Uno dei più grandi esperti di Whisky in Italia, Pino Perrone, di ritorno insieme al nostro direttore Maurizio Valeriani dalla Spirits Selection by Concours Mondial de Bruxelles, ha concesso alla nostra testata di poter pubblicare il suo ricordo personale della figura di Valentino Zagatti, famoso collezionista di whisky e di distillati in generale, recentemente scomparso.
Vi lasciamo alla lettura delle sue parole:
“A Bruxelles tutto sommato ero distratto, a parte un pianto immerso nella vasca da bagno dove le lacrime si confondevo con l’acqua, e all’ingresso della sessione inaugurale della tre giorni di tasting, con gli occhi lucidi assieme a quelli di Cyrille Mald quando gli comunicai la brutta notizia, ma rientrato a Roma la scomparsa di Valentino Zagatti l’avverto maggiormente, e faccio difficoltà a superare.
Spero di sublimare il vuoto condividendo un ricordo.
Sono stato una sola volta a casa di Valentino, ma l’ho rivisto e sentito telefonicamente numerose altre volte, e in ogni occasione mi diceva sempre la solita frase : non mi sei più venuto a trovare. Potrei fermarmi qui e non continuare, sarebbe sufficiente a descrivere chi fosse Valentino come persona!
In realtà mi ero ripromesso di farlo, di tornare da lui in Romagna, e quando lo chiamai per congratularmi della vendita della sua collezione a un museo olandese, mi avvertì che era stata ceduta solo una metà, pertanto non avevo scuse : mi aspettava. Tuttavia a partire da oggi sono contento che ciò non sia avvenuto. Quel mercoledì 6 febbraio del 2008 resterà unico e irrepetibile. Si tratta del giorno che in un certo senso segnò una svolta, del ricordo sul whisky più emozionante della mia vita, che porterò con me fino alla fine dei miei giorni. Di quella giornata già ne parlai anni fa, ma di quell’articolo non c’è più traccia in rete, né ne conservai copia. Ma non è un problema; quel mercoledì da leoni si è epifanizzato nella memoria fin dall’inizio, ne rammento ogni particolare, pertanto non mi sarà difficile riprodurlo e non lo farò brevemente, intenzionato a riviverne ogni istante.
Ecco quanto…
Mi ero lamentato con Nadi Fiori della situazione romana : a differenza di Milano e del resto del nord Italia non vi erano degustazioni di whisky degne di questo nome. Certamente adesso la situazione è cambiata, grazie anche a ciò che il nostro festival ha contribuito a fare, ma 15 anni fa era tutt’altra storia. Al tempo conducevo un’attività commerciale di enogastronomia vocata al gourmet. Lo facevo interamente da solo, con una specializzazione di circa 300 etichette di whisky. Si chiamava Emporio del Gusto e sostanzialmente vivevo lì dentro, difficile per me spostarmi al di fuori dei giorni festivi, o durante le vacanze estive.
A fine gennaio del 2008 Nadi Fiori, celebre imbottigliatore indipendente che ha contribuito a fare la storia del single malt, mio mentore e fornitore, mi telefona per domandare se mi faceva piacere intervenire a una degustazione selettiva mirante a selezionare 6 botti per celebrare i 50 anni della collezione di Valentino Zagatti, evento che si doveva tenere una domenica di lì a breve.
Sapevo chi fosse costui : erano usciti un paio di libri sulla sua collezione, e articoli su una rivista inglese alla quale ero abbonato, Whisky Magazine, dove venivano nominate alcune bottiglie introvabili, come un poitin illegale del 1843 ritenuta la più antica in circolazione, lo Springbank 1919 con 50 anni di invecchiamento, e il celebre Springbank tirato in soli 24 esemplari, distillato il 17 giugno 1952 e imbottigliato a dicembre del 1988 per raccogliere fondi per le vittime del disastro aereo del Boeing 747 della Pan Am, esploso in volo sopra la Scozia presso Lockerbie. La collezione era ritenuta fra le più importanti del mondo, se non la più rilevante di tutte essendo iniziata in tempi non sospetti, nel 1958. Sapevo anche della sua condizione di “non vedente” fin dalla giovane età di 11 anni. Tuttavia quella che era stata una disgrazia ha fatto sì che Valentino passasse alla storia mondiale per quel che concerne questo distillato e non solo. Nadi era il suo principale approvvigionatore di bottiglie rare e lo conosceva bene, senza di lui difficilmente sarei riuscito a entrare in quella che per un amante del whisky era una vera e propria caverna di Ali Baba.
Pensai lì per lì d’aver inteso d’aver male e mi feci ripetere l’invito. Gli risposi infine d’essere onorato a partecipare, e chiesi chi fosse presente. Saremmo stati per forza in 4 poiché gli 11 samples da provare erano in ridotta quantità. Io, lui, Zagatti stesso e Andrea Rimini che non sapevo chi fosse, un collezionista e grande conoscitore di whisky. Insomma, per quanto fossi appassionato già da 15 anni e disponessi di competenze tecniche, ero di gran lunga il pivello della situazione, l’anello debole della degustazione, colui che aveva assaggiato meno degli altri, soprattutto per quel che riguardava gli imbottigliamenti di un tempo. Ma la voglia di partecipare fu superiore all’ansia che cominciò a montare.
Martedì 6 Nadi mi telefonò nuovamente mostrandosi dispiaciuto che non potessi andare, visto che, purtroppo, la degustazione era stata fissata per il giorno seguente, e sapendo che sarei stato impossibilitato non avendo nessuno che mi potesse sostituire in negozio. Al ché gli domandai se restavo comunque invitato. Mi rispose ovviamente di sì, quindi gli dissi che l’indomani non avrei aperto del tutto per recarmi lì. Affianco a me c’era una agenzia di viaggi. All’ora di pranzo acquistai un biglietto del treno. Terminato l’orario di lavoro affissi un cartello con scritto “Domani chiuso”.
La destinazione era Lugo di Romagna, luogo che già conoscevo per un lavoro precedente, e noto principalmente per aver dato i natali all’asso dell’aviazione italiana Francesco Baracca. Durante la seconda tratta di treno, che da Bologna mi portava a Lugo, mi sopraggiunse una idea. Stampare sulle etichette il nome della distilleria anche in braille. Mi sembrava inattaccabile, un omaggio sincero e dovuto, e per di più non mi risultava fosse mai stato fatto.
Nadi mi venne a prendere alla stazione per portarmi in albergo e lasciare la valigia. Lì pagai anzitempo poiché l’indomani dovevo partire con il primo treno disponibile, alle sei del mattino. Mi fecero anche uno sconto, semplicemente perché ero lì a far visita a Zagatti. Poi ci dirigemmo verso casa di Valentino e quando arrivammo scoprii con sorpresa essere situata in una via senza uscita e che era una casa semplice. Chissà per quale ragione mi prefiguravo che la più importante collezione di whisky al mondo albergasse in una sorta di castello immerso nel verde! Circa la semplicità ero solo all’inizio : non avevo ancora conosciuto Valentino e la sua cortesissima moglie. Non sapevo cosa portare e neppure avevo avuto il tempo di pensarci, e quando varcata la soglia gli consegnai un paio di mignon di single malt degli anni ’70 che avevo preso al volo mi vergognai profondamente alla vista di quell’Eldorado. Tutte le pareti del locale d’ingresso e del soggiorno erano tappezzate di mobili con scaffali contenenti whisky disposti in due se non tre file. Mi sentii a casa, laddove nella mia accade con i libri, sembra diverso ma è la stessa cosa. Lui ci accolse sorridente, con una cadenza romagnola contagiosa, inclinando il capo verso un lato quando parlava o ascoltava. Un buffet era pronto ad attenderci e quando fu notato che non mangiavo a sufficienza dovetti spiegarne la ragione. La moglie di Valentino sparì subito per tornare poco dopo con qualcosa che potesse andare bene per un vegetariano. Ero senza parole, cordialità senza confini. Trovammo in casa anche un quinto degustatore, un ragazzo giovane che Valentino descrisse come “i suoi occhi”, e che ci costrinse a porzionare diversamente la limitata quantità a disposizione. Valentino fu perentorio, a costo di cederne la propria. Che grande spirito di condivisione!
Poco dopo che la degustazione fu iniziata suonarono alla porta. Era un sacerdote venuto a fare la benedizione pasquale della casa e dei suoi abitanti. Ma Pasqua “casca” in aprile, gli rispondemmo quasi in coro. Ben lo sapeva, si stava portando avanti con il lavoro. Valentino a quel punto gli chiese di benedire anche quei calici, in modo tale che lo Spirito Santo scendesse anche su uno spirito liquido.
Quando il sacerdote se ne fu andato continuammo e fu più semplice di come la pensassi. Completa identità di vedute, scegliemmo tutti e quattro i medesimi sei campioni e ne scartammo cinque (il ragazzo, onorato d’esser presente, non s’azzardò a esprimere la benché minima opinione).
Terminata la prova parlai dell’idea che mi era venuta in treno a Nadi in privato. Lui rimase in silenzio per qualche secondo, lasciandomi con il dubbio d’aver proposto una cazzata. Poi però, con un fare teatrale di cui è ben dotato, si rivolse a Valentino chiedendogli se sapeva cosa fosse il braille. Certamente, gli rispose, è la scrittura di noi ciechi. E tu la sai leggere?, gli domandò. Certamente, rispose di nuovo. E ce l’hai un libro scritto in questa lingua? Leggici qualcosa, proferì Nadi. E Valentino prese una enorme Bibbia, l’aprì a una determinata pagina e seguendo con l’indice la scrittura a rilievo cominciò a leggere. Nadi lo interruppe dopo circa un minuto e gli sottopose l’idea, chiedendogli cosa ne pensasse. E lui nel romagnolo più acceso che avessi mai inteso disse : Ma è una cosa meravigliosa! E così fu infine fatto. Le sei distillerie della Zagatti Selection (Caol Ila 24 anni, Glenlivet 18 anni, Mortlach 18 anni, Springbank 17 anni, Clynelish 17 anni, Linkwood 17 anni), hanno anche il rispettivo nome in rilievo in braille.
Quindi ci alzammo per osservare più da vicino la sua immensa collezione. Di Valentino si menziona spesso il suo olfatto sopraffino, sviluppatosi per l’assenza della vista, ma vi assicuro che non si limitava solo a questo. Aveva anche un udito eccezionale, non a caso divenne un premiato musicista, e quando Nadi cercò autonomamente un bicchiere all’interno di un mobile, lui se ne accorse e lo riprese bonariamente. In più possedeva un senso dell’orientamento fuori dal comune. Gli chiesi se potevo vedere quelle bottiglie rare che poco sopra ho menzionato, assieme ad altre, e lui senza indugio si recò nel punto esatto dove erano situate. Ma la cosa più grande e straordinaria di tutte fu che me le porse fra le mani, a un tizio che fino al giorno prima non sapeva che esistesse, una specie di totale fiducia incondizionata su chi, condividendo la medesima passione, assurgeva automaticamente a un suo pari. Qualità rara questa, e per giunta, in alcuni casi, potenzialmente pericolosa, del resto avevo di fronte una persona veramente speciale.
Vi assicuro che tremai nel tenere fra le mani quelle bottiglie dal valore di alcune decine di migliaia di euro (ora qualcosa di più senza meno) e senza l’ausilio di guanti bianchi, come invece ho visto fare in una foto dall’attuale proprietario. Avevo fretta di liberarmene, temevo per la loro incolumità e non sono riuscito a trattenerle per più di qualche decina di secondi. Quel giorno Nadi scattò qualcosa come una novantina di fotografie. Dovevano servire per una pubblicazione giapponese e qui ne riproduco alcune per la prima volta. Scoprii che la risultanza della nostra scelta era quasi già tutta venduta, per di più a scatola chiusa, principalmente in quel paese, e in parte minore in Germania. Solo poche decine di serie complete sarebbero rimaste da destinare.
Pensai quindi che la nostra visita fosse terminata ma non era così. Furono portati dei dolci e Valentino andò a prendere un paio delle sue bottiglie, delle doppie destinate all’apertura. Le ricordo bene : un Tamnavulin del 1967, anno della fondazione della distilleria, e un Glen Mhor di 10 anni dei primi anni ’70 importato in Italia da Moccia di Ferrara. Memorabili.
Giunse il momento di andare via. Firmai anch’io il libro dei visitatori, con molti personaggi famosi e svariati giapponesi e salutando Valentino e la sua cortese moglie Jole gli promettemmo di tornare in futuro. Noi tre ci recammo a cena ma io ero assente, completamente frastornato dall’emozione.
L’epilogo è addirittura quasi comico. Durante la notte mi venne sete e presi dal frigo bar una boccetta d’acqua che bevetti per intero. Alle 5.30 ero pronto nella hall con l’intenzione di pagare l’acqua. Suonai il campanello ma non accorse nessuno. Ero in ansia perché di lì a poco il treno sarebbe partito e dall’albergo alla stazione avevo già calcolato che occorrevano almeno 10 minuti a piedi. Aspettai ancora un po’ e infine mi avviai. Riuscii ad aprire il negozio per le 11.30. Un ora dopo squillò il telefono. Era Valentino. Mi salutò e poi mi disse d’aver ricevuto una telefonata dall’albergo. Non lo lasciai proseguire e gli dissi che avevo tutte le intenzioni di pagare quella boccetta d’acqua, ma insomma, avevo suonato più volte e il treno sarebbe partito… Ma cosa vai dicendo, mi disse lui, quale acqua, hai scordato in albergo la tua carta di credito!
Questo è quanto. La catarsi si è compiuta, ora va un po’ meglio.
Ciao Valentino.”
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