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OLIO EXTRAVERGINE DI OLIVA: LA DEGUSTAZIONE DELLE NUOVE ANNATE DELLA COOPERATIVA COLLI ETRUSCHI – VINODABERE – Esperienze nel mondo del vino, della gastronomia e della ristorazione
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OLIO EXTRAVERGINE DI OLIVA: LA DEGUSTAZIONE DELLE NUOVE ANNATE DELLA COOPERATIVA COLLI ETRUSCHI

Semel in anno licet insanire dicevano gli antichi Romani; una volta l’anno bisogna sparigliare le carte e fare qualcosa di diverso.
Con questo non voglio minimamente sostituirmi ai bravissimi degustatori di olio extra vergine d’oliva, dei quali ammiro la tecnica sopraffina dello “strippaggio”, l’arte di insufflare rapidamente aria nel liquido contenuto nella cavità orale durante l’assaggio.
Risultato? 90 volte su 100 tosse a non finire per me che non sono avvezzo. Eppure questa sensazione rude, per non dire aspra ed amara, spesso è sinonimo di qualità ed eleganza.
E qui entra in gioco l’artefice del mio esperimento degustativo dallo scopo prettamente culinario: Carlo Zucchetti, giornalista, penna (e cappello) dell’enogastronomia italiana, patito fino al midollo della Tuscia.
Un territorio formato da una miriade di piccoli Comuni, che vanno dalla A di Acquapendente alla V di Vitorchiano passando ovviamente per Viterbo, zona amata dai Papi, dove la storia millenaria si respira nell’aria.
Tre prodotti della Cooperativa Agricola Colli Etruschi di Blera (VT), molto diversi tra loro pur nel fil rouge di un ottimo risultato.
Fare Olio Extravergine di Oliva nella maniera corretta richiede enormi sforzi produttivi. Come accade per il vino, gli interventi maggiori vanno riservati al lavoro nei campi, nel curare gli uliveti e selezionare le cultivar (equivalente del vitigno in termini enologici) più idonee.
Non tutto si può piantare ovunque.
Ad ogni luogo, ad ogni terreno, ad ogni microclima si addice la scelta di una specifica varietà.
Esistono poi, sempre nel parallelismo con il vino, mondo più congeniale al sottoscritto, possibilità di creare dei veri e propri blend tra olive di cultivar differenti e, viceversa, prodotti più particolari da monocultivar.
L’azienda a tal proposito utilizza le classiche varietà Leccino e Frantoio, dando però un grande risalto all’autoctona Caninese, coltivata in zona fin dal tempo degli Etruschi, con drupa di piccole dimensioni ed alta produttività.
La Cooperativa muove i primi passi nel 1965 con soli 18 soci, vantandone adesso 330 con oltre 40000 ulivi impiantati su 800 ettari.
La raccolta avviene a mano o con macchinari, sempre dalla pianta e mai a terra, per evitare ammaccature dannose ai frutti.
Per completezza e curiosità, vi riporto un piccolo estratto del loro processo produttivo raccontato sul sito aziendale, così da avere un quadro più preciso di cosa avvenga in frantoio:
“le olive vengono inviate al frangitore, che le schiaccia e le trasforma in patè pronto per la gramolatura. Le gramole sono vasche di acciaio chiuse ermeticamente, in cui è possibile aggiungere azoto per evitare ossidazioni e dispersioni di aromi a contatto con aria e calore. In queste vasche la polpa viene rimescolata alla temperatura costante tra 24° e 27° per 30 minuti. Successivamente viene spinta verso la centrifuga dove si compie la separazione della parte solida (bucce e nocciolino costituenti la sansa) da quella liquida (olio). Questo passaggio avviene nel Decanter Multifunzione Pieralisi che consente di lavorare senza aggiungere acqua alla pasta.”
Ciò è fondamentale, perché evita un dilavamento di sostanze aromatiche e antocianiche, contribuendo altresì alla diminuzione dei costi per lo smaltimento ambientale dei residui.
Veniamo al momento saliente, costituito dagli assaggi:


CLASSICO: degustare un olio richiede concentrazione assoluta.
Le note vegetali prevarranno al naso e al gusto; non spaventatevi, sono segno di assoluta integrità e qualità.
Scaldando lievemente il bicchierino tra le mani emergono anzitutto sentori di sedano. La bocca rimane equilibrata, ben condensata tra la mandorla amara, il carciofo, rosmarino e spinacio.
Piccantezza nella norma, duttile quindi negli abbinamenti gastronomici.


IO BIO: decisamente più delicato sia all’olfatto che al gusto.
Resta su toni erbacei, anche se più tenui (forse troppo) rispetto al precedente.
Si restringe il campo dell’accoppiamento col cibo a zuppe, pesci delicati, insalate e primi piatti dalle preparazioni non troppo complesse.


DOP TUSCIA “eVo”: la tonalità del colore è quella dello smeraldo, pienamente rispondente al Disciplinare di produzione approvato nel 2004.
Varietà Canino in purezza, con il tanto rimarcato sentore di carciofo che diventa protagonista assoluto, accoppiato all’amaricante cardo selvatico. Palato finale piccante di zenzero e rabarbaro, molto persistente.
Bisogna osare ed immaginare una fiorentina alla brace, della selvaggina o l’agnello pasquale con carciofi e patate. E l’immancabile tartufo.
Ciò che più conta, è che utilizzando un olio di qualità ne basterà davvero pochissimo per dare carattere ad un piatto.
Ecco perché vale il prezzo che merita. Diffidiamo dai sottocosti quando si parla di eccellenza italiana 100%.
Buon Olio Extravergine di Oliva a tutti!

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Scritto da

Luca Matarazzo Giornalista- Sommelier AIS - Degustatore Ufficiale - Relatore corsi per la Campania.. Ha partecipato a numerosi concorsi enologici e seminari di approfondimento. Vincitore del Trofeo Montefalco Sagrantino edizione 2021 e del Master sull'Albana di Romagna 2022, Wine Consultant collabora attualmente con testate giornalistiche e blog importanti a livello nazionale.

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