Non dev’essere poi male avere cento anni fatti da pochissimo, entrare di slancio nel centunesimo, e potersi contemporaneamente permettere di essere bionda, giovane, amabilissima, con un figlio di 18 anni che ha appena scelto l’azienda come suo futuro professionale e, come regalo inaugurale, in cambio ha avuto un nuovo vino dedicato (peraltro davvero niente male)…
Ma sì, scherziamoci un attimo su, certi che né Chiara Soldati (è lei ovviamente la protagonista) né a La Scolca in genere (un secolo di vita e di vendemmie vissuto in gloria) se ne avranno a male.
Propositivi e positivi come sempre, anche in un momento davvero difficile per tutti, e in modo speciale per alcuni settori – con vitivinicolo e ristorazione in cima alla lista – loro hanno deciso di solennizzare comunque l’avvenimento con un ben impostato format di degustazioni gestite “on line”, via Instagram, con Chiara conduttrice e narratrice e il rampollo “new entry” a supportarne le connessioni e lo svolgimento via web.
E con dentro un pacchetto di assaggi che davvero racconta a puntino quanto coerente, caparbio (e riuscito) sia stato e sia il cammino di questo marchio già glorioso e d’avanguardia nell’eno-mondo italiano prim’ancora che un certo Veronelli accendesse inediti riflettori e aprisse nuove prospettive nel considerare questa meravigliosa specializzazione dell’agricoltura come un elemento fondante di socio-cultura nazionale.
Un po’ di storia (un misurato riassunto: cent’anni non si narrano tutti in dieci minuti), e poi largo a calici ed etichette.
Iniziando dalla inedita: un debutto assoluto che peraltro non è l’unica novità di una casa che, con ardimento immutato, ha appena provveduto ad ampliare le superfici possedute con nuovi ettari, a ristrutturare e rilanciare la zona accoglienza e implementare il parco cantina con nuovi strumenti tecnici.
Ma torniamo alla bottiglia “deb”: il Soldati La Scolca Spumante Metodo Classico Blanc de Blancs. Fa 36 mesi sui lieviti, non è dosato, spinge in freschezza e in levità, al naso ha un sorriso agrumato e composito (anche note di mandarino) e in bocca vola via in solo apparente souplesse, visto che poi la scia salina e fruttata fa per intero e in più che bastevole lunghezza il suo corso. Perfettamente in sintonia con l’“esprit de jeunesse” del fortunato dedicatario e in genere del bere “millennial“.
E allora, per contrasto e immediatezza d’informazione vien subito voglia di saltare all’altro estremo della rutilante panoplia sciorinata dalla casa: il Gavi d’Antan 2007, tanto orgogliosamente dedicato al puntiglio di sempre della casa: dimostrare quanto i grandi bianchi sappiano vivere e completarsi nel tempo, con apici ed eccezioni che ribaltano completamente il luogo comune dei rossi da serbare a vita e loro invece da sacrificare giovani o addirittura infanti.
Naso complesso e straordinariamente acuto, erbe officinali e humus, poi il frutto, e beva laminare, che scorre a ondate, come certi rasoi plurilama, e come loro però con la banda “ammorbidente” che rende scorrevole, ma pur sempre incisivo, il sorso. Un teorema in vetro perfettamente eseguito.
E scandito a dovere dai passaggi precedenti, quelli che hanno accompagnato il tasting alla soluzione finale: i tre Etichetta Nera 2019 (quello della centesima vendemmia), 2016 e 2014. Risolutamente e robustamente in piedi, ma palesemente ai primi passi, il ragazzino: che promette, però, pur essendo ancora nella fase in cui le componenti singole del bouquet risultano ancora compattate a mazzetto a dominate dalla sapida nota citrina e marina. Robusto, ampio, ricco, pronto il 2016: un sorso che riempie, e che chiama cibo, con larghezza di possibilità e appello alla fantasia di chi lo metterà nel bicchiere e in tavola. Beva verde e dorata insieme, con le componenti fruttate più mature (la renetta) le più tese in composto equilibrio.
Chi scrive però gli ha forse preferito la pur minore perfezione formale, ma la originalissima personalità, longilinea, persino aguzza all’attacco, ma poi profonda e vibrante nel cammino, del soggettivamente ancor giovanissimo 2014: un lampo di luce bianca al gusto, una bottiglia che fa venir voglia di accaparrarsene altre (quella aperta tende a finire in un amen) per vedere dove il vino che vi è custodito vorrà e saprà arrivare…
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