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TOSCANA – CASTELLO DI BOSSI – TENUTA DELLA FAMIGLIA BACCI NELLA DOCG CHIANTI CLASSICO

Castelnuovo Berardenga è uno degli areali più belli, paesaggisticamente parlando, del Chianti Classico. Con morfologie diverse tra i vari appezzamenti, persino all’interno degli stessi filari, vive oggi una fase di profondi mutamenti dovuti al repentino cambiamento climatico. Un suo figliol prodigo è da sempre Castello di Bossi, di proprietà della famiglia Bacci, già titolari di varie tenute in Toscana. L’edificio storico, dalla tipica architettura in pietra forte, sorge al centro dell’azienda: la prima torre fu costruita attorno al 1099 e divenne, in seguito, di forma quadrilatera a scopo difensivo. Le vigne giacciono nei suoi pressi in un anfiteatro fatto di sabbie marine (in basso) e galestro.

Il giovane enologo Stefano Marinari, scuola Alba, ci racconta della filosofia produttiva applicata seguendo i dettami di Giulio Gambelli, indimenticata icona del territorio. Ci aspettiamo quindi, senza troppe sorprese, l’utilizzo del Sangiovese in purezza rinunciando a matrimoni combinati con altre uve. Sembra scontato, ma non è affatto facile da attuare in queste zone. Tra gli “internazionali” attenzione verso il Pinot Nero (2 ettari), il Syrah ed il Merlot (4 ettari), utilizzato per il classico taglio bordolese, retaggio del lavoro di Giacomo Tachis, quando Castello di Bossi fungeva da conferitore per gli Antinori.

Come tutte le cantine che si rispettino esiste anche un relais di pochi ed esclusivi appartamenti, per dare ospitalità al turista enogastronomico: nel Chiantishire è una necessaria, quanto redditizia, attività a latere. Iniziamo dunque il nostro ampio giro degustativo con l’ausilio dell’enologo e di Thomas Taddeo, esperto professionista e comunicatore del vino. Due cenni anzitutto sulle altre realtà del gruppo Bacci Wines. Terre di Talamo ubicata nei pressi di Talamone (GR), in un luogo sassoso particolarmente ostico alla coltivazione.  Interessante l’impegno profuso sia sul Vermentino che sul Morellino di Scansano, con piante di 20 anni ormai perfettamente acclimatate.

IGT Toscana Vento Forte 2020 di impronta corsa (nel senso di Corsica), con un leggero passaggio in barrique tra coda fermentativa e successivo affinamento, riesce ad esaltare il varietale di provenienza tra freschezze saline ed un elegante allungo dolce ed agrumato. Esiste anche una versione elevata soltanto in acciaio che, pur nella piacevolezza di bocca dei richiami idrocarburici, non trova lo stesso nerbo della sua selezione. Il Morellino di Scansano Tempo 2019 incuriosice per le note di karkadè ed erbe officinali. Di impatto immediato rappresenta, a nostro giudizio, un archetipo per coloro che non inseguono un modello ambizioso, se non quello del gusto semplice e succoso del Sangiovese maremmano.

Due parole (e due assaggi) vanno spese pure per Renieri, acquisita nel 2001, posta sul versante Est del comprensorio del Brunello di Montalcino. Impeccabile il Rosso di Montalcino 2019: silenzioso agli inizi, viene fuori alla distanza con tipiche note di ciliegia matura e cenni iodati. Al sorso spicca il tannino setoso lievemente amaricante in chiusura. Brunello di Montalcino Riserva 2016, da un’annata che è già un piccolo culto per gli appassionati, ha succo, mineralita e profondità di beva. Non risente affatto della lunga sosta in legno, problema atavico per la tipologia. Mostra struttura, ma in un quadro di notevole eleganza.

Proseguiamo con le etichette di Castello di Bossi, cominciando dal Chianti Classico 2019. Una pubblicità anni ’90 diceva che la potenza è nulla senza controllo. L’annata particolarmente torrida si legge in un Sangiovese declinato su sensazioni di genziana e spezie scure. Maggior dinamismo al palato con estrazioni tanniche impeccabili. Meglio la 2015 ricca, complessa e mediamente profonda, con profumi di amarene e petali di rosa appassiti. Ben performanti le 2018, sia per il Chianti Classico Riserva Berardo che per la Gran Selezione. Se nella prima il succo domina con richiami ferrosi e balsamici, nella seconda prevale una parte materica quasi violacea, che protende il vino verso tempi evolutivi lunghissimi.


Chiudiamo con due Supertuscan, il Corbaia 2018 con percentuali di 70% Sangiovese, 25% Cabernet Sauvignon e 5% Cabernet Franc dalle vigne piu vecchie. Naso molto fine, terroso e fruttato. Buona l’accattivante vena acida e la trama antocianica sottile. Può fare ancora uno scalino. Regina di Renieri 2018 da Syrah in purezza è molto chiuso e fatica ad esprimersi al meglio. Con il giusto riposo emergono sentori di macchia mediterranea, bacche di ginepro e frutti di bosco. Sorso deciso e corposo, con ricordi di tabacco, pepe in grani ed anice stellato.

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