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Il mio cento/centesimi del 2019: Borgogno Barolo Riserva 1947 – VINODABERE – Esperienze nel mondo del vino, della gastronomia e della ristorazione
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Il mio cento/centesimi del 2019: Borgogno Barolo Riserva 1947

L’ho inserito tra quelli assaggiati nell’anno appena concluso; in realtà rappresenta il mio primo (e al momento unico) cento/centesimi in tanti anni di degustazioni.
C’ero andato vicino qualche volta, senza fare nomi. Mai però mi sarei aspettato di decantare le lodi di un vino così evoluto e al contempo senza età!

L’azienda è tra quelle pochissime che vantano una fama tale da precederle, nonostante dal lontano 1761 di cose ne siano cambiate (compreso compagini sociali e tecniche produttive).

Tra i tanti aneddoti, persino una tediosa battaglia legale intentata dalla Francia per l’assonanza del marchio con la Regione della Borgogna. Un pò come se qualche ditta di materassi volesse farmi causa perchè porto un cognome vagamente evocante l’oggetto del nostro riposo..
Eppure succede anche ciò in questo pazzo, pazzo, pazzo, pazzo mondo. Così come accade che ci si possa accapigliare sul nome di un vitigno friulano perchè si confonderebbe, da un punto di vista squisitamente commerciale, con una amena località ungherese nota per i suoi elegantissimi muffati..
Andiamo avanti, concentrandoci invece su questa autentica opera d’arte, che ci riporta ad un immediato dopoguerra fatto da mille sacrifici per riemergere dal sangue e dalle macerie.

Gli italiani sono così, gente operosa che sa trasformare in oro anche la polvere (e purtroppo a volte anche viceversa), con la caparbietà di chi da da sempre ha vissuto lotte intestine, invasioni e qualsivoglia stravaganza del potere temporale e spirituale.

I contadini dell’epoca non solo non avevano le macchine modernissime di oggi, ma non sapevano probabilmente neppure quante varietà di uve ci fossero all’interno di uno stesso filare.

La “legge della purezza enoica” è frutto dei disciplinari più recenti, tutto era gestito con istinto, secondo tradizioni storiche tramandate di padre in figlio.
Apriamo la bottiglia temendo un tappo fragile quanto un grissino; invece è perfettamente integro e leggermente umido.

Appena versato un sorso di magico liquido nel bicchiere, noto subito una inaspettata qualità: la brillantezza del colore. Una luminescenza virante arancio, quell’arancio ancora sanguigno quasi ramato, scevro da forme ossidative che lo renderebbero cupo o vacuo. Al naso è timidissimo, per nulla evanescente: sembra un gigante dormiente al suo risveglio, che avviene quasi subito con un tocco di ossigenazione. Sottobosco, scorzette agrumate, corteccia e petali di viola essiccati tanto per cominciare. Segue in sottofondo sigaro, chinotto e polvere di cacao.

Tutto nitido, limpido come una giornata d’inverno dove la tramontana sferza e di nubi neanche a parlarne.
Impaziente di assaggiarlo, ravviso al primo sorso una giovinezza rara per un ultrasettantenne. Ribes rossi macerati, spezie scure essiccate, un misto tra macis, chiodi di garofano, pepe nero e cannella. Fior di giaggioli e finale sapido in perfetto armonia con quel che rimane del tannino. Lungo. Immortale.
Coincidenza? Non credo proprio.. Anno nuovo vita nuova. Fino all’anno scorso pensate che questa splendida annata era ancora in vendita in azienda.

 

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Scritto da

Luca Matarazzo Giornalista- Sommelier AIS - Degustatore Ufficiale - Relatore corsi per la Campania.. Ha partecipato a numerosi concorsi enologici e seminari di approfondimento. Vincitore del Trofeo Montefalco Sagrantino edizione 2021 e del Master sull'Albana di Romagna 2022, Wine Consultant collabora attualmente con testate giornalistiche e blog importanti a livello nazionale.

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