L’uva in Sicilia che, con maggiore intensità, riesce a sintetizzare gli elementi espressivi di acidità e morbidezza, armonizzando il tutto in una nuova veste di interessante piacevolezza gustativa, è di certo il Grillo.
Varietà versatile, eclettica, perfettamente orientata a diverse tipologie di vinificazione, il Grillo è in grado di regalare vini spumanti, fermi, riserva, passiti – anche grazie ad un disciplinare che consente di esaltare tale versatilità – sempre caratterizzati da intensi profumi, vivace freschezza ed un incisivo spessore organolettico.
È questo, in estrema sintesi, il resoconto di Discovery Grillo, una tre giorni organizzata dal Consorzio tutela vini Doc Sicilia, che ha posto l’attenzione anche su tematiche di estremo ed attuale interesse legate alla sostenibilità, quale legame armonioso tra natura e vitivinicoltura ed il progetto Germoplasma vitivinicolo per la conservazione della biodiversità siciliana.
Diffuso soprattutto nella Sicilia occidentale il Grillo sta incrementando incisivamente negli ultimi anni la sua estensione territoriale, anche grazie alla riscontrata capacità di quest’uva di “accomodarsi” proficuamente in areali eterogenei. L’avvio dell’estensione del vigneto Grillo può farsi risalire alla fine del XIX secolo, con i reimpianti post fillosserici e gli studi del Paulsen che analizzò il comportamento di questa varietà innestata su diversi portinnesti.
Ed oggi, pertanto, oltre che nell’areale d’elezione (da Marsala a Trapani), il Grillo è presente anche in provincia di Agrigento e nelle province di Palermo, Caltanissetta e Siracusa. Per dare solo un’idea del ritrovato ed attuale interesse per quest’uva basti ricordare che nel 2021 sono state prodotte 21.126.895 bottiglie di Grillo Sicilia DOC, con un incremento del 26 % rispetto al 2020.
Varietà ibrida il Grillo, derivante da un incrocio tra due vitigni autoctoni, il Catarratto e lo Zibibbo, nata ufficialmente nel 1874, grazie all’intuito del barone Antonio Mendola, agronomo ed ampelografo, con l’intento di ottenere un’uva capace di conferire più struttura ed aromaticità al vino.
“Ibridai il Catarratto comune di Sicilia collo Zibibbo, per ottenere un ibrido colle virtù miste dell’uno e dell’altro progenitore, per potere fabbricare un Marsala più aromatico” A. Mendola, 1904.
Verosimilmente il nome Grillo deriverebbe da “arillum”, senza seme, caratteristica dell’acino di questa varietà.
Unendo la vigoria del Catarratto e l’aromaticità dello Zibibbo il risultato è stato, altresì, quello di ottenere un’uva in grado di resistere al caldo e alla siccità, raggiungendo un’elevata concentrazione zuccherina pur mantenendo un pH relativamente basso. Il Grillo presenta una discreta variabilità intravarietale che ha permesso l’individuazione di due biotipi caratterizzati sia per i parametri morfologici che per quelli legati alle caratteristiche qualitative dei mosti e dei vini. Il biotipo A si distingue per il grappolo mediamente compatto, maggiore acidità, minore pH, aromi più agrumati e tropicali; quello B, di converso, per il grappolo spargolo, maggiori valori nei mosti per titolo zuccherino e pH, acidità più contenuta.
Per un focus sulla storia della nascita del Grillo si rimanda alla narrazione appassionata dell’enologo Giacomo Ansaldi.
Per provare a scoprire le diverse sfumature di quest’uva per territorio la dott.ssa Lorenza Scianna ha condotto una Masterclass, con intervento introduttivo del Presidente del Consorzio, Antonio Rallo, che ha visto protagonisti sei campioni di Grillo – annata 2021, degustati alla cieca – provenienti da territori espressione di diversi ambienti pedoclimatici (Provincia di Palermo, Caltanissetta, Ragusa, Siracusa, Agrigento e Trapani).
Gemelli diversi nel calice e, d’altronde, non potrebbe essere diversamente, considerata la spiccata eterogeneità dei territori di provenienza accomunati da un’unica DOC regionale. Grillo di montagna, della costa, dell’entroterra, allevato su suoli molto diversi. E allora come si fa ad interpretare, in tale contesto, le spiccate differenze come una potenzialità espressiva del varietale riconducendole ad un’unica identità territoriale? Lo abbiamo chiesto a Filippo Paladino, vicepresidente del Consorzio e dell’azienda Colomba Bianca. “Stiamo lavorando all’interno del Consorzio per dividere gli areali di produzione e creare delle UGA (Unità Geografiche Aggiuntive) da riportare in etichetta capaci – nell’ambito della Doc Sicilia che possiamo definire un vero e proprio continente vitivinicolo – di raccontare e comunicare le singole caratteristiche dei diversi territori di produzione più vocati”. Così ci risponde il vicepresidente, provando a tracciare una timeline per la realizzazione del progetto, fissandola in due anni.
“Il vino è uno dei maggiori segni di civiltà nel mondo.” In queste parole la condivisione di una nostra passione e la voglia di comunicarla. Salvatore Del Vasto, laureato in Giurisprudenza e da sempre appassionato di vino, diventa prima sommelier, poi frequenta il Bibenda Executive Wine Master di Fis e poi consegue il diploma di Master presso l’Università di Tor Vergata in “Cultura dell’alimentazione e delle tradizioni enogastronomiche”. Sabrina Signoretti, laureata in Scienze Politiche, coltiva la sua passione diventando sommelier del vino, assaggiatrice di oli di oliva vergini ed extra vergini e sommelier dell’olio extravergine di oliva dell’AISO. Una delle qualità nascoste, la spiccata attitudine per la fotografia.
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