamento: almeno 22 mesi, di cui 12 in legno; 34 mesi per il Fara Riserva.
Francesca ci parla del problema della popilla japonica, coleottero giapponese arrivato in queste zone, che attacca il sistema fogliare partendo dall’alto e contro il quale ancora si devono trovare delle soluzioni.
Ci spostiamo leggermente a nord, a Sizzano, per la visita alla cantina CHIOVINI PARIDE E RANDETTI MARIA ELENA, e troviamo Paride in piena attività di vinificazione.
Qui assaggiamo una piccola selezione dei vini dei produttori presenti, tra i quali ci sorprende per sapidità, succosità e mineralità il Colline Novaresi Vespolina Bona 2019 dell’azienda I Dof Mati (Le Due Ragazze).
I vigneti del territorio della DOC Sizzano hanno più o meno la stessa composizione di terreni del Fara DOC.
Ricordiamo cosa prevede il disciplinare della DOC Sizzano:
- zona di produzione: Comune di Sizzano.
- uve: Nebbiolo (Spanna) dal 50 al 70%, Vespolina e/o Uva Rara dal 30 al 50%, altri autorizzati max 10%.
- affinamento: almeno 22 mesi, di cui 16 in legno; 34 mesi per il Sizzano Riserva (di cui 24 in legno).
Ci muoviamo ancora verso nord ed arriviamo a Ghemme dove visitiamo la nuova cantina dell’azienda Ioppa ed i vigneti di Crola Enrico e Torraccia del Piantavigna.
In alcune vigne ancora è presente il sistema di allevamento maggiorina, costituito da un insieme di quadrotti, disegnati da otto pali di castagno con un ceppo centrale di quattro viti.
Le colline di Ghemme sono costituite da depositi fluvio glaciali. I terreni collocati su questi depositi sono di diversa natura e composizione. Strati superficiali di caolini, argille e tufi sull’altopiano che diventano più sciolti e ciottolosi lungo il versante ovest.
Ricordiamo cosa prevede il disciplinare della DOC Ghemme:
- zona di produzione: Comune di Ghemme e parte del Comune di Romagnano.
- uve: Nebbiolo dal 85 al 100%, Vespolina e/o Uva Rara max 15%.
- affinamento: almeno 34 mesi, di cui 18 in legno; 46 mesi per il Ghemme Riserva (di cui 24 in legno).
L’ultima tappa del tour è Boca, la denominazione più a nord della provincia di Novara. Qui visitiamo i vigneti di Davide Carlone, che ha tutti i filari numerati e classificati per vitigno e portainnesto.
I suoli nella DOC Boca sono caratterizzati da rocce vulcaniche, porfidi tufi friabili di colorazione dal giallo, all’arancio, al rosa. Nelle aree più a sud si hanno argilla, sabbia, ciottoli di granito, porfido e sfaldature di rocce dolomitiche del Monte Fenera.
Ricordiamo cosa prevede il disciplinare della DOC Boca:
- zona di produzione: Boca, Cavallirio, Grignasco, Maggiora, e Prato Sesia.
- uve: Nebbiolo dal 70 al 90%, Vespolina e/o Uva Rara max 30%.
- affinamento: almeno 34 mesi, di cui 18 in legno; 46 mesi per il Boca Riserva (di cui 24 in legno).
Una mattinata presso il Museo Storico Etnografico della Bassa Valsesia ci ha dato l’opportunità di approfondire la conoscenza del territorio attraverso una efficace ed esaustiva presentazione preparata dal Consorzio Tutela Nebbioli dell’Alto Piemonte (da cui abbiamo tratto le informazioni riportate sopra su disciplinari e suoli) e una degustazione di 30 vini rappresentativi delle denominazioni della provincia di Novara.
L’assaggio rivela una qualità media realmente elevata.
Riportiamo le nostre migliori 10 etichette in ordine di preferenza:
Ghemme Santa Fè 2016 – Ioppa: austero con note floreali, minerali e speziate mostra complessità e persistenza, tipicità e carattere. Coniuga struttura ed eleganza e chiude con un lungo finale su ricordi di frutti rossi e grafite.
Ghemme Chioso dei Pomi 2015 – Rovellotti Viticoltori: sapido, succoso, con sentori di frutti rossi e spezie, agrumi ed erbe aromatiche. La lunga chiusura evoca sensazioni iodate. Materia e finezza sono in evidenza.
Colline Novaresi Nebbiolo CArLiN 2019 – Boniperti: eleganza, succosità e mineralità sono al centro dell’assaggio insieme a carattere e profondità di beva. Chiude con un interminabile finale su ricordi di frutti e fiori rossi.
Colline Novaresi Nebbiolo Ramale 2018 – Torraccia del Piantavigna: in evidenza note floreali e di frutti rossi, ed accenni speziati delicati. Minerale e succoso, ha tannini di ottima finezza. Il finale è appagante ed armonioso, di buona persistenza ed equilibrio.
Ghemme Riserva Vigna Cavenago 2015 – Mirú: da uno storico, singolo vigneto aziendale, un vino dal luminosissimo rosso rubino, sentori di ribes fresco ed essenze di rosa e violetta. Bella interpretazione del territorio e del Nebbiolo, godibile già adesso quanto, in prospettiva, tra qualche anno. Verticale il gusto, con le tipiche sensazioni minerali di pietra focaia e grafite, note ematiche e tannini ben integrati.
Colline Novaresi Nebbiolo 2021 – Ioppa Sapido e di grande succosità mostra ricordi di fiori rossi e spezie, materia e lunghezza, complessità e grande eleganza.
Colline Novaresi Nebbiolo Saggezza 2019 – Pietraforata: si presenta con toni scuri, sensazioni minerali, accenni di agrumi e un lungo finale su richiami di frutti rossi. Carattere ed eleganza completano il quadro organolettico.
Ghemme Riserva Vigna Pellizzane 2008 – Torraccia del Piantavigna: da uve provenienti da una parcella specifica situata ad ovest della grandezza di un ettaro, su terreno di tipo argilloso, caratteristico della zona, e che gode di ottima esposizione. Si tratta di un vigneto che riceve attente cure, viene vendemmiato, vinificato e affinato in solitaria. Tutta questa dedizione e premura le si ritrovano nel calice. Vino dal profumo vivo e radicato nella sua profonda eleganza. Intenso frutto, sia al naso che in bocca, espresso in confettura. Percezione netta di note floreali ed accenni fumé. Alcol e tannino in equilibrio e ben amalgamati con il resto delle sensazioni tattili.
Fara 2017 – Castaldi Francesca: Eleganza, sapidità e mineralità sono al centro dell’assaggio. Sentori di frutti rossi, spezie e profondità di beva ed un lungo finale agrumato e floreale completano il già ricco profilo organolettico.
Ghemme 2017 – Mirú: profilo olfattivo floreale, minerale, speziato per un vino di grande carattere ed eleganza che mostra freschezza, sapidità ed una progressione del sorso che si chiude con un lungo finale di frutti rossi. Elegante e strutturato.
Giornalista enogastronomico, una laurea cum laude in Economia e Commercio all'Università La Sapienza di Roma, giudice in diversi concorsi internazionali, docente F.I.S.A.R.. Ha una storia che comprende collaborazioni con Guide di settore. Per citare solo le ultime : Slow Wine (Responsabile per la Sardegna edizioni 2015 e 2016), I Vini de L'Espresso (vice-curatore e coordinatore nazionale edizioni 2017 e 2018), I Ristoranti d'Italia de L'Espresso (edizioni dalla 2010 alla 2018). Collabora con le testate: www.lucianopignataro.it , www.repubblica.it/sapori. Ha scritto alcuni articoli sul quotidiano "Il Mattino" e su www.slowine.it. Ha una passione sfrenata per quel piccolo continente che prende il nome di "Sardegna", per le sue terre e per la sua gente.
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