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E la guerra tra Russia e Ucraina per un attimo si sposta in cucina – Il borsch (zuppa di barbabietola) diventa patrimonio Unesco

La guerra in corso tra Russia e Ucraina ha anche dei risvolti gastronomici.  Stavolta oggetto del contendere è la zuppa di barbabietola, conosciuta come borsch in Ucraina ed in uso anche in Russia, in altri paesi dell’ex Unione Sovietica ed in Polonia. Il boršč è chiamato Borschtsch in Germania, barščiai in Lituania, barszcz in Polonia, boršč (борщ) in Ucraina  e borș in Romania e Moldavia. La Russia ha sempre contestato l’origine ucraina del piatto.

Dopo l’invasione da parte della Russia l’Ucraina ha richiesto l’intervento d’urgenza dell’Unesco per approvare la richiesta del 2019 e la cultura ucraina del borsch ieri “è stata iscritta nell’elenco dell’Unesco del patrimonio culturale immateriale che necessita di urgente salvaguardia“.

Ha esultato per questo riconoscimento il ministro della Cultura ucraino Oleksandr Tkachenko, mentre Mosca ha fortemente criticato la decisione.

In realtà un dizionario etimologico russo del 1848 individua il borsch come una pietanza di origine ucraina a base di borchevik, la pianta di spondilio che cresce nelle paludi ucraine del delta del Danubio e del Dnipro. Il piatto fu aggiunto alla cucina nazionale sovietica dallo stesso Stalin, operazione semplice dal momento che l’Ucraina faceva parte dell’Urss.

Ma come è fatta questa zuppa?

Oltre alla barbabietola, si usano numerosi altri ingredienti, diversi a seconda delle zone. Tra questi, piuttosto comuni sono fagioli, cavolo, carote, cetrioli, patate, cipolle, pomodori,  funghi e carne (pollo, maiale o manzo).

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Giornalista enogastronomico, una laurea cum laude in Economia e Commercio all'Università La Sapienza di Roma, giudice in diversi concorsi internazionali, docente F.I.S.A.R.. Ha una storia che comprende collaborazioni con Guide di settore. Per citare solo le ultime : Slow Wine (Responsabile per la Sardegna edizioni 2015 e 2016), I Vini de L'Espresso (vice-curatore e coordinatore nazionale edizioni 2017 e 2018), I Ristoranti d'Italia de L'Espresso (edizioni dalla 2010 alla 2018). Collabora con le testate: www.lucianopignataro.it , www.repubblica.it/sapori. Ha scritto alcuni articoli sul quotidiano "Il Mattino" e su www.slowine.it. Ha una passione sfrenata per quel piccolo continente che prende il nome di "Sardegna", per le sue terre e per la sua gente.

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