Stavo pensando a quale fu il mio primo approccio con il territorio di Soave e le sue realtà vitivinicole. Immediatamente ho pensato all’azienda fondata negli anni 60 del secolo scorso da Giuseppe “Bepi” Inama, giunta adesso alla terza generazione. Notevole il lavoro svolto da suo figlio Stefano, che ha di fatto partecipato alla rinascita di questo meraviglioso territorio (e vino), presente nel passato sulle tavole dei banchetti di molte case reali europee.
La storia è di quelle già sentite: un prodotto eccellente, l’avvento della seconda guerra mondiale, il boom economico e lo smarrimento delle peculiarità produttive alla ricerca di un facile commercio a basso costo.
“Non esistono pasti gratis” dice un motto e per dissipare i sacrifici di anni basta davvero pochissimo. Di colpo del Soave se ne persero le tracce fino alla fine degli anni ’80, quando la coscienza collettiva ritrovata post-metanolo spinse i produttori a più sagge vedute e riposizionamenti.
L’areale classico è da brividi: un saliscendi tortuoso tra colli a cucuzzolo, dove ripidità estreme si alternano a morbidi altipiani. Ho cercato di descriverlo in tre video pubblicati l’anno scorso proprio di questi tempi (link) a rischio di infrangere ripetutamente il codice della strada! La superficie vitata è pressoché pari al 99% di quella utilizzabile e questo lo rende unico nel mondo. E poi i terreni, nati da antichissime eruzioni che hanno creato una frattura terrestre, la Faglia di Castelvero, portando con sé marne frammiste a basalti (neri e rossi) e ceneri e ricoprendo ciò che prima era un mare profondo.
Carattere vulcanico ben espresso dal vitigno d’elezione, quella Garganega dal grappolo spargolo e oblungo e dalla grande vigoria che ben si presta all’allevamento a pergola, oda surmaturazioni in pianta e su graticci.
Infine l’incessante lavoro di ricerca svolto dal Consorzio Tutela Vini, attualmente guidato dal Presidente Sandro Gini, con l’opera completa di zonazione e suddivisione in ben 33 Unità Geografiche Aggiuntive, veri e propri CRU sulla scorta di quanto fatto per altre aree italiane particolarmente vocate.
Dopo questo breve excursus, torniamo a parlare di Inama a proposito del concetto di CRU, grazie ad una bellissima Masterclass in video, organizzata da Pr Comunicare il Vino di Riccardo Gabriele, cui noi di Vinodabere siamo legati da profonda amicizia e stima.
Presenti Matteo ed Alessio, figli di Stefano e nipoti del Bepi: Matteo coordina la produzione e l’amministrazione, Alessio il marketing nel globo e Luca, non presente in video, segue i dettagli sui vigneti e lo stoccaggio vini.
Naturalmente papà Stefano riveste il ruolo di allenatore, un pò alla Trapattoni che doveva ricorrere al fischio per dirigere alla perfezione i propri fantasisti.
Interventi minimi sia in vigna che in cantina, il protagonista, come sempre, deve essere l’uva e ciò che da essa ne deriva.
Foscarino è il vigneto storico dell’azienda. Carbonare l’ultimo nato e presto arriverà in commercio un prodotto anche dal Monte Tenda.
Abbiamo degustato tre tipologie “in orizzontale”, ovvero tutte dalla stessa annata 2018.
La prima etichetta proviene da un vigneto di 2 ettari esposto ad est, in località Carbonare, ed acquisito nel 2011.
Dodici mesi in acciaio inox senza ricorrere alla malolattica. Macerazione leggerissima, si utilizza solo il mosto fiore. Il disegno proviene dalla prima enciclopedia delle arti, rappresenta dei bouchonnier all’opera, nell’intento di tagliare dei tappi di sughero. Le sei mani servono proprio a rappresentare i tre fratelli.
Minor lunghezza e freschezza rispetto agli altri anni, lo conosco bene fin dalla prima apparizione con l’annata 2016 (strepitosa). Note zuccherine di fiori dolci e molto erbaceo dal finale di lime. Perde nella lunghezza tagliente che ti aspetteresti da questa tipologia, ma la 2018 è stata impegnativa per condizioni meteo e grandinate pre-vendemmia disarmanti.
Foscarino, vino più materico del precedente, dall’omonimo colle rivolto verso Sud. Fermenta e sosta in legno usato. Scorza d’arancia, lavanda, camomilla ed erbe officinali ad libitum. Seguono frutta a pasta gialla come pesche e albicocche e chiusura su mandorle dolci. Gusto in completa acidità fumé. Venti ettari con viti di oltre 50 anni, non così rare da trovare a Soave. Si cerca di utilizzare maggiormente quelle esposte ad est per dare maggior spinta alle freschezze. La sua selezione diventa il Du Lot e le altre uve diventano il base Vin Soave.
Du Lot fu un esperimento del padre, su portainnesto “Rupestris du lot” ovvero su roccia e sosta in 100% di barrique nuove. Il vigneto dimostrava instabilità e fragilità alle inclemenze della natura. Ora è stato reimpiantato, conservandone soltanto il nome. Anche l’uso del legno nuovo è stato notevolmente ridotto. Ogni anno dal versante Sud/Ovest del Foscarino si scelgono le migliori uve. Sembra quasi un Riesling della Mosella per le sue espressioni idrocarburiche. La potenza è il suo marchio di fabbrica, zigzagando tra cedro del libano, susine essiccate, pepe rosa e nocciola tostata.
Nel 2017 inizia la collaborazione con Stephan Derenoncourt, il guru di Saint Emilion, che propone immediatamente una nuova selezione di botti sia per i bianchi che per i rossi altrettanto prestigiosi (Campo del Lago, Bradisismo, Oratorio di San Lorenzo).
La vera novità sarà una super-selezione in uscita prossimamente con pochissime bottiglie, che dimostrerà ancora di più il lavoro maniacale degli Inama.
Luca Matarazzo Giornalista- Sommelier AIS - Degustatore Ufficiale - Relatore corsi per la Campania.. Ha partecipato a numerosi concorsi enologici e seminari di approfondimento. Vincitore del Trofeo Montefalco Sagrantino edizione 2021 e del Master sull'Albana di Romagna 2022, Wine Consultant collabora attualmente con testate giornalistiche e blog importanti a livello nazionale.
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