Per la maggioranza degli italiani, esclusi i cultori del Risorgimento, Marsala è sinonimo di un vino più che di una città. Per gli appassionati, ahimé, è anche sinonimo di una denominazione dal nobile passato che poi, con una scelta vincente nell’immediato ma alla lunga poco lungimirante, ha svenduto la propria immagine a favore di un prodotto più facile da vendere (marsala all’uovo per lo zabaione della nonna, marsala in bottiglioni per la scaloppine della mamma…), squalificando un vino di razza, unico, in grado di rivaleggiare nelle sue migliori versioni con Porto, Sherry e Madeira su tutti i mercati mondiali.
La risalita, lenta e ancora agli inizi, è stata avviata anni fa da un eccezionale personaggio, Marco De Bartoli, che a poco a poco è riuscito a contagiare con la sua visione altri produttori storici del comprensorio, a partire dalla Florio. La situazione, inutile negarlo, è assai complicata. I vini di stile ossidativo in molte zone d’Italia (pensiamo ad esempio, in Sardegna, alla Malvasia di Bosa e alla Vernaccia di Oristano) erano una volta considerati di consumo addirittura rituale, offerti a parenti e amici la domenica dopo la messa. Nei distretti di più lunga tradizione e vocazione, tutte le famiglie o quasi ne producevano, magari senza etichettarlo e destinandolo al consumo privato. Oggi il problema principale è che il consumatore spesso non li conosce abbastanza e fa comunque fatica a collocarli: non sono classici vini da pasto, a seconda del grado alcolico e di quello zuccherino possono essere adatti come aperitivo, sui formaggi, sui dolci a pasta secca. Ma farlo comprendere, nell’era dell’happy hour, dell’apericena, del cocktail e del superalcolico da branco, è tutt’altro che facile.
Eppure nella zona di Marsala e Trapani, che continua a detenere il record di provincia più vitata d’Europa, non mancano nuovi fermenti e giovani imprenditori che cercano di rilanciare la fama dei vini locali, puntando magari anche sulle tipologie più classiche (bianco e rosso “fermi”, spumanti) ma senza mollare al suo destino il prodotto che prende il nome dalla città dello sbarco dei Mille. Un’azienda esemplare in questo senso è Intorcia, cantina storica che da qualche anno ha subìto un impulso nuovo, soprattutto a livello di comunicazione, grazie al giovane Francesco Intorcia. È attiva dagli anni Trenta del ‘900, quando a Marsala il mercato del vino era prospero e i produttori erano addirittura 225. Le dimensioni della struttura sono ancor oggi testimoniate dagli enormi silos in cemento vetrificato che troneggiano sotto altissimi soffitti, e dalle innumerevoli botti di castagno, di rovere francese e di Slavonia.
Il nuovo progetto è stato intitolato significativamente “Heritage – Antologie dei vini di famiglia” e ha visto dapprima l’immissione sul mercato di tre vintage (da singola annata) del 1980: Vergine, Superiore Ambra e Semisecco. A seguire, i millesimi 1994 e 2004. Da qualche anno è partito anche il progetto riguardante il “perpetuo” sia per il grillo che per il nero d’Avola. Si imbottiglia anche un Perricone (da uve acquistate), e in futuro è prevista l’uscita di un metodo classico da Grillo; mentre lo Zibibbo, che completava la gamma “in dolcezza” assieme alla Malvasia, è stato per ora accantonato. Attenzione però al buonissimo Moscato naturale, non liquoroso, ancora nelle botti, che andrà in vetro tra un po’. Negli ultimi anni alcuni vigneti sono stati abbandonati e la produzione è ora concentrata sugli otto ettari di Grillo e Nero d’Avola in contrada Casale, sulla strada per Petrosino, con terreni ciottolosi di medio impasto a 50-70 metri s.l.m. Si tratta di piante abbastanza giovani, non superiori ai vent’anni. La raccolta è fissata sui 70 quintali per ettaro.
Il Marsala Riserva Vergine 1980, già assaggiato in diverse occasioni, è sempre più affascinante: carattere autentico, con note salmastre sia all’olfatto che al palato, frutta secca (fichi e mandorle), rimandi vegetali e agrumati. Sapido, minerale, di grande freschezza e allungo. Anche qui, come in tutte le etichette, l’annata è solo indicativa, nella massa ci sono infatti anche vini più vecchi. Questa riserva in parte riposa ancora in botte: Francesco ha intenzione di imbottigliarla tra poco come “edizione speciale” a 40 anni dalla vendemmia.
Il Marsala Superiore Ambra Semisecco 1994 è quasi altrettanto impressionante con i suoi profumi affumicati e speziati (cannella, caffè) seguiti da dattero, albicocca, salsedine e frutta secca. In bocca è morbido ma di buon contrasto rinfrescante e ha un frutto molto puro. Francesco sostiene che vuole ricavare da questa etichetta un vino più friendly, adatto ai giovani che sono meno abituati ai singolari profumi e sapori di un autentico Marsala stravecchio.
Il Marsala Riserva Superiore Oro 2012 è appena imbottigliato e tradisce in parte la sua estrema gioventù: profumi balsamici, liquirizia, e un sapore ancora dominato da un’estrema dolcezza che verrà un po’ meno con l’invecchiamento. Da attendere senz’altro.
Il Marsala Riserva Superiore Ambra Dolce 1980 sfoggia un naso caleidoscopico, con eucalipto, miele, scorza d’arancia candita, frutta sotto spirito. Il sorso dolce è sorretto da una viva corrente salina, è equilibrato e molto persistente. La caratteristica di tutti questi vini è che l’alcool (siamo sui 18°) non si sente e la complessità non va a scapito della bevibilità.
Francesco ci propone anche un paio di annate del “perpetuo” (anche se la parola non può essere utilizzata in etichetta). Il Grillo Heritage Igt 2016, che in realtà incorpora anche vini del 2014 e del 2015, ha un naso al tempo stesso complesso e delicato, dalle intriganti sfumature iodate e fruttate (buccia d’uva), con un floreale netto ed elegante; il sorso è agile e di estrema piacevolezza, fresco, salino, con un bel frutto nitido in persistenza. Più scontroso il Grillo Heritage Igt 2015, con olfatto segnato dal legno e dalla frutta gialla matura; al palato è leggermente abboccato, intenso ma un po’ caldo.
Nato nel Luglio del 1969, formazione classica, astemio fino a 14 anni. Giornalista professionista dal 2001. Cronista e poi addetto stampa nei meandri dei palazzi del potere romano, non ha ancora trovato la scritta EXIT. Nel frattempo s’innamora di vini e cibi, ma solo quelli buoni. Scrive qua e là su internet, ha degustato per le guide Vini Buoni d’Italia edita dal Touring Club, Slow Wine edita da Slow Food, I Vini d’Italia dell’Espresso, fa parte dal 2018 della giuria del concorso Grenaches du Monde. Sogna spesso di vivere in Langa (o in Toscana) per essere più vicino agli “oggetti” dei suoi desideri. Ma soprattutto, prima o poi, tornerà in Francia e ci resterà parecchi mesi…
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