La visita a Vinchio Vaglio nei luoghi menzionati da Davide Lajolo nei libri, e di cui abbiamo raccontato qui: link, era stata preceduta dall’incontro con un’azienda a nome di un altro Davide, che vanta una storia, come vedremo, di almeno sette generazioni. Organizzatrice e guida di entrambe è stata Maddalena Mazzeschi che cogliamo l’occasione di ringraziare.
Nell’anno in cui a Firenze, Carlo Lorenzini, in arte Collodi, dà alle stampe Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino; e varcando La Manica, a Londra è pubblicato in forma libro The Sea Cook: A Story for Boys, meglio noto con il titolo di Treasure Island (L’isola del tesoro) ad opera dello scozzese Robert Louis Stevenson; in quel di Mombercelli d’Asti, nel medesimo 1883, nasce ufficialmente la ditta Barbero, dal cognome di Melchiorre che ottiene la licenza per la produzione di torroni e “noasetti”, dolci che hanno reso celebre Chivasso.
Però, grazie al rinvenimento di alcuni documenti ufficiali della curia di Mombercelli d’Asti, si potrebbe anticipare la data di nascita dell’azienda al 1838, con una inversione delle ultime due cifre pari, proseguendo con le citazioni letterarie, a quella adoperata da George Orwell quando terminò nel 1948 il suo successo planetario di un futuro distopico 1984.
Secondo questi documenti, Filippo Barbero esercitava a Mombercelli d’Asti la professione di confetturiere e di “prestinaio”, cioè di mugnaio come ci insegna il latino, che di certo a quei tempi alludeva alla produzione, oltre del pane, di torte, torrone, torcetti e noisettes.
Nel 1913 l’azienda si trasferisce ad Asti in via Cotti Ceres, ed esattamente 40 anni dopo, nel 1953, grazie a Davide Barbero, che è stato la figura di spicco della storia dell’azienda, si sposta di 300 metri nella sede attuale in via Angelo Brofferio 84.
Superato il negozio ed entrati nel cortile per accedere al luogo di produzione ci attende una insegna di biciclette. Pensiamo subito di essere capitati in uno di quei anacronistici speakeasy che, previo rilascio della parola d’ordine del giorno, fanno accedere il cliente da un armadio ad esempio, alla maniera di Narnia, ed entrare in un cocktail bar che di illegale ha solo l’ispirazione. Invece scopriamo che l’attinenza è legittima.
Terminata la seconda Guerra Mondiale, Davide Barbero sposa Paola, la figlia di Giovanni Gerbi, famoso ciclista e costruttore di biciclette, e il luogo dove siamo è proprio la vecchia fabbrica delle due ruote.
Il Diavolo Rosso, così soprannominato, nasce ad Asti nel 1885. La leggenda vuole che in una fuga, vestito di rosso, capita in mezzo a una processione, e il prete domandi: “Chi a l’é cul lì? Ël Diav?” Vinse tre Giri del Piemonte, un Giro di Lombardia e una Milano-Torino, e di lui eravamo a conoscenza solamente perché Paolo Conte, astigiano anch’egli, gli dedica il brano omonimo nell’album Appunti di viaggio. Giovanni Gerbi morì nel 1954, l’anno successivo al trasferimento della torroneria in Via Brofferio, dopo aver vinto numerosi titoli per veterani.
Giovanni Gerbi, Il Diavolo Rosso
Durante la nostra visita la produzione era in atto (l’attività della ditta è a carattere prettamente stagionale, essenzialmente inerente al periodo natalizio e pasquale) ma verteva solo sulla cioccolateria. Noi iniziamo invece dal torrone, che personalmente ci interessa in misura maggiore.
Mantenere l’antica lavorazione artigianale, che prevede una cottura lunga per circa 7 ore (4 sono le ore necessarie per il torrone morbido) in caldaie a vapore, utilizzare l’albume fresco (e non le gelatine alimentari che adopera l’industria), prevedere un’alta percentuale (51%) di nocciola Piemonte I.G.P. tonda gentile calibro 13/14 scelte a mano (noccioleti che, e ne siamo testimoni, si contendono i colli del Monferrato con le viti), e infine avvalersi di miele millefiori di buona qualità, sono i segreti della friabilità del torrone di Barbero.
Il torrone, dopo esser cotto, è estratto con dei “remi” di legno, schiacciato a mano (importante il modellamento manuale per ottenere una sorta di piccola occhiatura nella pasta) e posto all’interno di appositi stampi di faggio al fine di riposare ad una temperatura adeguata. Successivamente è fatto raffreddare in tavoli di marmo sino al giorno dopo la produzione, e poi raccolto per essere confezionato.
Artigianalità e molta attenzione da parte della Barbero Davide anche alla cioccolateria, con produzione con fave di cacao provenienti dall’America del sud, fatta di tartufi, dragées, praline, gianduiotti, una versione gustosa denominata pistacchiotti indovinate prodotti con cosa? Tavolette, boeri, tripolini, creme spalmabili, uova di Pasqua (abbiamo veduto anche uno stampo gigantesco, destinato a famiglie che vogliono riempire l’uovo di regali) legù (insoliti legumi ricoperti di cioccolato fondente), e i Rubatà, grissini salati glassati di cioccolato, idea quest’ultima dell’attuale proprietario Giovanni Barbero che ci accolto con molta cortesia e simpatia.
Consentiteci di avvalerci dell’ironia e concludere la narrazione con una boutade. Si è solito dire che chi è molto veloce vada a tutta birra. Nel caso del Diavolo Rosso potremo azzardare di dire che andava a tutto torrone.
Pino Perrone, classe 1964, è un sommelier specializzatosi nel whisky, in particolar modo lo scotch, passione che coltiva da 30 anni. Di pari passo è fortemente interessato ad altre forme d'arti più convenzionali (il whisky come il vino lo sono) quali letteratura, cinema e musica. È giudice internazionale in due concorsi che riguardano i distillati, lo Spirits Selection del Concours Mondial de Bruxelles, e l'International Sugarcane Spirits Awards che si svolge interamente in via telematica. Nel 2016 assieme a Emiko Kaji e Charles Schumann è stato giudice a Roma nella finale europea del Nikka Perfect Serve. Per dieci anni è stato uno degli organizzatori del Roma Whisky Festival, ed è autore di numerosi articoli per varie riviste del settore, docente di corsi sul whisky e relatore di centinaia di degustazioni. Ha curato editorialmente tre libri sul distillato di cereali: le versioni italiane di "Whisky" e "Iconic Whisky" di Cyrille Mald, pubblicate da L'Ippocampo, e il libro a quattordici mani intitolato "Il Whisky nel Mondo" per la Readrink.
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