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Degustazione

Toscana – Il futuro di Isole e Olena poggia saldamente sul passato

Due borghi, una proprietà ma soprattutto, per gli appassionati di vino, un mito all’interno del Chianti Classico. Un mito sì ma con i piedi ben piantati in terra, un mito fatto di uomini, di terre, di un pezzo di Toscana che parla di vino e di natura.

Era il 1956 quando Francesco De Marchi, avvocato piemontese, acquistò due borghi, Isole e Olena, distanti, fra loro, solo un chilometro. Una somma di diversi poderi gestiti da altrettanti mezzadri, in totale centotrenta persone che vivevano in una sorta di comunità quasi completamente autosufficiente con tanto di scuola. La produzione del vino era già rilevante, una parte usata per autoconsumo, una parte venduta ai commercianti della zona. Dopo pochi anni, la fine della mezzadria provoca lo spopolamento delle campagne a cui anche il Chianti Classico è stato soggetto.

Dopo gli studi in agraria a Torino, nel 1976, Paolo De Marchi, figlio di Francesco entra in azienda e inizia il rinnovamento della proprietà diventando uno dei protagonisti della rinascita del Chianti Classico.
Paolo è un appassionato ricercatore e un fine osservatore. Ogni anno prima della vendemmia, lega un laccetto alle piante che producono i migliori frutti (acini più piccoli e buccia più spessa) e sono più in salute. Seleziona così le piante che nel tempo avevano mantenuto un rendimento costante, ovvero avevano più laccetti. Una selezione figlia del suo tempo ed effettuata secondo parametri differenti da quanto si ricerca oggi: a quell’epoca le viti facevano fatica a portare a maturazione i grappoli e ad arrivare ad una perfetta maturazione fenolica. I grappoli di quelle viti vengono raccolti e vinificati separatamente e, quando anche le finanze aziendali lo consentono, le viti vengono replicate e i vigneti reimpiantati con questi cloni che comunque privilegiano la qualità alla quantità.

Lavori di preparazione per il nuovo vigneto

Paolo comprende anche che occorre separare le uve a bacca bianca da quelle a bacca rossa contrariamente a quanto previsto dalla tradizione e dalla consuetudine del Chianti Classico. Da Trebbiano e Malvasia produce un vino bianco e nel rosso mette solo uve a bacca scura. Nasce così, nel 1980, il progetto del Cepparello. Una grandissima espressione di Sangiovese chiantigiano che non poteva però fregiarsi della denominazione. Nasce come Vino da Tavola, poi diventa Toscana IGT e così è classificato ancor oggi in segno di continuità con la sua storia.

Da qui in poi numerosi passi hanno reso Paolo De Marchi un punto di riferimento per il territorio e un precursore di nuove tendenze. Nel 2022, nell’impossibilità di trovare una continuità all’interno della nuova generazione, la famiglia De Marchi decide di cedere la tenuta al gruppo francese indipendente EPI, gestito da Christopher Descours, noto anche per aver acquisito a Montalcino la Tenuta Biondi-Santi.

Emanuele Reolon – Estate Director

La nuova proprietà intende ora proseguire nell’opera di valorizzazione di questo straordinario territorio, attraverso la produzione di vini di carattere, emblematici, autentici e in continuità con il brillante passato anche grazie allo storico team di lavoro capitanato da Emanuele Reolon, direttore di Isole e Olena, che ha trascorso un anno intero a fianco di Paolo. Tanti i nuovi progetti tra cui quello del reimpianto dei vigneti al ritmo di due ettari all’anno.

Toscana IGT Cepparello
Un vino che nasce dalla selezione delle migliori uve della tenuta, un processo di selezione sempre in evoluzione in dialogo con il vigneto. Diciotto mesi in barrique, un terzo nuove, e un anno in bottiglia prima di essere messo in commercio.
L’annata 2021 si mostra nella sua caratteristica pienezza guidata da profumi eleganti di frutta matura, marasca, mora, lampone a cui si uniscono sentori di fiori blu e delicate spezie. Un accenno di caffè, tabacco e sottobosco introducono l’assaggio, persistente ed equilibrato. Il tannino integrato nel corpo e la discreta vena fresca lo rendono un vino suadente e raffinato.
Il passare degli anni non ne muta le caratteristiche principali che si apprezzano anche nell’annata 2016 dal tannino ancora vibrante e dall’ottima persistenza guidata dall’acidità. Anche l’annata 2010, sebbene dai toni più evoluti e marcata da sentori tostati, si dipana in equilibrio; il tannino setoso accompagna la lunga persistenza.

Toscana IGT Chardonnay Collezione Privata
La prima annata di un altro dei pilastri di Isole e Olena risale al 1987.
Un vino che nella versione giovane, la 2022, si mostra in tutta la sua esuberanza degli agrumi gialli come giallo paglierino intenso è il suo colore. Ancora sentori di frutta a pasta gialla matura e fiori dolci. Avvolge il palato con la sua eleganza e piacevolezza, morbido e pieno mantiene verticalità grazie alla sapidità e alla freschezza.
Intrigante l’assaggio dell’annata 1988. Il colore, un bellissimo e luminoso oro antico, lascia intuire lo scorrere del tempo, scorrere del tempo che sembra essersi rallentato al sorso che risulta ancora piacevolmente vibrante e dell’ottima freschezza e complessità.

 

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Dopo una trentennale brillante carriera in ambito amministrativo finanziario all’interno di un noto gruppo multinazionale, dal maggio 2018 si dedica totalmente al mondo del vino del quale è appassionato partecipe da oltre quindici anni. Sommelier dal 2005 e degustatore Associazione Italiana Sommelier, assaggiatore di formaggi ONAF, assaggiatore di grappe e acqueviti ANAG e degustatore professionista di birre ADB, è relatore in enologia nei corsi per sommelier. È stato responsabile redazionale del sito internet della delegazione AIS di Milano e ha collaborato alla stesura delle guide Vitae e Viniplus. È redattore per la rivista Viniplus di Lombardia, per la quale cura due rubriche, è inoltre autore per la rivista Barolo & Co e per le testate on-line vinodabere.it, e aislombardia.it.

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