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Arriva in Italia un whisky iconico: il Laphroaig 33 anni Ian Hunter Chapter 3

“The source protector”, il “protettore della fonte”. La fonte in questione è il torrente Kirkbride, nell’isola di Islay, un impervio ammasso di scogliere incastonato nel freddo mare ad ovest della Scozia. Il “protettore” è invece Ian Hunter, uno dei “padri” dell’intero movimento del whisky scozzese, il primo a capire le vere potenzialità di vendita di un single malt, aprendo la via alla loro diffusione sul mercato americano (anche grazie all’intuizione di sperimentarne l’invecchiamento in botti di bourbon). Il ruolo di protettore è quello che si guadagnò nella prima parte dello scorso secolo quando, a capo della Laphroaig, uscì vincitore da lunghe dispute legali e commerciali, acquistando il terreno su cui scorreva il torrente fino alla fonte, assicurando così per sempre alla distilleria un rifornimento di acqua incontaminata di vitale importanza.

In suo onore, la storica distilleria scozzese ha rilasciato la terza edizione di una limitatissima serie di whisky invecchiata: il Laphroaig 33 anni Ian Hunter Chapter 3, prodotto nel 1987 e imbottigliato quest’anno. Appena 4800 bottiglie in totale, di cui solo 60 sono destinate al mercato italiano (e sono già oggetto delle solite speculazioni di prezzo arrivando online a più di 2.500€).

Noi abbiamo avuto il privilegio di poterla assaggiare, in una serata organizzata a Roma presso il Bauhaus, ristorante contemporaneo, cocktail bar e pizzeria gourmet, alla presenza di del brand ambassador per l’Italia Marco Gheza e di Angelo Simonetta, Consumer & Trade Marketing Manager per il portfolio BeamSuntory di Stock Spirits.

Prima un velocissimo excursus sulla Laphroaig, anche se probabilmente non c’è bisogno di troppe presentazioni. Fu fondata a Port Ellen sull’isola di Islay nel 1810 da Alexander e Donald Johnston, anche se la produzione ufficiale non ebbe inizio che 5 anni dopo, e oggi appartiene al gruppo Beam-Suntory. I Johnston, due ex giacobiti del Clan Donald rifugiatisi sull’isola, inizialmente avevano affittato il terreno con l’intenzione di utilizzarlo per allevarvi il bestiame. Ben presto i due fratelli capirono che la produzione di whisky sarebbe stata assai più redditizia, dando vita a quello che sarebbe diventato uno dei single malt scozzesi più conosciuti al mondo (probabilmente, restando nel campo dei torbati, IL più conosciuto). Adesso la ricca gamma si allarga con questa edizione speciale distribuita in Italia da Stock Spirits.

Qualche numero e curiosità per comprendere meglio il fenomeno Laphroaig. Fu l’unico whisky venduto negli Stati Uniti durante il Proibizionismo: il suo caratteristico e pungente odore iodato e salmastro lo “camuffava” da medicinale, consentendogli di passare i controlli doganali. E’ oggi l’unica distilleria scozzese che rifornisce la Casa Reale. Nonostante i numeri importanti – 2,6 milioni di litri l’anno, di cui il 60% di single malttutta la lavorazione è ancora svolta manualmente, da 19 dipendenti organizzati su turni H24 dal lunedì al sabato. Sono 16 sia le tonnellate di orzo tutte mosse a mano e ancora maltate in casa a pavimento (con una fonte di calore sottostante) che le ore di affumicatura con torba, una delle più lunghe di Scozia. 55.000 sono infine le botti custodite nei depositi, tutte rigorosamente sull’isola di Islay, dove, a causa della grande escursione termica tra inverno ed estate, ben il 25% di prodotto “evapora” ogni anno (la cosidetta “quota degli angeli”).

Il Laphroaig è un prodotto che non ama mezze misure: per usare le parole di John Campbell, per più di 25 anni master distiller di casa, è come “un grosso schiaffo di torba direttamente in faccia“. Il suo odore pungente, iodato, marino, fortemente affumicato, che ritrovi poi anche al gusto, te lo fa amare o odiare. Questo “gioiello” di 33 anni però non ammette discussioni e più di uno schiaffo diventa invece una carezza…”energica” ma pur sempre una carezza. Al naso ha sentori di frutta secca, noce soprattutto, poi agrumi, fiori secchi, camino spento e iodio, e note dolci di vaniglia e legno. In bocca ha un equilibro pazzesco: l’alcol (49,9% vol) è bilanciatissimo, lo senti appena come ritorno di calore post-deglutizione, quando lascia spazio ad un mondo di sensazioni che partono dal mare per chiudersi su un finale balsamico e di agrumi canditi. Puro spettacolo…purtroppo per pochi…e noi ringraziamo di essere stati fra loro!

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Abruzzese, ingegnere per mestiere, critico enogastronomico per passione, ha iniziato a scrivere nel 1998 per L’Ente Editoriale dell’Arma dei Carabinieri, con cui ancora collabora. Vino, distillati e turismo enogastronomico sono la sua specializzazione. Nel tempo libero (poco) prova a fare il piccolo editore, amministrando una società di portali di news e comunicazione molto seguiti in Abruzzo e a Roma. Ha collaborato per molti anni con guide nazionali del vino, seguendo soprattutto la regione Abruzzo (ma va?), e con testate enogastronomiche cartacee ed online. Organizza eventi e corsi sul vino...più spesso in Abruzzo (si vabbè...lo abbiamo capito!).

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