Raffaele Troisi è un viticoltore che unisce la sapienza contadina ad una preparazione tecnica ed agronomica: ha una laurea in chimica e altri titoli che, come ci dice, “ha messo nel cassetto” per dedicarsi ai suoi vini, ma le cui basi traspaiono quando ci parla dell’estrema attenzione all’utilizzo di tecniche non invasive che rispettino il terroir e non alterino le caratteristiche varietali delle sue uve e dei suoi vini.
La sua azienda, Vadiaperti – Traerte, si trova a Montefredane, in contrada Vadiaperti. Una delle zone più vocate per i vini bianchi dell’Irpinia, con i vigneti tra i 400 ed i 600 metri s.l.m., dislocati nei comuni di Montefredane, Prata e Montefusco, per un totale di circa 10 ettari.
Raffaele ci fa degustare i suoi vini su un tavolo all’aperto, di fronte alle vigne da cui provengono. E’ questo il modo più “giusto” secondo lui per assaporare i frutti del suo lavoro e noi concordiamo, anche e soprattutto per l’atmosfera cordiale e di sincero interesse nell’ascoltare i commenti e le percezioni di ciascuno nell’assaggio.
Abbiamo preso nota di alcuni punti cardine del pensiero di Raffaele:
- Grandi bianchi come Fiano e Greco avrebbero bisogno di almeno un anno se non due di invecchiamento per esprimere al meglio la loro potenzialità, ma i produttori che rinunciano a fare uscire il vino “d’annata” sono pochissimi, vuoi per motivi economici (soprattutto) che per tradizione.
- vini come il Coda di Volpe o la Falanghina, da sempre presenti in Irpinia, hanno faticato ( il Coda di Volpe ancora fatica) a farsi conoscere nel mercato italiano ed estero per la concorrenza degli omonimi vini provenienti dal beneventano che, sebbene portatori di aromi e profumi abbastanza diversi da quelli Irpini, hanno goduto di un successo legato essenzialmente all’essere arrivati prima sul mercato.
- Realizzare un vino “naturale” non significa realizzare un vino difettato.
Un personaggio così istrionico come Raffaele Troisi non può fermarsi ai soli vini bianchi e quindi ha in progetto di realizzare a breve un Taurasi, prodotto da terreni in località Torre delle Nocelle, di recente acquisto.
Iniziamo gli assaggi cominciando da campioni di botte per passare poi a bottiglie della linea di base di Coda di Volpe, Fiano e Greco e per arrivare poi ai Cru/Selezioni di varie annate.
Sono vini austeri, di grande pulizia e coerenza, non facili o accattivanti e non da da subito espressivi ma, come vedremo, di grande potenziale e longevità, capaci di raggiungere col tempo grandi livelli di eleganza e complessità.
CAMPIONI DI BOTTE 2018 (da tini d’acciaio)
Annata “fredda” , al contrario della 2017, il 2018 ha segnato il carattere dei vini bianchi portando meno struttura ma più freschezza ed eleganza.
Irpinia Coda di Volpe 2018. Le prime sensazioni che trasmette questa Coda di Volpe, ancora in fase di sviluppo, sono un bouquet non ancora pienamente svolto, centrato su profumi agrumati (frutti e fiori di limone). Al palato è sapido, con sfumature lattiche in evoluzione. Le componenti aromatiche, freschezza e salinità in particolare, si intuiscono tutte presenti, nette, ma in una fase di integrazione.
Fiano di Avellino 2018. Sentori fruttati (pera, agrume) abbastanza intensi con sbuffi balsamici. Il vino è si dimostra più pronto del precedente, in bocca è sapido, amaricante, con note di mandorla amara e nocciola.
Greco di Tufo 2018. Sentori minerali con sfumature sulfuree, profumi netti, verticali. Al gusto l’acidità è in primo piano, ed emerge una struttura robusta.
VINI IMBOTTIGLIATI
Irpinia Coda di Volpe Doc 2017: è l’ennesima dimostrazione, laddove ce ne fosse bisogno, che la Coda di Volpe in Irpinia riesce a dare risultati eccellenti, i migliori in tutta la Campania. Ecco infatti sentori di fiori e frutta secca unirsi a note minerali, anticipando struttura, sapidità ed un bellissimo finale fumé.
Fiano di Avellino doc 2017: ancora frutta secca, che si unisce stavolta a sensazioni di pesca gialla e agrumi. Ottime la chiusura su toni minerali e la lunghezza gustativa.
Greco di Tufo Docg 2017. è più “affilato” del 2018, con sentori agrumati e floreali, materia e grande finale di frutta secca.
Irpinia Coda di Volpe “Torama” 2017: Il nome deriva dal termine che viene usato per descrivere il terreno, mix di calcare, granito e sabbia. Vino di grande complessità con struttura ed eleganza in evidenza. Mineralità e sensazioni fumé completano il ricco quadro organolettico.
Fiano di Avellino “Aipierti” docg 2017 e 2009: una piccola verticale di questa etichetta. Il 2017 è ancora scalpitante e mette in mostra complessità, finezza ed uno straordinario allungo fresco e minerale. Di grande equilibrio e lunghezza è anche il 2009, che aggiunge sapidità e materia a sensazioni fumé ed è un piccolo capolavoro di equilibrio ed armonia.
Greco di Tufo Docg “Tornante” 2017: un grandissimo Greco che, a dispetto di un’annata calda si manifesta nei suoi toni di gioventù con freschezza sapidità e sensazioni di frutti e fiori bianchi.
Aggiornamenti continui sul mondo dell'enogastronomia