“Ma chi lo dice che le bollicine italiane non possono confrontarsi con quelle francesi quando parliamo di vecchissime annate?“
Abbiamo avuto negli ultimi anni la possibilità di assaggiare vecchie annate di Champagne che, dopo la sboccatura, sono state conservate con cura per apprezzarne il contenuto dopo svariati anni.
Risultato: vini che hanno saputo emozionarci, perché l’ulteriore affinamento ha saputo dargli quell’equilibrio che pur chiaramente percepibile, nell’annata in commercio, forse ancora mancava.
La possibilità di assaggiare a distanza di poco tempo un Trento DOC di assoluto livello come quello che ci propone Lucia Letrari di cui abbiamo già parlato in un precedente articolo (Lucia Letrari: una donna che sa quello che vuole dalle sue bollicine!) nella versione appena commercializzata e in una vecchia annata affinata in bottiglia ben 5 anni dalla sboccatura ci permette a pieno titolo ci affermare che:
“Una bollicina italiana se ben fatta, sa anch’essa evolversi appieno come quella dei suoi cugini d’Oltralpe.“
A tal proposito vi proponiamo il confronto di due annate di uno degli spumanti di punta della cantina Letrari: Il Trento DOC Brut Riserva del Fondatore 976 nelle annate 2009 e 1998 (sboccatura 2014).
Trento DOC Brut Riserva del Fondatore 976 2009
L’annata 2009, quella attualmente in commercio, formata da parti uguali di Chardonnay e Pinot Nero. Un periodo di ben 96 mesi di affinamento sui lieviti e un dégorgement tardif, ovvero di una sboccatura frazionata nel tempo, che consente di avere spumanti dal profilo molto fresco e fragrante, nonostante la lunga evoluzione.
Ci mostra subito la sua ricchezza e complessità aromatica, ben supportata dalla freschezza e mineralità del terroir da cui proviene.
Un perlage delicato, fine e persistente ci introduce a note di crosta di pane, pasticceria, frutta gialla matura e agrumi. Il sorso è ricco, cremoso e ben sorretto da una fresca vena minerale.
Trento DOC Brut Riserva del Fondatore 976 1998
L’assaggio dell’annata 1998 ha inizialmente un alone di mistero che l’avvolge, il livello del liquido è leggermente calato nella bottiglia e il tappo sembra non volerne sapere di venir via, ma alla fine con grande fatica lo togliamo.
Appena lo versiamo nel bicchiere ci accorgiamo che la bolla è persistente e ancora ben viva. L’avvicinare il calice al naso ci stupisce ancor di più in positivo, con note fumé che la fanno da padrone e accenni di frutta matura e crosta di pane che si fanno scorgere nel finale.
Ma è l’assaggio che più ci entusiasma, il Letrari 1998 ha saputo mantenere quella cremosità che lo contraddistingue, accompagnandola con grande eleganza.
Una vena minerale si accompagna ad una bella sapidità, per terminare con note agrumate lunghissime.
Un grazie a Lucia Letrari per avermi permesso di assaporare con gioia un pezzo di storia della sua azienda.